Ci lamentiamo della crisi del commercio, ma alimentiamo la crisi con ogni scelta quotidiana
A Vibo Valentia c’è un nuovo sport cittadino: contare le serrande abbassate e indignarsi come se fosse colpa di qualcun altro. Ogni mese spunta un nuovo esperto da bar che sentenzia: “È finita, sta chiudendo tutto”.
Già, tutto chiuso. Ma la domanda che nessuno vuole affrontare è tanto semplice quanto fastidiosa: chi ci comprava, in quei negozi che adesso fanno pena veder chiusi?
Perché indignarsi è gratis. Sostenere un’attività commerciale… già un po’ meno.
A Vibo Valentia circola un personaggio ormai leggendario: quello che si batte il petto per “il centro morto”, ma che poi ordina pure le ciabatte su internet per risparmiare due euro. È lo stesso che si auto-convince che a Catanzaro “si trova di più”, che a Lamezia “i prezzi sono migliori”, e che “tanto Amazon arriva domani”
I negozi a Vibo Valentia chiudono perché nessuno compra a Vibo Valentia.Fine della storia.
Non è colpa degli alieni, del destino o della maledizione della città. È colpa di anni di scelte individuali che, messe insieme, creano un deserto.
È facile dare la colpa ai commercianti: “sono vecchi”, “non innovano”, “non fanno abbastanza offerte”. Sì, certo. Ma chi parla così, quando è stata l’ultima volta che ha speso 20 euro in un negozio locale? Molto probabilmente… non se lo ricorda nemmeno.
Ci lamentiamo delle strade vuote, ma siamo i primi a svuotarle. Ci lamentiamo dei negozi che spariscono, ma passiamo anni a ignorarli. Ci lamentiamo della crisi del commercio, ma alimentiamo la crisi con ogni scelta quotidiana.
Non è incoerenza. È ipocrisia pura.
Un negozio non sopravvive grazie ai like sui post nostalgici o alle frasi da salotto. Sopravvive con gli scontrini. Con gente che entra, guarda, compra. Non con gente che entra, guarda, chiede… e poi compra su internet.
E mentre tutti fingono di essere sorpresi dalle serrande abbassate, la verità è che il centro cittadino non è morto: è stato abbandonato, dagli utenti e sopratutto dalla politica che non fa’ nulla per popolarlo, giorno dopo giorno ed oggi versa lacrime di coccodrillo.
La città non la “stanno facendo morire”. La città la stiamo uccidendo noi. La serranda che vedi chiusa non è una notizia di cronaca: è lo specchio di una comunità che vuole un centro vivo ma si comporta come se fosse già morto.










