L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha scelto il 4 settembre per sensibilizzare su un argomento che sta pericolosamente tornando tabù
di Maurizio Bonanno
“Aridatece i vecchi tempi!”.
Quelli della rivoluzione sessuale, i tempi in cui le donne ci gridavano in faccia “…è mia e la gestisco io!”. I tempi in cui le rivoluzioni erano una cosa seria e, se per i sessantottini puri e duri la rivoluzione politica si compiva tenendo in mano il “libretto rosso” di Mao, per le donne protagoniste della straordinaria rivoluzione dei costumi era indispensabile tenere in mano ben altro libro: il “Rapporto Kinsey”, ovvero lo studio sulla sessualità degli americani che da allora ha cambiato per sempre il nostro modo di concepire e vivere pulsioni e passioni. Perché Alfred Kinsey sta alla sessualità come Copernico all’astronomia eliocentrica, Darwin alla teoria dell’evoluzione e Einstein alla fisica relativistica. È il fondatore di una scienza fino ad allora ignota, avvolta dalle superstizioni e ostaggio della pubblica morale.
Kinsey parlava di orgasmo, di masturbazione, di fellatio, di cunnilingus e rapporti anali, parlava di relazioni extraconiugali (all’epoca illegali in 51 Stati su 54 negli USA e sanzionate fino a tre anni di reclusione), lo faceva senza seguire alcuna teoria precostituita, con rigore sperimentale, dimostrando che il sesso non è solo una funzione riproduttiva della specie, ma anche una fonte di piacere, di gratificazione umana, di crescita personale.
Una vera e propria presa di coscienza che avrebbe cambiato, allora e per sempre, il modo di affrontare un argomento fino a quel momento considerato assolutamente intimo, non pubblico, vero e proprio tabù da custodire gelosamente entro il desco coniugale; eppure, quel rapporto aveva svelato che già a quel tempo il 70% della popolazione maschile frequentava regolarmente prostitute, che un uomo su due e una donna su quattro tradiva il proprio coniuge, che chi aveva (ha) avuto molti partner prima del matrimonio aveva (ha) generalmente una vita sessuale più appagante, che il 92% dei maschi e il 60% delle femmine americane di quel tempo si masturbava con cadenza periodica nonostante le riviste “scientifiche” dell’epoca ritenessero l’autoerotismo una delle cause principali della cecità e dell’epilessia (sic!).
Una vera e propria presa di coscienza, una consapevolezza che, facendo il paio con lo sdoganamento dell’uso della pillola anticoncezionale, invertiva il paradigma dei rapporti di coppia: la donna era padrona della propria vita, compresa quella sessuale, lontana dal controllo maschile. E l’uomo si scopriva debole ed impreparato a vivere questa nuova realtà, mostrando i limiti di un genere, quello maschile appunto, perennemente infantile. Perché anche il movimento femminista deve molto ad Alfred Kinsey: mai nessuno prima di lui aveva parlato con tale intelligenza e libertà del piacere della donna, negando il concetto di frigidità e di isteria e attribuendole lo stesso diritto all’appagamento sessuale fino ad allora riservato all’uomo.
Nascevano i “porci con le ali”, parafrasando il titolo di un romanzo che leggerlo ancora oggi è di grande utilità.
Perché queste considerazioni? Considerazioni nostalgiche, amare perché fatte in un’epoca di riflusso, che pare voglia portare ad una “restaurazione”?
Perché ci siamo accorti che sta passando sotto silenzio la data odierna che coincide con la Giornata internazionale del benessere sessuale, promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), ogni 4 settembre.

Nessuno da noi ne parla, nessuno ne sa niente, nonostante l’Italia faccia parte dei 35 Paesi che aderiscono alla celebrazione.
“Sul benessere sessuale della popolazione c’è un totale disinteresse delle istituzioni, si pensa che sia un lusso, un bene accessorio, non c’è voglia di informare su educazione sessuale, prevenzione, gravidanze indesiderate, comportamenti a rischio”, è il commento di Roberta Rossi, presidente della Federazione italiana di sessuologia scientifica (Fiss).
