La disabilità si educa con il rispetto, l’amore e la stima verso se stessi. Una profonda, intensa riflessione
di Rosario Rito*
Prima di tentare di comprendere cosa si possa nascondere dietro o meglio, dentro l’immagine di un corpo umano cosiddetto ‘Non agile nei movimenti o perfettamente autonomo’, lasciatemi dire un qualcosa che se nell’apparenza può sembrare frivola, nella mia anima o per il mio mondo emotivo, ha avuto e rappresenta tutt’oggi, uno dei maggiori enigmi esistenziali che per forza di cose, cause, avvenimenti e quant’altro, ho capito solo dopo un’adolescenza, certamente non serena sotto il punto di vista emotivo, ma incosciente su quello sensitivo.
Dovete sapere che io all’età di otto anni, sono entrato in istituto. Era nel 1964. Il primo fu a Vaprio d’Adda (Cologno Monzese), l’anno seguente, il Rizzoli di Bologna e in altri tre anni all’A.I.A.S. della Calabria. Ritornai a casa definitivamente, nel 1979, anche perché, già due anni prima, si era parlato di voler chiudere questi istituti o centri di riabilitazione. Oggi esistono solo in diurni. Sono pochissimi quelli che sono rimasti aperti. In Calabria, se non vado errato, sono solo due.
Perché dico questo?
Semplicemente perché credo che sia il modo migliore, per esprimere a voi il mio pensiero e farvi capire che non sempre ciò che appare è vero e il vero è come appare.
Io, come credo tutti come me che ebbero la fortuna di tornare definitivamente a casa, ero contento, soprattutto del fatto che finalmente, potevo stare per sempre con la mia famiglia. Col tempo, ho conosciuto tante persone; iniziai a pubblicare i miei libri, fare incontri e quant’altro che in semplici parole, significa. ‘Realizzare me stesso‘. Ma… c’è un ‘MA’ però. Un ‘ma’ che con il passar degli anni, si è tramutato in ‘Ma perché?’.
Il mio ‘Ma’, consiste che, nonostante tutti i progressi, non solo d’inserimento sociale, ma principalmente nel campo della conoscenza e linguistico, si siano fatti molti passi avanti sul concetto di disabilità, per molti questo stato d’essere è semplicemente una malattia e ciò che peggio, sta nel pensare che il disabile sia un eterno sofferente o addirittura, uno che vive a metà.
Nulla di ciò è vero e, per capirlo, è sufficiente dire che, al di là del colore della pelle, della propria etnia o si è seduto su un trono a rotelle, cieco, sordo, si è tutti nati da un ventre materno e non certamente da fabbriche o laboratori come si fa con i robot. Ciò significa che come abbiamo la stessa radice, poiché non esiste persona al mondo che sia stata, prima desiderata e poi aspettata per nove mesi, in egual misura, come si è persona, si è Sensazioni, Emozioni, Espressione del proprio provare.
Il fatto di nascere o venire al mondo con certe realtà fisiche o psicologiche, non ha nulla a che vedere con la volontà di Dio, ma sono dovuti a incidenti di percorso, sbagli medici e quant’altro. In non credo che Dio, abbia suggerito all’ostetrica di tirarmi dal ventre di mia madre con il forcipe, anche perché non avrebbe avuto senso condannarmi prima che nascessi, ma per giustificare o consolare una persona nata con una particolare realtà, si dice o sosteniamo sempre che sia un progetto di Dio. Cosa questa che io non ho mai creduto e mai sosterrò, anche perché, se questo fosse vero, non solo avremmo un Padre eterno crudele, ma non saprei che senso dare a quel “Alzati e cammina” che Gesù diceva ai paralitici. Credo proprio che sia un controsenso.
Sicuramente, qualcuno mi criticherà, ma non importa. L’importante è non nascondersi dietro un dito. Siamo pensiero, non atomi in funzione di qualcosa e con ciò, a ognuno con il suo credo.
Ritornando a nostro discorso, va detto che come siamo nati da un ventre materno, ognuno appartiene alla sua Triade umana. Siamo tutti Uno/a, Intelletto, Anima.
Uno: Soggetto pensante che reagisce e si forma attraverso il proprio vissuto empirico.
Intelletto: Facoltà di intuire le idee, le rappresentazioni e i loro rapporti. Complesso delle facoltà mentali che consentono di intendere, volere, pensare, giudicare e quant’altro.
E poi, ma non per ultima, Anima che oltre a essere la parte spirituale del soggetto nel suo reale, non è altro che un pozzo senza fondo, onde tutto entra e nulla appare inutile o superfluo. Un pozzo senza fondo che come è un fardello per chi lo trasporta, può tramutarsi in tiro a bersaglio per tutti coloro che credendo di sapere, si sentono dei buoni samaritani per dirla civilmente. Non tutti però. Sia chiaro
Nessuno di noi è privo di questi tre coefficienti, anche colui che può sembrare insignificante o ingenuo. Ciò significa che, prima di essere corpo, siamo ‘Sensibilità’, ‘Sensazione’, ‘Emozione’, ‘Paura’, ‘Speranza’ che come si nascondono dietro o per meglio dire, dentro un corpo o agilità imperfetta, albergano in una stessa abitazione: abitazione, Anima appunto, ovvero i peggiori guerrieri del proprio sensitivo: ‘Emotività’ e ‘Sensibilità sensoriale’.
Che cosa significa tutto questo? Semplicemente che come persone si nasce: i limiti si posseggono e poiché ‘Handicap’, significa ‘Ostacolo’, l’essere disabili, non ha nulla in comune con l’essere ammalato, dato che è solo uno stato di apparente anormalità. Anzi, la malattia è un qualcosa di dolore fisico o difficoltà mentale. La disabilità, invece, uno stato d’essere con cui convivere. O meglio, se la malattia si cura, la disabilità si educa.
Si educa con il rispetto, l’amore e la stima verso se stessi, l’auto crearsi, attraverso desideri e mete da raggiungere, anche se per gli altri sei un povero illuso o impossibilitato e ciò significa, non darla vinta a chi crede che siamo degli eterni sofferenti. Anzi, credo che sono proprio costoro che non hanno compreso cosa significhi essere ‘Persona’ e non persona normale, poiché, se essa esiste, sta proprio nelle sue debolezze, ostacoli emotivi, bisogno d’amore e di poter amare e non certo, in un linguaggio perfetto che non sa riconoscere il significato di ciò che dice e, tanto meno, in un paio di gambe infinitamente agili che non sanno dove andare o nel possedere una perfetta vista, se oltre a soffermarsi all’apparente, non sa cosa osservare.
Siamo tutti un mistero racchiuso in un corpo, non atomi in funzione di qualcosa. Nessuno è privo di emozioni, sensazioni, paure, speranze e tanto meno, di egocentrismi prodotti e accresciuti tramite un’emotività non controllabile e abbandonata a se stessa. Siamo tutti Fonte della nostra Triade.
Una triade che desidera essere se stessa e non certamente fotocopia di un corpo, mente, emozioni che non sa riconoscersi.
Come la diversità ci rende originali, con il proprio provare, patire, soffrire, con il proprio bisogno d’amore e desiderio d’amare. Questo ci rende simili, non la mancata agilità nei movimenti, una perfetta vista o una voce chiara squillante che possa renderci inferiori a un altro. Siamo tutti Disuguali, non Dissimili, dato che tutti siamo alla ricerca della propria ragione d’esistere, anche se è racchiusa nell’animo di chi ha atteso nove mesi la nostra venuta al mondo.
*Poeta, Scrittore