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Sviluppo, innovazione e lavoro al Sud, una questione di identità e… di scelte da fare

Modeste riflessioni a margine dell’incontro in Confindustria per presentare l’avviso pubblico “Ricerca & Sviluppo”

di Maurizio Bonanno

Proprio ieri, la sede di Confindustria Vibo Valentia ha ospitato un interessante incontro per illustrare l’avviso pubblico “Ricerca & Sviluppo” per il Sostegno a Progetti di Attività di Ricerca, Sviluppo e Innovazione, finanziato dalla Regione Calabria.

Come raccontano le cronache, si è trattato di una tappa del roadshow di approfondimento in tutte le province calabresi che sta portando avanti la vice presidente della Giunta Regionale Giusi Princi, considerato che si tratta di una co-progettazione proprio con Confindustria, che, dunque, tiene conto dei bisogni del tessuto produttivo calabrese da mettere in condizione di puntare all’innovazione, alla modernità; insomma, ai bisogni di una regione, che vuole essere sempre più competitiva.

Iniziativa di straordinaria importanza, che merita una riflessione più articolata, soprattutto tenendo conto delle realtà territoriali e, in questo caso, del territorio vibonese, al quale guardiamo con maggiore e più diretto interesse.

In premessa, è utile tenere presente che, a nostro modesto parere, il tema del lavoro al Sud non è né una questione di qualità né una formalità: è una questione di identità. In questo senso, le scelte da fare, se si vuole puntare su un’economia di sviluppo concreto, devono riguardare l’innovazione, a patto che sia indirizzata verso quei settori che in un territorio possano essere trainanti e che al Sud guardano al turismo (e per esso, ai beni storici, culturali, paesaggistici) ed all’agricoltura legata alla ricca produzione enogastronomica.

Si tratta di consolidare e riaffermare come il Sud possa trovare la propria strada per un’idea di professionalizzazione pienamente identitaria puntando sulla forza della propria unicità, in funzione di un pensiero forte, coraggiosamente meridionale allineando quindi la progettazione, lo sviluppo e l’uso delle tecnologie digitali ai valori a fondamento delle culture millenarie come quelle che caratterizzano il nostro Sud Italia per raggiungere obiettivi concreti, ambiziosi e duraturi.

La necessità di integrazione con i tempi e i modi di un territorio devono quindi essere al centro della armonizzazione con una crescita sociale e culturale, etica e sostenibile.

L’esperienza attuata in questi ultimi anni a Vibo Valentia, ha dimostrato come l’impresa culturale, fondata sull’arte e la cultura che sia strettamente legata all’etica ed all’umanesimo (si pensi ad un esempio concreto come quello del CEV, unico atto tangibile e superstite che ricordi l’anno in cui la città è stata Capitale Italiana del Libro), possa sicuramente prosperare anche in un contesto dominato dalla globalizzazione, dall’intelligenza artificiale e dalla smaterializzazione, elementi che non devono essere visti come ostacoli, bensì come opportunità per rafforzare la dimensione di un’impresa come quella culturale, sebbene nell’immaginario collettivo ancora oggi venga considerata economicamente ininfluente quando non addirittura sconveniente. Per esempio, la globalizzazione offre la possibilità di raggiungere nuovi mercati per i prodotti culturali, mentre l’intelligenza artificiale può essere utilizzata per migliorare la produzione e la distribuzione di contenuti culturali. La smaterializzazione, invece, può favorire la diffusione di idee e valori culturali senza confini fisici, a vantaggio di un ritorno di valore anche sul prodotto che così si può slegare dall’impeto del consumo “fast” tanto preponderante nelle attuali generazioni social.

Da qui la necessità di progetti da sostenere e finanziare a dispetto del fatto che possa apparire come argomento desueto in una società digitalizzata come quella odierna, che il digital divide resti ancora una costante fondamentale per impostare le strategie di sviluppo lavorativo, specialmente quando si parla di diseguaglianze strutturali fra Nord e Sud.

Ed allora, guardando alla realtà piccola quanto complessa come quella di Vibo Valentia e del Vibonese tutto, una strada da percorrere e favorire potrebbe essere quella legata alle potenzialità offerte dalle arti e dalla cultura e delle imprese a esse correlate, sia quelle che vedono nella creatività il loro core aziendale (si pensi, ad esempio, alla straordinaria opportunità che ha questo territorio nel momento che è sede della Orchestra Sinfonica della Calabria, una ICO, Istituzione Concertistica Orchestrale, ovvero una delle 12 Orchestre Sinfoniche riconosciute in Italia dal Ministero, che proprio per questo può offrire concrete opportunità lavorative a giovani musicisti altrimenti costretti ad andare via), sia quelle con impostazione creative driven, capace di allineare aspetti di business ad una proposta culturale e/o creativa, ridefinendo e talvolta valorizzando un proprio vantaggio competitivo (non dimentichiamo che Vibo Valentia è stata considerata da qualificati esperti, ad esempio Philippe Daverio, come un “Museo diffuso all’aperto; e, comunque, è già in possesso di un Parco Archeologico non ancora utilizzato e messo a frutto aprendolo al pubblico).

Un simile imprinting può generare un forte impatto a livello di marketing territoriale, ma quali ulteriori step sono necessari per rafforzare questa potenziale industria culturale?

Il territorio può contare su siti storici e archeologici di rilevante interesse. Consolidare l’offerta culturale significa anche lavorare sul processo di valorizzazione degli aspetti identitari e di diversificazione, in modo che si possano intercettare sempre più flussi turistici non trascurando il turismo di prossimità a contenuto storico, artistico e culturale, che può dare vita ad un’opportunità di marketing sostenibile e di grande valorizzazione del patrimonio dei territori.

Resta ora da vedere se questa potenziale spinta produttiva, «incoraggiata» in maniera determinante con l’innesto di fondi pubblici, sia poi in grado di camminare da sola e se gli operatori locali saranno capaci di creare delle realtà solide, a prova degli smottamenti di mercato.

Ma per cominciare, è necessario progettare, programmare, pianificare.

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