La violenza non si ferma da sola: si ferma quando qualcuno dice “io non ci sto”. L’incontro con il sociologo Maurizio Bonanno e la Garante per l’infanzia Tiziana Ceravolo
di Antonio Scuticchio
A volte basta un attimo per ferire qualcuno. Una risata fuori posto, un commento cattivo, un video girato “per scherzo”.
E basta un attimo per cambiare la vita di una persona.
Nell’aula magna dell’ITE di Vibo Valentia, oggi, durante l’incontro con il giornalista e sociologo Maurizio Bonanno, la professoressa Maria Mazzeo e la Garante per l’Infanzia Tiziana Ceravolo, ci siamo accorti che il bullismo non è solo una parola. È qualcosa che può accadere vicino a noi, proprio nella scuola che attraversiamo ogni giorno.
Maurizio Bonanno, componente il direttivo della Deputazione Calabria dell’ASI, ha raccontato agli studenti dell’ITE la storia di Andrea, un ragazzo come tanti: simpatico, intelligente, con una vita normale. Fino al giorno in cui alcuni compagni lo umiliarono, filmandolo e condividendo quel video ovunque.
”Sul web – ha spiegato – tutto corre veloce: like, commenti, condivisioni. E quello che doveva essere uno “scherzo” si è trasformato in una valanga di vergogna e dolore. Andrea non ce l’ha fatta…”
La frase che la madre della vittima ha tratto da quella devastante esperienza è una pietra nello stomaco: «Il bullismo vive nel silenzio». Il silenzio di chi guarda.
Il silenzio di chi ride. E anche il silenzio di chi “non vuole mettersi nei guai”.
Eppure, ha detto Bonanno, a volte basta una sola voce che dice: “Basta, non fa ridere” per cambiare tutto. Sono i piccoli atti a fare la differenza: i “micro-atti di resistenza”, come li ha chiamati il sociologo. Un messaggio privato alla vittima: «Se vuoi, ci sono.». O anche un like NON messo, una risata NON fatta. Piccoli gesti che possono evitare l’emarginazione e, nei casi estremi, salvare una vita.



La Garante dell’infanzia e l’adolescenza, Tiziana Ceravolo ha parlato dei diritti dei ragazzi, dei nostri diritti. Ha ricordato che esiste una Convenzione mondiale ONU per i diritti dell’infanzia e l’adolescenza, promulgata nel 1989, che protegge i minori.
Poi ci ha raccontato una storia che non dimenticheremo presto: una tribù amazzonica che abbatte gli alberi non con le asce ma con le parole, sussurrando frasi terribili finché l’albero “muore”.
Un’immagine potente per farci capire che anche le parole possono far crollare qualcuno dentro.
Durante l’incontro è stato proiettato un video molto significativo, tratto dal monologo di Paola Cortellesi e accompagnato dalla musica di Marco Mengoni
Nel video, la protagonista non risponde al bullo con rabbia, ma con un gesto completamente inaspettato: un abbraccio.
Un gesto che disarma, che rompe il copione, che rende improvvisamente fragile chi fino a un attimo prima sembrava “forte”.
Il video ha mostrato una verità semplice ma potente: la violenza perde forza quando non trova terreno su cui crescere.
La professoressa Mazzeo, coreferente dell’ITE-ITG per il bullismo e il cyberbullismo (l’altro è il prof. Daniele Barbieri) ha letto una poesia di Germana Bruno intolata “Bullo non è bello”: “fare del male non ti rende forte, chi non interviene diventa complice, e chiedere aiuto non è debolezza. È coraggio. È vita”.
I relatori hanno invitato gli studenti a prendere la parola.

A un certo punto uno studente ha alzato la mano. Ha detto di aver visto episodi di bullismo nella nostra scuola. E di aver visto anche insegnanti titubanti. Quasi come se avessero preferito di lasciar correre…
La sala si è fatta silenziosa. Le parole hanno pesato. Perché quel ragazzo non stava parlando di una storia lontana, ma della nostra realtà. Del nostro corridoio.
Delle nostre classi.
Quello che ci siamo portati a casa alla fine dell’incontro è che nessuno deve sentirsi solo. Noi abbiamo più potere di quanto pensiamo e ogni piccolo gesto può salvare qualcuno. Tuttavia la violenza non si ferma da sola: si ferma quando qualcuno dice “io non ci sto”.
Il bullismo non è destino. È un qualcosa che va riconosciuto e stroncato sul nascere









