L’indagine, particolarmente delicata condotta dalla Polizia e coordinata dalla Procura, è partita dalla denuncia di una maestra
«Pasqua è voce del verbo ebraico ‘pèsah’, passare. Per gli ebrei è un passaggio verso una nuova libertà. Per i cristiani è il salto mortale oltre il corpo e la vita uccisa, verso la più integrale resurrezione…».
Potrà apparire stravagante prendere a prestito le parole dello scrittore Erri De Luca per l’incipit di un articolo di cronaca. La più nera delle cronache. La più terribile ed atroce. Invece è un pensiero di speranza e di gratitudine. Innanzitutto di speranza: speranza per questa piccola vittima del più turpe dei peccati, che possa essere questa sua Pasqua 2022 il suo passaggio verso una nuova libertà: sia la sua resurrezione da una vita altrimenti uccisa anzitempo dall’orco che viveva sotto il suo stesso tetto e che avrebbe dovuto proteggerla ed amarla ed invece la violentava e la distruggeva. Di gratitudine. Verso quella maestra che ha capito ed indagato con la delicatezza di una donna che sa essere madre e maestra. Verso gli investigatori e la magistratura che, con delicatezza ma risolutezza, hanno portato a termine un’indagine non semplice ed alla vigilia di Pasqua hanno ridato speranza e resurrezione a questa piccola vittima innocente del più turpe dei peccati.
Tutto si stava consumando da alcuni anni in un centro della provincia di Vibo Valentia. Ed era il nonno – il nonno! – a compiere con violenza e prepotenza questi turpi atti; anche quando la bimba si rifiutava, si dichiarava stanca di subire; il nonno-orco si accaniva con maggiore violenza, minacciando, forzandola: violentandola!
Nelle 25 pagine del provvedimento con cui si dispone la misura cautelare, vengono ricostruite le terribili circostanze alle quali la giovane vittima era costretta sin da quando aveva appena 8 anni e adesso ne ha quasi 11.
Un crescendo raccapricciante di abusi sessuali e di violenze fisiche la cui lettura appare sconvolgente e lascia attoniti. Ciononostante, il giudice – necessariamente, inevitabilmente – non evita di entrare nei particolari di alcune delle più oscene circostanze per comprovare e documentare l’atrocità del crimine commesso.
Come precisato nell’ordinanza, l’indagine, coordinata dalla Procura di Vibo Valentia guidata da Camillo Falvo e nelle mani del sostituto procuratore Maria Cecilia Rebecchi, parte da una denuncia presentata agli uffici della Squadra Mobile della Questura di Vibo Valentia da una maestra capace di cogliere il disagio di questa sua piccola allieva, di avviare un’opera di sensibilizzazione per conquistare la sua fiducia, instaurare un rapporto di affetto tale da riuscire a farsi raccontare ciò che la turbava. Si scopre così l’inferno, un inferno la cui dimensione è impensabile, sconvolgente. E si scopre che il diavolo è addirittura il nonno. Il nonno che la picchiava, che le tirava e strappava i capelli, la prendeva a pugni, la minacciava, la costringeva a subire continuamente atti sessuali terribili, provocandole anche delle emorragie. Quel nonno che si recava a prenderla a scuola e poi la conduceva in luoghi isolati e potere, indisturbato, dare soddisfazione alle sue turpi voglie. Altre volte la portava in una casa da lui costruita (la casa dello zio Tony) oppure dentro un’auto abbandonata. E le imponeva atti di libidine con la promessa di un gelato o delle patatine Con il passare del tempo, le sue voglie abbiette non avevano più freni, neppure in presenza delle sorelline più piccole, addirittura della madre.
Ormai la situazione stava compromettendo terribilmente la psiche della bambina. La maestra notava la tristezza di quell’alunna sempre taciturna, che tendeva ad estraniarsi dal resto della classe. Avvia così il suo impegno di madre-maestra, ne conquista la fiducia, quell’affetto necessario a spronarla a confidarsi, a parlare, a superare l’ovvia iniziale diffidenza. Il racconto viene registrato attraverso uno smartphone e la traccia audio diventa fondamentale per dare avvio alle indagini. La bimba dice di aver provato a parlarne con alcuni familiari, ma aveva capito che non era stata creduta. Confida un indizio importante, allorquando dice che la madre potrebbe essere in possesso di un video che comproverebbe gli abusi. I colloqui si spostano davanti alla psicologa della Polizia di Stato e la ricostruzione dei fatti è identica, coerente e circostanziata.
Viene quindi interrogata anche la madre, che intanto ha presentato denuncia ed ammette quindi determinate circostanze, dichiara di aver affrontato il suocero che però aveva sempre negato gli abusi giustificando il fatto di aver tirato fuori l’organo genitale, davanti alle piccole, solo per l’impellenza di dover urinare. Intanto, viene chiarito che il video al quale si fa riferimento sarebbe stato effettuato proprio per avere una prova degli abusi. Anzi, si scopre che i video girati dalla madre sono addirittura quattro e tutti conservati sul telefonino del padre. Scrive il gip Francesca Del Vecchio: «Ne emergeva un quadro univoco e privo di contraddizioni, dal quale si evinceva un perpetrarsi, costante e reiterato, di abusi a danno della piccola, tutti drammatici, ma alcuni caratterizzati da sconcertante gravità e inspiegabilmente tenuti nascosti dalla compagine familiare sino alla denuncia dell’insegnante». Solo in tempi più recenti, indotti dal timore che anche le sorelline più piccole della vittima fossero state testimoni delle perversioni del nonno, i familiari avrebbero allontanato di casa l’indagato, il quale avrebbe malgrado tutto proseguito nelle sue condotte disumane, che andavano avanti da diversi anni, a partire dal 2019 (quando la piccola aveva appena 8 anni).
Lungi dal voler esprimere un giudizio a priori di condanna, in attesa che si pronunci, com’è doveroso, il tribunale, rimane il fatto che questi indizi, così raccolti e circostanziati, appaiano di estrema gravità. Non solo: per come scrive il gip “Le dichiarazioni della persona offesa, di per sé già coerenti e prive di elementi idonei a metterne in dubbio la veridicità, trovano conferma nelle dichiarazioni delle persone ascoltate dalla Polizia, dai video allegati e dalla documentazione medica acquisita“.
Da qui la decisione di non concedere gli arresti domiciliari, considerato che l’indagato, che tra poco più di un mese compirà 70 anni, risiede in un appartamento di sua proprietà attiguo a quello della vittima; per cui il gip ha disposto che l’uomo venisse in via cautelare portato in carcere.
Sarà un segno del destino, ma il provvedimento è stato firmato il 15 aprile, Venerdì santo: sia, dunque per questa bimba la sua Pasqua di Resurrezione, verso una nuova e giusta libertà!