La videnda risale a oltre un anno fa, allora vennero arrestati quattro giovani, tre dei quali legati da parentela a vari esponenti di spicco delle locali cosche di ‘Ndrangheta, indagati anche i parenti di una delle vittime.
Poco più di un anno fa, aveva fatto scalpore l’operazione “Masnada” che portò all’emissione di 4 misure cautelari, 3 in carcere e di una per agli arresti domiciliari, nei confronti di altrettante persone tre giovani, figli di famiglie legate alla criminalità organizzata e il figlio di un amministratore locale, che si rese irreperibile, con l’accusa di violenza sessuale aggravata ai danni di due ragazze minorenni originarie della Piana di Gioia Tauro.
Nell’ottobre scorso vennero fatti ulteriori arresti di giovani di età compresa tra i 21 e i 32 anni.
In quelle occasioni, i poliziotti delle Squadre mobili di diverse città italiane e di numerosi commissariati distaccati della provincia di Reggio Calabria, avevano eseguito ulteriori 16 decreti di perquisizione personale e domiciliare ai danni di altrettanti indagati, tra cui quattro minorenni, per lo stesso reato, tutti in concorso tra loro, e durante le perquisizioni erano anche stati sequestrati dispositivi elettronici, informatici oltre a numerosi cellulari.
A distanza di 13 mesi, tre di quei ragazzi allora minorenni sono stati arrestati sempre con l’accusa di stupro di gruppo, ma la cosa che rende ancora più sconcertante tutta la vicenda, non è solo il contesto di degrado sociale nel quale si è svolta, ma soprattutto la cappa di omertà e di soggezione psicologica che ha coinvolto le famiglie, le amicizie e la comunità con la quale interagivano le due giovani vittime, nei confronti di una in particolare. Nessuno ha aiutato la ragazzina, anzi in molti hanno agito in maniera esattamente contraria, impedendole di raccontare quello che era successo, cercando di insabbiare le prove delle violenze subite e proprio per questo nel dicembre del 2023, i poliziotti hanno indagato quattro persone, dopo aver scoperto svariati e reiterati episodi di vessazione da lei subìti da parte dei propri familiari, in particolare dal fratello, dalla sorella e dai rispettivi compagni, che avevano costantemente tentato di ostacolare la sua collaborazione con gli investigatori, cercando di farla ritrattare disattivando la scheda telefonica e costringendola a sottoporsi ad una visita psichiatrica, con il chiaro intento di ottenere una certificazione medica sulla sua non capacità di intendere e di volere, rendendone così inutilizzabili ed inattendibili le dichiarazioni, erano addirittura arrivati a suggerle di tentare il suicidio.
I fatti contestati abbracciano un arco temporale tra il 2022 e il 2023 e nella conferenza stampa di allora il procuratore di Palmi raccontò alcuni particolari agghiaccianti: “uno degli indagati era il fidanzato di una delle ragazze” poi “l’ha tradita, portandosi dietro i suoi amici e abusando di lei. Con lei non c’è stato bisogno di forzare la mano tanto forte era la violenza psicologica esercitata dal branco. Lei piangeva e diceva di non volere, ma alla fine cedeva sotto le pressioni. Sono fatti di una violenza inaudita”.