Riflessioni dalla pagina del Vangelo dedicata al giorno in cui si celebra l’Epifania
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i,
oggi, celebriamo l’Epifania, il Signore Gesù si manifesta agli stranieri, rappresentati dai re Magi. Il divino Bambino non vuole essere un Bene esclusivo del suo popolo, ma di tutti i popoli. Festa, quindi, di tutti, buoni e cattivi, semplici e sapienti, perché a tutti è data la conoscenza di Dio.
“Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco alcuni Magi vennero da Oriente a Gerusalemme e dicevano: “dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?” (Matteo 2, 1-2)
“Alcuni Magi”. Lungo i secoli a loro abbiamo dato un numero “tre”, abbiamo dato dei nomi: Melchiorre, Gaspare e Baldassarre, li abbiamo proclamati “re”, in forza dei doni offerti al Bambino: oro, incenso, mirra.
Ma chi erano veramente i Magi?
Probabilmente erano discendenti di quegli Ebrei deportati in Babilonia da Nabucodonosor nel 598 a.C. e costretti a lavorare nelle distese pianure tra i fiumi Tigri ed Eufrate.
“Lungo i fiumi di Babilonia/là sedevamo e piangevamo/ricordandoci di Sion” (Salmo 136,1)
I Magi erano, dunque, espressione del “Resto d’Israele”, piccolo nucleo di profezia di un Messia che sarebbe venuto per liberare i popoli oppressi.
I Magi, ancora, seguaci di Zoroastro, vedono in una stella, apparsa loro, il segno della nascita del Messia. Lasciato, quindi, il loro comodo mondo, partono, sicuri che camminando s’apre cammino.
Nel passato, assai lontano, da quelle terre era partito il Patriarca Abramo, chiamato da una voce: “vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò” (Genesi 12,1). Abramo parte chiamato da una voce, i Magi partono illuminati da una stella.
Le chiamate nella vita sono tante e varie, importante è avere occhi per vedere ed orecchi per udire e gambe per camminare, perché la vita è tutta in un cammino fisico ed ancor più interiore.
“All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei Sacerdoti e gli Scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: a Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta” (Matteo 2,6-7).
Sacerdoti e Scribi del popolo aprono il libro del profeta Michea e trovano che Betlemme è il luogo della nascita del Messia: “e tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo Israele” (Michea 2,6). Non si muovono né i Sacerdoti, né gli Scribi da Gerusalemme, ma delegano i Magi a trovare il Bambino, ad adorarlo e, poi, ritornare per informarli sull’avvenimento. Sono loro come la segnaletica stradale che indica la strada, ma resta fissa sul posto.
A Dio si può andare col cuore (i pastori) e con le conoscenze (i Magi). I sommi Sacerdoti e gli Scribi non vanno né col cuore né con i libri e, pur odorando d’incenso e sazi di culto e di devozioni, restano lontani “dal Dio vicino”.
I lontani, mendicanti di luce, trovano ed adorano la Luce vera, che illumina ogni uomo, ma non tornano indietro, perché chi trova il Dio vero inizia un cammino nuovo, dal momento che non c’è più spazio, né tempo per le cose di prima.
Buona Epifania all’insegna del messaggio di sant’Agostino :”percorri l’uomo e troverai Dio”.
Don Giuseppe Fiorillo