Nel giorno del tavolo in Prefettura, un’analisi impietosa: servizi insufficienti, mortalità più alta e un divario che resta abissale. “Il diritto alla salute non può attendere altri tre anni”
Un aumento delle risorse c’è stato, ma per la provincia di Vibo Valentia non basta a colmare un divario che si trascina da anni. È quanto emerge dallo Studio di Perequazione sul DCA 302/2025, presentato da Soccorso Capomolla, Direttore Sanitario del Don Mottola Medical Center, alla vigilia dell’incontro convocato dal Prefetto Anna Aurora Colosimo per il 3 dicembre. Un documento dettagliato, inviato ai sindaci dei cinquanta comuni della provincia, alle forze sindacali, agli ordini professionali, all’ASP e all’unico consigliere regionale del territorio, Vito Pitaro.
Secondo l’analisi, la ripartizione prevista dal DCA assegna al Vibonese un budget che passa da 4,5 a circa 7 milioni di euro. Ma, nonostante l’incremento, la forbice rispetto ad altre province resta ampia: Crotone supera i 35 milioni, pur registrando popolazione e struttura demografica simili a quelle vibonesi.
Una disparità definita “strutturale” e frutto di una programmazione regionale giudicata inadeguata.
Lo studio incrocia dati demografici, epidemiologici e socio-sanitari.
Catanzaro e Cosenza risultano le province con maggiore equilibrio tra domanda e offerta. Reggio Calabria presenta differenze interne marcate, mentre Crotone registra un tasso di ricovero molto elevato (35,2 per mille abitanti), indice secondo il documento di possibili inappropriatezze.
La situazione più critica è quella di Vibo Valentia, che combina pochi posti letto, un basso tasso di ricovero e un’altissima mobilità passiva pari al 32,5%.
Una condizione che, secondo lo studio, non dipende da una minore domanda, ma da una carenza strutturale dell’offerta sanitaria locale.
La scarsità di servizi e la discontinuità assistenziale producono effetti diretti sulla salute dei cittadini.
Il territorio registra rispetto alla media italiana:
- +6% di eventi cardiaci maggiori
- +12% di mortalità a un anno dopo un infarto
- +26% di mortalità a un anno dopo un ictus
Numeri che, secondo l’analisi, evidenziano l’impatto della mancata programmazione.
Nonostante la presenza di strutture autorizzate e accreditate, molte prestazioni restano non operative per assenza di fondi adeguati. Con l’aumento previsto, infatti, il decreto copre solo il 43% dell’offerta potenziale.
Lo studio critica inoltre la “strategia confusionaria” che talvolta vede sovrapporsi pubblico e privato in un gioco poco trasparente di annunci, attribuzioni di competenze e “autonomie” dichiarate ma non reali.
L’ASP, secondo Capomolla, dovrebbe concentrarsi su obiettivi concreti:
- attivare i posti letto di Serra San Bruno programmati da anni
- rendere operative le strutture complesse dell’ospedale di Tropea, ora esistenti solo sulla carta
- potenziare cardiologia e ortopedia a Vibo Valentia
- aprire i posti letto di psichiatria
- ridurre il tempo target dell’emergenza-urgenza, oggi di 35 minuti contro i 21 nazionali
- dare finalmente attuazione alla programmazione PNRR per l’ospedale di Soriano
Il documento, poi, critica la lettura del Presidente della Conferenza dei Sindaci, Salvatore Fortunato Giordano, secondo cui il DCA segnerebbe un cambio di direzione. La tesi è netta: riconoscere il problema non significa risolverlo.
Secondo l’analisi, infatti, il decreto riconosce il divario storico, ma non lo colma. Il risultato, si legge, è un ulteriore ritardo di tre anni nell’attivazione dei servizi territoriali indispensabili.
Lo studio va oltre ed individua pure un possibile intervento: un meccanismo perequativo del 7%, calcolato sulla base di criteri di equità pesata.
Una misura che, secondo gli estensori, consentirebbe di riequilibrare l’offerta senza intaccare in modo significativo i servizi delle altre province, e che potrebbe essere applicata da subito.
Il documento è stato inoltrato a tutte le istituzioni competenti con l’obiettivo di aprire un confronto tecnico e politico sulla revisione del decreto: “La sanità vibonese non ha bisogno di riconoscimenti formali ma di risorse reali”, si legge nelle conclusioni.
Lo studio si chiude con un richiamo forte alla responsabilità collettiva. Perché a chiedere un intervento urgente non è il “privato speculatore”, come in passato qualcuno ha sostenuto, ma oltre mille cittadini vibonesi che hanno sottoscritto una petizione per la tutela dei propri diritti chiedendo una sanità all’altezza dei diritti garantiti dal Servizio Sanitario Nazionale.
La conclusione è inequivocabile: “Il diritto alla salute non può attendere altri tre anni. Né può essere affermato a metà”.
Un appello che risuona come un invito – o un monito – per le istituzioni chiamate a pronunciarsi. Ecco perché l’incontro di oggi 3 dicembre potrà essere un momento cruciale: un banco di prova per capire se la provincia di Vibo Valentia potrà finalmente avvicinarsi agli standard minimi garantiti agli altri territori calabresi.









