Lettera aperta di una famiglia cosentina al Presidente Occhiuto dopo una brutta esperienza in campo sanitario
C’è una Calabria che lotta, che resiste, che prova a non arrendersi davanti alle difficoltà quotidiane. Ma c’è anche una Calabria che soffre, soprattutto quando la fragilità della malattia si scontra con le carenze strutturali del sistema sanitario regionale. È la storia raccontata da una famiglia cosentina che, nei giorni scorsi, ha deciso di rivolgersi direttamente al Presidente della Regione Roberto Occhiuto con una lettera aperta dal tono accorato e lucido al tempo stesso.
Il padre — un uomo già provato da diverse patologie — ha ricevuto una diagnosi di tumore alla prostata. Le TAC e le risonanze effettuate non hanno permesso di comprendere se la malattia abbia già prodotto metastasi: per questo, i medici hanno prescritto una PET con contrasto PSMA, oggi considerata uno degli strumenti più efficaci e avanzati nella stadiazione del carcinoma prostatico.
Ed è qui che inizia il dramma nella sua dimensione più cruda: in Calabria, questo esame non è disponibile in nessuna struttura pubblica, se non presso l’ospedale Mariano Santo di Cosenza, dove tuttavia la prima data utile è stata fissata a… agosto 2026. Nove mesi di attesa. Un tempo che, per un paziente oncologico, non è solo inappropriato: è inaccettabile.
“Per nostro padre è impossibile affrontare un viaggio fino a Potenza o Napoli”, scrivono i figli. E non perché manchi la volontà, ma perché la sua condizione fisica non glielo permette. E allora emerge inevitabile la domanda che la famiglia rivolge al Presidente Occhiuto e, indirettamente, a tutti noi: com’è possibile che nel 2025 una regione europea viva ancora un tale livello di arretratezza tecnologica e organizzativa?
Dietro i numeri che inchiodano la Calabria agli ultimi posti nelle classifiche nazionali, infatti, ci sono storie come questa: persone che chiedono solo il diritto a una diagnosi accurata, tempestiva, dignitosa. Non privilegi, non trattamenti di favore: semplicemente, diritti sanitari essenziali.
La lettera è una denuncia, ma anche una richiesta di responsabilità istituzionale. La famiglia non chiede miracoli: chiede programmazione, investimenti, impegno. Chiede che le PET PSMA siano finalmente disponibili nella regione senza che i cittadini debbano migrare. Chiede che le liste di attesa non diventino una condanna. Chiede che la vita — ogni vita — abbia un valore riconosciuto, tutelato, protetto.
Il loro grido non riguarda solo un singolo caso: parla per centinaia di ammalati oncologici calabresi che, ogni giorno, devono aggiungere al dolore della malattia il peso dell’incertezza, dei disagi, dei viaggi interminabili, dell’abbandono percepito.
Questa storia non vuole puntare il dito, ma far scattare una riflessione. Le famiglie che vivono situazioni simili non hanno tempo da perdere. La medicina moderna lo ha capito da anni. Ora serve che lo capisca anche la burocrazia.
In fondo, la famiglia chiude la lettera con una frase che dovrebbe essere scolpita al centro di ogni politica sanitaria: “Dietro ogni statistica ci sono volti, storie e vite.”
Ed è proprio da quei volti che dovrebbe partire il cambiamento. La speranza è che questa denuncia non resti una voce isolata, ma diventi un punto di svolta per restituire alla Calabria ciò che le spetta: una sanità che non lasci indietro nessuno. Una sanità che cura davvero. Una sanità che non costringa a scegliere tra la salute e l’impossibile.
P.S.= La PET-PSMA (Tomografia a Emissione di Positroni con PSMA) è una tecnica diagnostica avanzata, non invasiva, per il tumore della prostata, che combina una PET con un radiofarmaco (come 18F-PSMA o 68Ga-PSMA) che si lega specificamente alle cellule tumorali prostatiche. Permette di individuare con alta precisione la localizzazione della malattia e le metastasi (anche a bassi livelli di PSA), guidando la stadiazione iniziale, la rivalutazione dopo trattamenti e il monitoraggio terapeutico, in un approccio innovativo chiamato teranostica.











