Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 7 gennaio
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i,
con questa pagina di Marco (Mc 1,7-11) finisce la dolce e triste poesia del Natale, narrato da Luca e Matteo ed inizia la vita pubblica di Gesù con la sua venuta da Nazaret di Galilea alle rive del Giordano per chiedere a Giovanni il battesimo di penitenza.
Accostiamoci al testo:
“In quel tempo Giovanni proclamava: “Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali.
Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo”.
Ed ecco in quei giorni Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito uscendo dall’acqua vide squarciarsi i cieli e lo spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo:” Tu se il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”.
La parola battesimo indica una immersione totale nell’acqua. Il battesimo, in questa forma, è presente in quasi tutte le religioni ed è considerato un rito di purificazione. Bagni ed abluzioni erano in uso in Israele al tempo di Gesù. Presso gli Esseni di Qumram i lavaggi di purificazione erano una pratica quotidiana.
Il rito del battesimo di acqua qualifica l’attività di Giovanni a tal punto da essere chiamato dalla gente il Battezzatore. Giovanni riprende pratiche in uso, ma introduce delle novità. Non battezza, prima di tutto, in luoghi di culto (Tempio o sinagoga), ma, all’aperto, presso le rive del fiume Giordano. Inoltre il suo battesimo richiede la conversione e la penitenza (Mc. 1,4). Il suo battesimo va sul piano morale più che su quello rituale. Inoltre, nella sua umiltà, afferma, con parole chiare, che la sua azione è un anticipo di un evento altamente più importante: “Io vi ho battezzato con acqua, ma egli, il Messia, vi ribattezzerà con lo Spirito Santo (Marco 1,8)
E un giorno arriva Gesù e Giovanni lo scorge, vedendolo nell’acqua, in fila per essere battezzato.
Gesù si presenta in fila con i peccatori, come un uomo qualunque. Con questo gesto Gesù partecipa la sua adesione al suo popolo e all’umanità tutta intera, prendendo su di sé tutto il dolore umano.
Gesù rivela così la capacità di espropriazione e di spoliazione: “Cristo Gesù pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e una morte di croce” (Filippesi 2, 6-11).

Cristo si mette in fila e sta con la gente. Cogliamo e facciamo nostro questo insegnamento.
Oggi siamo in un mondo alienato, perché tutti vogliono i primi posti con mezzi leciti o illeciti. Siamo in una storia dove i più forti scavalcano la fila, si prendono i posti di comando in tutti i campi, lasciando a terra un esercito di “scarti”. Il potere per loro non è un servizio, come insegna Cristo, ma un dominio di pochi, spesso violenti, su una moltitudine. Domina oggi a partire dai piccoli, dai banchi della scuola, la competizione più subdola in questa “aiuola che ci fa sì feroci” (Paradiso 22,151). Questa ansia del primeggiare, dell’apparire umilia l’essere e favorisce l’avere.
La sete dell’avere porta sempre più nevrosi, solitudini, paure, angosce.
Il nostro mondo ha bisogno di sane relazioni se non vogliamo sprofondare nell’abisso dell’incomunicabilità. Cristo si è fatto uomo per comunicare con gli uomini e relazionarsi con essi.
A noi ha dato un compito: aprire feritoie di luce nei muri dell’indifferenza; abbattere muri e costruire ponti che uniscono le civiltà umane. E sempre, sempre avere il desiderio di fare qualcosa che ci avvicina a Gesù che “passò nel mondo facendo del bene e guarendo tutti” (Atti 10, 38).
La nostalgia del Bene salverà questo mondo, violentato da guerre, turlupinato da corruzione, spaventato da pestilenze.
Buona domenica del battesimo del Signore e sentita memoria del nostro battesimo.
Don Giuseppe Fiorillo