Nel giorno in cui si festeggia il Patrono della Calabria, ricordiamo un episodio della vita del Santo calabrese raccontato nel libro di Raniero Pacetti “Fragmenta: Intrigo di potere a Monteleone”
Per i calabresi oggi non è un giorno qualunque, perché oggi 2 aprile si festeggia San Francesco di Paola.
Nato, per l’appunto, a Paola, il 27 marzo 1416, Francesco fu colpito da bambino da una forma grave d’infezione ad un occhio, i genitori lo affidarono all’intercessione di Francesco d’Assisi: in caso di guarigione il piccolo avrebbe indossato per un anno intero l’abito francescano. Perfettamente guarito, per sciogliere il voto entrò a 15 anni nel convento di S. Marco Argentano dove subito manifestò la sua propensione alla preghiera e forti doti di pietà.
Figura mistica straordinaria, già in vita crebbe velocemente la fama di santità diffondendosi così rapidamente, che nel 1467 papa Paolo II inviò a Paola un suo emissario per avere notizie dell’eremita. Dopo aver presentato il suo rapporto positivo sul monastero, lo stesso legato pontificio decise di aggregarsi alla comunità. Ed il 17 maggio 1474, papa Sisto IV riconosceva ufficialmente il nuovo ordine con la denominazione: Congregazione eremitica paolana di San Francesco d’Assisi (il riconoscimento della regola con il nome attuale venne invece con papa Alessandro VI).
Il Papa Giovanni XXIII Il 2 Giugno Del 1962 Con Il Breve “Lumen Calabriae” ha proclamato San Francesco “Patrono della Regione Calabria”.
Amato e cercato come guida spirituale, Francesco era anche considerato l’unica autorità in grado di opporsi ai soprusi della corte aragonese nel regno di Napoli, mettendosi a fianco dei poveri. e già a quel tempo, molti fatti prodigiosi a lui attribuiti.si narravano.
Francesco si spense a Tours il 2 aprile 1507. La sua fama si diffuse presto in Europa attraverso i tre rami della famiglia Minima (frati, monache e terziari). Fu canonizzato il 1º maggio 1519, a soli dodici anni dalla morte, durante il pontificato di Papa Leone X, al quale aveva predetto l’elezione al soglio pontificio quando questi era ancora bambino.
Sono questi fatti ben noti, ma pochi sanno del legame del futuro San Francesco con la potente famiglia Pignatelli, soprattutto con il Duca Ettore che fu Duca di Monteleone, e di conseguenza, sebbene indirettamente con la città che allora si chiamava Monteleone, l’odierna Vibo Valentia.
Tra i primi a riportare alla luce questo legame, lo studioso Raniero Pacetti, che, nel suo libro “Fragmenta: Intrigo di potere a Monteleone, edito da Il Cristallo nel 2023, racconta dell’incontro di Ettore Pignatelli con San Francesco.
L’incontro avviene – ricorda nel libro Raniero Pacetti – in Francia a Plessis le Tours dove il Santo si trovavs già da anni presso la Corte del Re Luigi XI gravemente ammalato ed Ettore Pignatelli che in quel momento era lì in prigione.
Leggendo il libro di Pacetti, si potrà meglio capire quale sia stato il legame e soprattutto quanto sia stata fondamentale per Ettore Pignatelli la conoscenza con l’eremita calabrese che sarebbe poi divenuto Santo.

Pacetti, infatti, nel suo libro recupera il racconto del vescovo Giuseppe Maria Perrimezzi, che descrive questo episodio nella sua opera “Vita di San Francesco di Paola” (1713).
Così racconta il Pirrimezzi
…….Ettore Pignatelli condotto egli in Francia dall’esercito del RE, ebbe la città di Tours per luogo di sua prigione. Ivi in parecchie congiunture ebbesi la consolazione di ragionare con Francesco; le cui parole o i dolci modi aveano non poca forza per mitigare la troppo acerba passione che soffriva nel cuore. E da ultimo stanco di tanto patire, avvisossi un giorno di far raccomandare al Santo Uomo la libertà che sospirava tanto, attediato come era oramai della lunga prigionia che pazientemente avea in fino allora sopportata, a cui pur in quel tempo aggiugnevasi una importunissima lebbra, onde veniva crudelmente travagliato, e la quale valeva a rendergli più tormentosa la pena del carcere e lo slontanamento dai suoi. Francesco presolo allora per mano, e dolcemente a lui sorridendo, confortollo dicendogli: state pure di buon animo e fate cuore, Signor Duca, il perché voi in breve sarete libero e dalla lebbra e dalla prigionia. Ritornerete nella patria tra gli applausi dei cittadini che faran lode alla vostra costanza, e tra le onoranze del Sovrano che renderà giustizia alla vostra fedeltà. Sarete indi a non molto Vicerè nella Sicilia e per la lunga stagione di diciotto anni reggerete quel Reame. Allora ricordatevi di me risgurdandomi nelle persone dei miei seguaci, che io da quest’ora fervidamente raccomando alla vostra generosa protezione e al vostro gentilissimo amore. Tanto disse quegli, tanto sperimentò il Duca. Il perché fu indi a non molto a libertà ridonato, e risanato in Napoli della schifa lebbra che il tormentava; andò Vicerè in Sicilia ove appuntino per il lasso di diciotto anni governò con soddisfazione del suo Sovrano…”.
Una curiosità davvero interessante, che è una delle tante “chicche” che regala la lettura del libro di Raniero Pacetti “Fragmenta: Intrigo di potere a Monteleone”.