È come se fosse tornato quel tabù che era stato rimosso, soprattutto perché – fa notare ancora Roberta Rossi – appare “uno scollamento tra il versante delle istituzioni e la vita delle persone”.
Ed ancora, Simonetta Draghi, dell’Unità operativa di ostetricia e ginecologia dell’Ospedale Fatebenefratelli di Roma, evidenzia che: “Le donne non hanno informazione sufficiente sul benessere sessuale. Avrebbero tante domande da fare, ma chi risponde loro? Basti pensare che secondo una delle ultime ricerche fatte in Italia, solo il 19% dei ginecologi fa domande sulla sessualità alle donne in menopausa”.
Nasce da qui la nostalgia di quel periodo glorioso e pionieristico preludio di grandi conquiste in tema di mentalità e costume: adesso, invece, imbarazzo e vergogna, tornano prepotenti tra questi “nuovi giovani” del nuovo millennio impedendo loro di parlare di sesso e di chiedere informazioni. Istituendo la Giornata, l’Oms aveva come obiettivo proprio di promuovere una più ampia informazione sull’argomento, fornendo linee guida sulla salute sessuale piuttosto che terapie contro le infezioni sessualmente trasmesse.
“Il benessere sessuale è fondamentale per la salute stessa e la felicità delle persone. Questo ha un evidente impatto positivo sulle società e i Paesi”, ha scritto in proposito l’Organizzazione mondiale della sanità.
Non è una novità, non è un concetto rivoluzionario: da secoli, è un’ovvietà.
Già secondo gli illuministi, infatti, per riformare la società e la politica, era necessario che gli uomini imparassero a liberarsi dal giogo delle false dottrine e di una morale dettata dalla paura del castigo divino. Un popolo abituato alla penitenza, alla continenza e alla sofferenza, sempre soggiogato da istitutori che ne indagano e ne reprimono ogni più recondito desiderio e volontà, è un popolo abituato a servire e ad essere sottomesso.
Per convincere un popolo così incolto e sprovveduto era, dunque, necessario incominciare a fare breccia nelle questioni che riguardavano molto da vicino ogni singola persona. Agli intellettuali illuministi era chiaro che il desiderio sessuale fosse un elemento centrale fra il piacere naturale, avvertibile da ognuno, e le costrizioni culturali che sulla proibizione di questo piacere fondavano il controllo sociale.
L’autore che meglio aveva compreso quanto la costrizione delle coscienze fosse il tentativo di sopprimere l’individuo da parte di una società il cui ordine si stabiliva sull’ipocrisia dell’astinenza, era Denis Diderot. Il filosofo francese scrisse alcuni romanzi che avevano come protagoniste donne in conflitto aperto fra la propria educazione e i propri desideri.
Per Diderot il vero detonatore è la riscoperta del piacere e la rivalutazione del corpo come elemento di connessione fra il pensiero e la realtà fuori di noi. Se l’ignoranza annichilisce gli individui rendendoli proni al potere costituito, il piacere è in grado di scuotere la coscienza, offrendo lo stimolo per desiderare di liberarsi dal giogo che opprime la propria esistenza.
“Ma da noi è un tema difficile e doloroso – ammette Adele Fabrizi, del Comitato direttivo Fiss – c’è carenza totale di educazione sessuale. E non è solo perché stiamo parlando di un Paese cattolico, ma per cultura. C’è anche un colpevole disinteresse del mondo medico, non a caso non esiste una specifica formazione in sessuologia”.
Così si finisce a parlare di sesso con un medico solo in caso di malattie. È il caso degli uomini, che troppo spesso in presenza di disfunzione erettile – come emerge da un recente studio – preferiscono comprare pillole online rischiando la vita, anzichè andare dal medico. Che invece li informerebbe che i problemi sotto le lenzuola non sono slegati dalla salute in generale e che il principale “organo erotico” è il cervello.
Il piacere è sovversivo… forse, per questo è meglio tenerlo sotto silenzio, ripristinarlo tra i tabù.