Prime superficiali analisi e riflessioni ad urne ancora calde, a conclusione delle amministrative a Vibo Valentia

di Maurizio Bonanno

Mentre, cogliendo al volo il gesto elegante del sindaco uscente Maria Limardo, i leader vibonesi di Forza Italia si sprecano in dichiarazioni di fair play rivolti al sindaco eletto Enzo Romeo (in ordine di apparizione, come si direbbe al termine della visione di una commedia: Giuseppe Mangialavori, Michele Comito, Tonino Daffinà), ancor prima di prendere possesso dello scranno più alto di Palazzo Luigi Razza, il neoeletto compie già il primo gesto politico affiancandosi agli altri sindaci calabresi nel contestare la neonata legge sulla Autonomia Differenziata.

Romeo, infatti, a poche ore dalla sua elezione, come primo atto ufficiale ha sottoscritto l’appello “Una sola Italia”, lanciato dal sindaco di Catanzaro Nicola Fiorita e che vede tra i primi firmatari i sindaci di Cosenza Franz Caruso, di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, di Crotone Vincenzo Voce, di Corigliano-Rossano Flavio Stasi, di Castrovillari Domenico Lo Polito, di Siderno Mariateresa Fragomeni, di Villa San Giovanni Giusy Caminiti, di Palmi Giuseppe Ranuccio.

La sconfitta di Vibo Valentia, comunque sia, non può non bruciare al centrodestra calabrese ed innanzitutto vibonese. Ciononostante, sebbene i citati tre leader, nel dare l’onore delle armi a Romeo, non nascondano le rispettive responsabilità, vi è invece chi quasi si complimenta con se stesso per la singola performance della “sua” lista scaricando sugli altri le colpe della sconfitta, anzi esaltandosi per la buona prova (taroccata?) al primo turno (come dire? È la Croazia che ha vinto perché Zaccagni ha segnato al 98’!).

Una boutade? Un’ironia sottesa e non compresa? Una provocazione?

Misteri della politica vibonese e di un centrodestra dentro il quale già da ieri pomeriggio, quando la vittoria di Romeo si stava appena compiendo, riecheggiavano le parole sibilline di Maria Limardo: “Non commento il risultato politico, verrà il tempo della riflessione”.

Fatto sta che si deve dare atto del gesto di umiltà dell’on. Mangialavori, che, ancora a urne calde, si è dichiarato “colpevole” assumendosi oneri politici che non sono, non possono essere addebitati soltanto a lui. Il consigliere regionale Michele Comito, d’altro canto, riconosce: “Abbiamo perso tutti, così come in caso di vittoria avremmo vinto tutti. Questa è la verità. In ogni caso, insieme agli alleati ci siederemo molto presto per analizzare il voto”; mentre Tonino Daffinà si limita a ringraziare Roberto Cosentino per il suo grande impegno profuso in questa sfida che lui stesso definisce, come per giustificarsi: “difficile e organizzata in poco più di 30 giorni”. 

Altri hanno scelto il silenzio, ma – se si vuole essere politicamente coscienziosi – a una domanda si dovrà pur rispondere per spiegare, innanzitutto a se stessi abbarbicati alla poltrona di una presunta leadership politica, che cos’è che non ha funzionato dopo un quindicennio di ininterrotto dominio in città.

Perché, attenendosi solo ad una lettura immediata e superficiale dei dati, appare evidente che a Vibo Valentia il ballottaggio di domenica e lunedì scorsi ha consegnato un dato pressoché omogeneo: Enzo Romeo, sia pure espressione del cosiddetto “Campo Progressista e di Sinistra”, si è mostrato come un moderato affidabile che è praticamente prevalso in quasi tutte le sezioni. Sulle 37 sezioni che componevano il puzzle elettorale del territorio comunale, il candidato del centrodestra Roberto Cosentino ha tagliato per primo il traguardo solo nelle due sezioni di Piscopio e in una di Vena Superiore; in Vibo Centro, Cosentino l’ha spuntata solo in due sezioni: la 18 al liceo Vito Capialbi e alla 37 alla scuola dell’Infanzia di Via Palach (dove votavano i residenti del popoloso quartiere di Moderata Durant). Per il resto, Romeo ha tenuto anche nelle frazioni: a Triparni come tradizione, ma ha vinto anche a Longobardi, ha tenuto addirittura a Vibo Marina (tradizionale feudo di centrodestra), dove Cosentino può consolarsi solo nella sezione 29.

Su questi dati reali e concreti dovrebbe partire un’analisi che voglia essere politicamente costruttiva, anzi “ricostruttiva” del centrodestra vibonese; dati che riguardano il ballottaggio, ovvero la partita completa, quella che va oltre al 90’ ed ha consentito a Zaccagni di far passare il turno all’Italia con un gol al 98’.

Perché – come diceva il buon vecchio Boskov – partita finisce quando arbitro fischia!

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