Al centro dell’intera giornata di manifestazioni a Palazzo Gagliardi, la vicenda del Ponte dell’Ariola
di Maurizio Bonanno
Vibo Valentia Capitale Italiana del Libro, prima di concludere il suo mandato e cedere lo scettro alla subentrante Ivrea, ha ancora qualche mese di tempo per scoccare le sue frecce dall’arco della cultura. Domani lo fa dedicando un’intera giornata al ricordo di Pier Paolo Pasolini, straordinario intellettuale, artista a tutto tondo, nel centenario della sua nascita.
Il luogo scelto per questo “ricordo vibonese di Pasolini”, è il Salotto della Capitale, la sede della microeditoria che il Comune ha dato in gestione al CEV, il comitato degli Editori del Vibonese. Si parte alle 11.00 e si chiude in serata.
La mattina è dedicata all’incontro con gli studenti. Lo spunto è il documentario che Pasolini realizzò in Calabria, “Comizi d’amore”. Maria Paone ed il giornalista Antonio Pagliuso si confronteranno con gli studenti delle Superiori e della Consulta Studentesca intorno a quegli scottanti temi toccati allora da Pier Paolo Pasolini ed ancora oggi terribilmente attuali.
D’altronde su Pasolini le definizioni sono sempre state le più disparate e contraddittorie. Fu sì comunista ma con toni fortemente antimodernisti: il suo marxismo fu eretico e reazionario ed il suo pensiero fu sempre marcatamente conservatorista e legato ad un populismo rurale. Dacia Maraini che lo conosceva bene e di lui conserva un nitido ricordo, lo ha definito: ““Anarcoide. Non parlava mai di massa ma di moltitudine, non di operai ma di umili”.
Poi, ci si dimentica troppo spesso di alcune vicende che lo posero in una posizione critica rispetto al PCI: l’uccisione di suo fratello, partigiano, da parte di partigiani comunisti e l’abbandono subito da parte del Partito, che lo cacciò, rinnegandolo, non appena si scoprì la sua omosessualità. Disapprovò nel’68 la “falsa contestazione dei giovani borghesi, figli di papà coccolati dalla cultura dominante di sinistra”, difendendo i poliziotti, spesso poveri e provenienti dalle periferie. Si pose come il vero cantore dei sobborghi, delle campagne, della ruralità, a tutela dei molti particolarismi culturali di cui l’Italia è sempre stata ricca, osservando con lucida preoccupazione il nascente capitalismo consumistico.
Fu probabilmente anche questo suo modo di approcciarsi alla ricerca storico-culturale, che accettò volentieri l’invito degli amici del Cine Club, auspice il regista vibonese Andrea Frezza, a venire a Vibo Valentia.
Da qui, il senso dell’appuntamento del pomeriggio alle 17, con la proiezione del film di Aurelio Grimaldi “Un mondo d’amore”, girato tra l’altro a Vibo Valentia; e soprattutto l’interessante incontro-dibattito con lo scrittore Mimmo Gangemi ed il sindaco di Gerocarne Vitaliano Papillo, legato ad una particolare vicenda che vide Pasolini protagonista: il ponte dell’Ariola, vicenda che proprio Mimmo Gangemi ha recuperato e raccontato in un articolo pubblicato sul quotidiano La Stampa il 13 marzo 2017.
A ricostruire questa particolare vicenda c’è ancora un testimone oculare, che può testimoniare come nacque questa storia. È il giornalista Mimmo Mobilio.
Ricostruisce queste circostanze Nando Scarmozzino in un articolo pubblicato nelle rivista culturale Rogerius nel 2009.
“Tutto iniziò all’interno della Libreria di Pino Mobilio, a Vibo, dove Pasolini entrò condotto da amici”, scrive Scarmozzino.
È bene ricordare che, tra gli anni ’70 e ’80, la Libreria Mobilio era un punto di riferimento della cultura vibonese. Complice proprio Pino Mobilio, padrone di casa competente e cultore di libri, la sua Libreria era rifugio per chi si dedicava alla lettura ed era in cerca di nuove pubblicazioni, studiosi ed intellettuali navigati, ma anche giovani studenti in cerca di novità. La Libreria si trasformava così, con il compiaciuto sostegno del proprietario, in una palestra di discussione e confronto sempre utile ed interessante: non più un luogo dove vedere ed acquistare libri, ma sede di analisi e discussioni. Quanti di noi, giovani in cerca di idee da analizzare e sulle quali confrontarsi, lì si sono forgiati! Quante volte ho passato ore in quella Libreria!
Scarmozzino ricorda che proprio lì, all’interno della Libreria Mobilio, Pasolini venne informato di un fatto successo ad Ariola in quei giorni durante un funerale: era caduta la bara e la salma era finita, tra lo sgomento dei presenti, in un burrone dove passava un fiumiciattolo.
Tra i presenti, come ricorda Nando Scarmozzino, c’era anche Mimmo Mobilio, che in quel periodo era insegnante ai Piani di Acquaro, altro territorio che versava in disagiate condizioni: “Condizioni – scrive – che non mancò di rappresentare al noto scrittore e regista”.
Prosegue il racconto nell’articolo pubblicato da Rogerius del 2009: “Fu anche detto a Pasolini che gli abitanti di Ariola, dediti al lavoro dei campi, erano costretti a vivere in modo umiliante, senza strade, in uno stato di isolamento quasi drammatico. Pasolini ascoltò con attenzione e quando gli venne suggerito di fare una visita ad Ariola, dove peraltro gli abitanti avevano in passato manifestato tutta la loro rabbia nei confronti dello Stato e dell’amministrazione comunale, accettò senza esitare”.
“Era inverno. Faceva tanto freddo quella mattina, quando si diffuse la voce che era arrivato un certo Paoslini, che faceva il cinema e che voleva incontrare la gente di Ariola. La maggior parte era nelle stalle a lavorare. Accorsero però e tanti erano giovani. Ci fu un incontro ed alla fine Pasolini promise che avrebbe mandato dei soldi perché si costruisse qualcosa, un ponte o una strada. I soldi arrivarono, erano cinquantamila lire, che furono affidati a Bruno Mamone per farne l’uso migliore. Prima di andare via, Pasolini promise che sarebbe tornato. Non torno più, invece. Si seppe poi della sua tragica morte. Non potè vedere purtroppo il ponte che era tato costruito grazie ai soldi da lui mandati, per ciò finalmente si poteva raggiungere sia Gerocarne sia Arena”.
Nando Scarmozzino raccontò tutto questo raccogliendo la testimonianza di Mariantonia Santaguida che in quella fredda mattina d’inverno del 1960 era al suo posto di telefonista del posto telefonico pubblico all’interno dell’abitazione nel vecchio abitato della frazione di Ariola di Gerocarne.
Il primo a raccontare questa vicenda fu Sharo Gambino che nel 1968 pubblicò in “Quaderni Calabresi (n.4 – 1968) un pezzo dal titolo “I marcusiani dell’Ariola”; quindi Gaetano Ninì Luciano nel suo libro del 2007 “Le vie del vento o le rivoluzioni sognate. Cronache della Calabria 1968-1973”.
Domani, grazie a questa giornata voluta dall’assessorato comunale alla Cultura in collaborazione con il CEV, riporteremo alla memoria questo spaccato di storia culturale vibonese, spunto per ricordare i fasti del Cine Club e la vivacità di una città che ha sempre pensato alla cultura quale occasione di crescita di sviluppo. Un richiamare alla memora che, però non sia nostalgico rimpianto del solito “come eravamo”, ma stimolo per costruire in positivo “Quello che saremo”.