Dopo la Villa Comunale, anche la fiducia dei cittadini sta finendo sotto chiave. E quando anche chi difende i diritti civili deve richiamare un Comune al rispetto del bene pubblico, significa che la misura è colma
Circa un mese e mezzo fa avevamo scritto: “Vibo Valentia, la città che chiude… gli occhi e le porte, il presente e il futuro”.
Oggi quella frase non è più una metafora. È cronaca. È realtà. È il simbolo di un’amministrazione comunale che, di fronte ai problemi, non offre soluzioni ma chiude. Si chiude. Letteralmente. Chiude i parchi, chiude gli spazi pubblici, chiude le possibilità di vita sociale e civile. E, soprattutto, chiude il dialogo con i cittadini.
La decisione del sindaco Enzo Romeo di apporre i sigilli anche alla Villa Comunale, cuore verde e simbolico del centro storico, rappresenta l’ennesimo atto di una gestione amministrativa che sembra aver scelto la via più semplice — e più miope — di fronte ai problemi: invece di risolverli, li si cancella.
Non si mette in sicurezza, si chiude. Non si progetta, si rinvia. Non si ascolta, si impone.
E mentre la città sprofonda ogni giorno di più nell’incuria e nel disincanto, arriva anche la voce — durissima e inequivocabile — di Adiconsum Calabria, che parla di “stato di abbandono non più sostenibile” e di “rischi per la sicurezza e la salute pubblica”.
Non è un comunicato di opposizione politica, ma di un’associazione dei consumatori. E quando anche chi difende i diritti civili deve richiamare un Comune al rispetto del bene pubblico, significa che la misura è colma.
Adiconsum Calabria, con una nota durissima, parla di “crescente stato di incuria”. Parole pesanti, che fotografano il tracollo quotidiano in cui è sprofondata Vibo Valentia.
Il presidente Michele Gigliotti è esplicito: “Perfino la manutenzione ordinaria – che dovrebbe rappresentare la normalità nella gestione di una città – è diventata un miraggio”.
E come dargli torto?
La cartolina di Vibo Valentia oggi è quella di una città che si spegne lentamente, giorno dopo giorno, senza che nessuno sembri accorgersene nei palazzi del potere.
E la chiusura della Villa Comunale ne è la prova più amara: invece di rendere sicure le aree gioco dopo un tragico incidente, si è scelto di smantellarle. Invece di intervenire, si è preferito chiudere. Come se il problema sparisse solo perché nessuno può più vederlo.
E la critica più dura riguarda proprio la chiusura della Villa Comunale, un gesto che Adiconsum definisce “inaccettabile” e “forse persino illegittimo”. L’associazione, in proposito, fa proprie le perplessità legali dell’avvocato Antonino Cavallari, secondo cui un simile provvedimento — in assenza di una chiara ordinanza — potrebbe configurare un’interruzione di pubblico servizio.
Tradotto: chiudere un parco pubblico senza le necessarie basi giuridiche non è solo un errore politico, ma potrebbe essere un errore di diritto.
Eppure, la risposta dell’amministrazione è sempre la stessa: silenzio e serrature.
Adiconsum lancia un appello chiaro: “Non private i vibonesi di queste risorse preziose. Invece di mettere lucchetti, si investa nella manutenzione costante e si restituiscano i parchi alla comunità.”
Un appello che il sindaco Romeo dovrebbe ascoltare, se davvero intende amministrare per il bene collettivo e non per paura delle conseguenze di una cattiva gestione.
Perché una città che chiude i suoi luoghi di aggregazione è una città che si arrende.
E se il Comune alza bandiera bianca, allora tocca ai cittadini — e alle associazioni come Adiconsum — ricordare che Vibo Valentia non merita di essere trattata come un problema da chiudere a chiave.
Altrimenti Vibo Valentia diventa davvero “la città che chiude”: chiude gli spazi, chiude i sogni, chiude la partecipazione dei cittadini, chiude il dialogo con chi osa criticare.
La Villa Comunale non è solo un parco: è un simbolo. E chi ne impedisce l’accesso, impedisce ai vibonesi di credere ancora nella loro città. È la fotografia perfetta di una città che ha smesso di credere in se stessa.
Adiconsum lo dice chiaramente: “Una città che si priva dei suoi luoghi di aggregazione è una città che si arrende. Noi non ci arrendiamo.”
E noi con loro.
Perché Vibo Valentia non può ridursi a un museo dell’abbandono, a un insieme di cartelli “vietato entrare” e di giustificazioni burocratiche.
Serve coraggio, visione, responsabilità. Tutto ciò che finora è mancato.
Finché la Villa Comunale resterà chiusa, resterà chiuso anche il cuore della città. Ma una comunità viva, anche ferita, prima o poi quei cancelli li scardina.











