Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 5 novembre
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i,
con questo brano del Vangelo di Matteo (Mt. 23,1-12) siamo ancora sotto i portici del Tempio di Gerusalemme, siamo negli ultimi giorni di vita terrena di Gesù.
Gesù, dopo le diatribe con il potere politico – religioso, incarnato nei Farisei, Scribi, Erodiani, Sadducei e, dopo aver loro chiuso la bocca, ora, dedica il suo tempo ai suoi discepoli ed alla folla sempre più numerosa.
Inizia così un lungo discorso, raccolto da Matteo nel 23º capitolo nel quale critica, in modo dettagliato, il comportamento dei Potenti del suo tempo.
È l’ultimo discorso che Gesù tiene nel Tempio di Gerusalemme prima di essere messo a morte da quel potere civile-religioso che Lui, apertamente, aveva contestato.
È un discorso rivolto alla folla ed ai suoi discepoli, quale messaggio per non cadere in quei difetti che Lui, senza rancore e tanto meno senza odio, aveva contestato ai Capi del popolo.
“In quel tempo Gesù si rivolse alla folla e i suoi discepoli dicendo: sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli Scribi ed i Farisei. Praticate ed osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filatteri ed allungano le frange, si compiacciono dei primi posti di onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. Ma voi non fate così”… (Matteo 23,1-12).
La cattedra di Mosè era un seggio di pietra o di legno presente in ogni sinagoga. Era posta nella parete di fondo dell’edificio di culto. Da quel seggio i Rabbini proclamavano la Torah e ne davano, ogni sabato, un commento aderente alla pagina biblica proclamata. Fin qui tutto bene!
La critica di Gesù guarda il fuori sinagoga, l’agire concreto di Scribi e Farisei nella quotidianità della vita.
E nel loro agire Gesù rileva tre mancanze gravi: l’incoerenza, il legalismo puntiglioso, e l’esibizionismo.
Prima mancanza: l’incoerenza. L’incoerenza è descritta con poche parole: voi miei amici praticate ed osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno.
In poche parole i rabbini predicano bene, ma razzolano male. Non sono testimoni credibili di ciò che insegnano. Sono degli ipocriti.
Seconda mancanza: il legalismo puntiglioso. La legge da eseguire era fatta di numerose prescrizioni (613 per la precisione) che i rabbini considerarono come una siepe per proteggere i Comandamenti di Dio. Gesù dice che quel carico era eccessivo, tant’è vero che loro stessi (i Rabbini) non osavano toccarlo neppure con un dito.
Terza mancanza: l’esibizionismo. L’esibizionismo di Scribi e Farisei, malati di vanità, viene descritto da Gesù con questi dettagli: ampliamento dei filatteri e delle frange, i primi posti a tavola e in sinagoga, il saluto plateale nelle piazze affollate e l’esibizione del preteso titolo onorifico di “rabbi”
La pagina di questa 31ª domenica del tempo ordinario resta, oggi, di grande attualità. Il fariseismo del tempo di Gesù rivive, con vesti nuove, nelle nostre realtà. Il comportamento farisaico è presente, oggi, nelle strutture e nelle comunità, sia civili che religiose. È presente, anche se in forma garbata, nelle nostre relazioni esistenziali e nelle nostre storie quotidiane.
Gesù mette tutti sull’avviso con i suoi ripetuti richiami: ma voi non fatevi chiamare “rabbì” (superiorità dottrinale); non chiamate nessuno “padre” (superiorità familiare); non fatevi chiamare “guide” (superiorità sulle coscienze). Alla base dei rapporti, Gesù pone l’uguaglianza di tutti con pari dignità, perché figli dello stesso Dio. Non c’è posto, quindi, per il dominio di pochi che cercano privilegi ed esibizioni vanitose. Questo mondo potrà evitare il baratro nel quale rischia di precipitare se, come titolo di gloria, accetta e vive il servizio, bandendo la follia del dominio di pochi su tutto e su tutti e… vivere sempre il servizio in semplicità di vita e umiltà di cuore “a partire da me, ma non per me”. (Martin Buber)
Buona domenica.
Don Giuseppe Fiorillo