Cronache semiserie da una città dove pure il Natale appare in ritardo… e nessuno sembra preoccuparsene
di Marcello Bardi
A Vibo Valentia dev’essere successa una cosa straordinaria, qualcosa che meriterebbe studi sociologici, antropologici e forse anche un team di archeologi dell’urbanistica: non è accaduto nulla.
E già questo, in una città che avrebbe un disperato bisogno che accadesse qualcosa, è la notizia.
È il 1° dicembre, la settimana del Black Friday è scivolata via come una pioggia sottile che non bagna nemmeno l’asfalto, e corso Vittorio Emanuele — quello che un tempo brillava di vita e di voci — è rimasto lì, immobile, desolato, pronto a posare per una campagna pubblicitaria sul tema “Il deserto urbano: nuove frontiere del turismo sperimentale”.
Mentre in qualunque città italiana il Black Friday diventa occasione per iniziative, eventi, promozioni coordinate, luminarie già accese e amministratori impegnati a “dare il via ufficiale alla stagione degli acquisti natalizi”, a Vibo Valentia si è scelto un approccio più sobrio: non fare nulla, appunto.
Né una bancarella, né un artista di strada, né un tappeto rosso, né un’iniziativa per rendere appetibile il centro storico.
Nemmeno un cartello inciso a mano con la scritta “Buona fortuna” per i commercianti superstiti.
A Vibo Valentia il Black Friday è passato come un turista timido: è arrivato in punta di piedi, ha guardato quello che un tempo era corso commerciale della città, ha trovato il deserto, ha sospirato e se n’è andato senza nemmeno scattare una foto.
Forse è rimasto disorientato. Forse si chiedeva cosa avrebbe dovuto fare lì, in mezzo a una via così vuota da sembrare una domenica di agosto in cima all’Aspromonte. Fatto sta che se l’è data a gambe, e nessuno se n’è accorto. Nemmeno l’amministrazione.
Il paradosso è che proprio questo periodo, per una città che arranca economicamente come una vecchia utilitaria in salita, dovrebbe essere una boccata d’ossigeno. Il momento in cui i commercianti sperano almeno in un mezzo respiro. E invece nulla: nessuna iniziativa, nessun evento, neanche un volantino stampato male appeso su un lampione.
Per dirla tutta, il vuoto del corso era talmente perfetto che avrebbe meritato un premio per la scenografia minimalista.
Intanto, il Natale altrove è iniziato. Da noi sta ancora cercando parcheggio.
Nel resto del mondo le luminarie ormai brillano da settimane. In certi posti, si accendono talmente presto che rischiano di confondersi con quelle di Ferragosto. A Vibo Valentia, invece, si procede con calma filosofica.
Qui il Natale arriva quando è pronto.
E quest’anno, evidentemente, ancora non lo è.
E dire che la tradizione vibonese parlava chiarissimo: già il 30 novembre, da secoli, il clima natalizio doveva essere nell’aria. Lo raccontavano le nonne, con quel tono che sapeva di braciere e di carbonella, bucato al sole e merende all’antica:
Sant’Andrea porta la nova /
ca lu sei è di Nicola, /
l’ottu è di Maria, /
e lu trìdici è di Lucia, /
lu ventunu San Tummasu canta: /
– ‘U vinticincu è la Nascita Santa!
Una filastrocca che segnava l’inizio di un mese intero di attesa, di gente in strada, di vetrine luminose.
E non serve evocare epoche fiabesche o amministrazioni del secolo scorso. Basta tornare al 1999, quando il Comune – qualcuno ricorda – organizzò 29 manifestazioni natalizie: un programma così fitto che mancava solo un cambio d’abito tra un evento e l’altro.
L’anno dopo, nel 2000, si alzò addirittura l’asticella: Katia Ricciarelli in concerto nel Duomo. Non proprio un “coro di quartiere”, diciamo.
Oggi invece ci muoviamo tra l’eco dei ricordi e il rumore delle serrande abbassate.
Il corso sembra osservare i passanti (pochi) con l’aria di chi vorrebbe dire: “Una volta qui era tutta festa…”.
Ma nessuno gli dà retta.
E resta lì, silenzioso, come un vecchio signore elegante che ricorda tempi migliori, mentre attorno tutto si sbriciola di calma e indifferenza.
E così il Black Friday è passato. Invisibile. Proprio come tante occasioni a Vibo Valentia.
Forse è questo il vero dramma: non l’assenza degli eventi, ma l’abitudine all’assenza.
Ci si fa talmente l’occhio che alla fine sembra normale.
Normale che il corso resti vuoto.
Normale che nessuno organizzi nulla.
Normale che perfino il Natale arrivi in ritardo, come un ospite svogliato che non sa se vale la pena presentarsi. Magari all’improvviso, come uno studente impreparato al suono della campanella.
Eppure, sotto questa calma immobile, c’è una malinconia che si sente.
La si avverte nei negozi ancora aperti — pochi, tenaci, eroici — che continuano a illuminare la strada come fiammelle testarde in mezzo al vento.
La si sente nelle voci dei cittadini che ricordano “com’era una volta”, ma lo fanno sempre più piano, quasi con vergogna, come se la memoria fosse diventata un lusso.
Il punto è che qui non serve un miracolo. Basterebbe un gesto. Uno solo.
Un segnale che faccia capire che la città non è stata dimenticata da chi dovrebbe custodirla.
Ma finché tutto rimarrà così — sospeso, fermo, silenzioso — Vibo Valentia continuerà a somigliare a un presepe senza figure: una scenografia bella, ma vuota. In attesa che qualcuno, finalmente, si accorga che manca la vita.
Adesso arriveranno le reazioni. Le accuse che si è i “soliti brontoloni”, sempre a lamentarsi senza aspettare giusto qualche giorno che tra poco tutto sarà pronot: luccicanti luminarie, canti e balli, iniziative e manifestazioni dal sapore natalizie.
Ma certo, anche qui il Natale arriverà, prima o poi.
Magari la vigilia, giusto in tempo per dire: “Beh, ce l’abbiamo fatta anche quest’anno”.
P.S.: grazie a SPQVIBO, pagina facebook dal quale abbiamo acquisito la foto










