In un periodo storico come quello attuale bisognerebbe ispirarsi alla natura. L’umanità avrà la stessa capacità di sopravvivere a delle condizioni avverse?
di Thomas Patrizio Vatrano
Il termine resilienza può avere differenti significati, anche in virtù del suo campo di applicazione.
In psicologica è la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà.
In termini più scientifici è la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi.
In ecologia, la velocità con cui una comunità biotica è in grado di ripristinare la sua stabilità se sottoposta a perturbazioni.
È proprio la terza definizione che vorrei approfondire prendendo spunto da una pianta di ulivo secolare, insistente in un areale olivicolo di interesse storico e naturalistico, afferente all’Alto Jonio crotonese. Un luogo in cui l’ulivo, pianta simbolo del Bacino del Mediterraneo, ma anche nella nostra amata terra, cresce indisturbato sulla roccia.
Ebbene sì, le sue radici si aggrappano al suolo sabbioso, tufaceo con scheletro affiorante, tanto da poter osservare dei veri macigni accanto o al di sotto di questi splendidi esemplari di varietà pennulara, tipica nei comuni di Caccuri, Cerenzia e San Giovanni in Fiore.
Ma il particolare che ha più destato interesse è la “voglia di vivere” di alcuni esemplari colpiti da incendio circa 10 anni fa.
Prima di continuare è necessario citare alcune notizie di fisiologia vegetale.
Tutti sappiamo che le piante per vivere devono fotosintetizzare, quindi utilizzando l’acqua e la luce solare vengono prodotti dei fotosintetati (zuccheri/sostanze di riserva) i quali verranno traslocati nei punti (organi) di maggiore interesse, ossia frutti e radici, l’organo di riserva per antonomasia.
Le piante (in foto) si presentano bruciate al loro interno, proprio perché spesso gli individui vecchi hanno al loro interno il legno colpito da funghi carigeni che lo rendono friabile, spugnoso nel tempo, quindi altamente incendiabile perché secco.
Oltre a ciò, l’incendio ha combusto la parte esterna e laddove non è riuscito a bruciare c’è stato un rigonfiamento della corteccia per effetto dell’alta temperatura, facendo si che perdesse la sua vitalità e quindi la sua funzione, ossia quella di traslocare le sostanze di riserva fino alle radici (e agli altri organi di riferimento).
La natura ci stupisce sempre, proprio perché è perfetta nella sua interezza. Le piante hanno reagito in maniera cosi determinata da ricostituire la chioma che mediante l’apparato fogliare ha ricominciato nel tempo a fotosintetizzare nuovamente e ripristinare il continuum suolo-pianta-atmosfera, uno dei maggiori processi nei vegetali.
La cosa più sorprendente è stata osservare come diverse piante soggette all’incendio avessero perso gran parte o interamente la corteccia e quindi inevitabilmente aver creato un blocco dei flussi floematici.
L’umanità avrà la stessa capacità di sopravvivere a delle condizioni avverse? In un periodo storico come quello attuale bisognerebbe ispirarsi alla natura, come l’ulivo raffigurato nella foto allegata, affinché sia da esempio anche per tutti coloro che hanno perso la speranza, che si sentono soli.
La resilienza può essere considerata un fattore mentale importante nella vita di ognuno di noi, che dobbiamo coltivare e amplificare nelle situazioni di necessità.
L’ulivo l’ha applicato, è rinato nonostante l’incendio avesse messo a dura prova i suoi organi vitali, anno dopo anno, mettendo su una foglia o un ramo per cercare di ricostituire e ripristinare le sue funzioni.
In questa circostanza mi viene da pensare all’Araba Fenice, l’uccello mitologico che rinasce dalle proprie ceneri dopo la morte. Proprio per questo motivo è simbolo di resilienza, di rinascita. Che sia di buon auspicio per questo periodo epocale!