L’idea del neo sindaco di Vibo Valentia di tagliare i compensi di amministratori e consiglieri comunali, anima il dibattito politico. Ospitiamo le diverse opinioni
di Franco Tigani*
La discussione aperta sui costi della politica e sul dibattito pubblico che si è innervato intorno al programma elettore del Sindaco Romeo relativamente a questo aspetto, richiede, da parte di tutte le forze politiche una seria riflessione non solo e non tanto per la conclamata riduzione della spesa in ordine a tale aspetto, ma anche per cogliere la portata sociale e di costume lasciati in eredità dall’andata, oramai esaurita, della campagna di antipolitica lanciata anni fa dai grillini e sulla quale gli stessi hanno costruito buona parte delle loro fortune politiche, prima di scemare nell’alveo del sistema, in altri tempi vilipeso e nel quale si sono tranquillamente e comodamente adagiati godendo dei relativi privilegi.
Il centrodestra, nel suo programma elettorale, non si è interessato di questo aspetto, ne è dato sapere quali sono gli orientamenti delle singole forze politiche che lo compongono se non sporadiche prese di posizione, anche divergenti, vaghe dichiarazioni di principio e un atteggiamento di sostanziale indifferenza nei confronti di un aspetto non ritenuto centrale nel dibattito politico.
Giova però ricordare che il problema, se di problema si tratta, ha ripreso vigore in seguito alla approvazione della legge finanziaria del 2021 con la quale il Governo Draghi aveva disposto il raddoppio delle indennità degli amministratori e i gettoni di presenza dei consiglieri degli enti locali, raddoppio ripartito in tre anni e che è andato a regime il primo gennaio del 2024.
Giova anche ricordare che quel provvedimento è stato votato, tra gli altri, dal partito democratico e, ironia della sorte con evidente contraddizione politica, anche dal movimento cinquestelle cioè proprio dagli pseudopaladini dell’antisistema. Unica forza politica a votare contro è stata Fratelli d’Italia.
In effetti quel provvedimento ha reso estremamente appetibile non sola la carica di Sindaco, vicesindaco, assessore, presidente del Consiglio ma anche quella di semplice consigliere, con importi che variano da un minimo di 1.552,50 euro mensili per un consigliere ad un massimo di 9.660,00 euro per il sindaco nella fascia relativa alla nostra città.
In effetti il comune di Vibo eroga mensilmente i seguenti importi:
Sindaco, euro 9.660,00
Vicesindaco, euro 7.245,00
Assessori, euro 5.796,00
Presidente del Consiglio, euro 5.736,00
Consiglieri: importo del singolo gettone di presenza euro 32, 53, o, in alternativa, indennità massima di euro 1.552,50.
Ciò ha fatto lievitare la spesa per il funzionamento degli organi per il Comune di
Vibo Valentia da euro 5.00,00 a 45.000,00 circa, per un totale di 600.000,00 euro annui.
Sono molti, sono pochi? Difficile esprimere una valutazione oggettiva avulsa da furore ideologico ma anche da una massiccia dose di invidia sociale che spesso permea gli argomenti intorno ai quali ruotano interessi economici più o meno rilevanti. Di certo la legge non offre altro criterio se non quello della semplice copertura della carica per gli amministratori e quello “della effettiva presenza” per i consiglieri. Nulla dice in ordine alla qualità dell’espletamento della funzione per cui esistono (molte) categorie di amministratori e consiglieri che dovrebbero sicuramente vergognarsi di percepire compensi e (pochi) amministratori e consiglieri che meriterebbero molto di più.
Comunque parliamo di cifre ragguardevoli se si pensa che un dipendente comunale di sesta qualifica funzionale, senza assegni, non supera mensilmente i 1.500,00 euro e un dirigente incassa poco più di 3.000,00 euro.
Che il costo della Politica sia tenuto in altissima considerazione da parte del legislatore è fuori dubbio, tant’è che nella struttura del bilancio pubblico, nel prospetto spesa, quella per il funzionamento degli organi istituzionali trova allocazione in cima a tutte le altre e precisamente nel titolo primo, missione 01, programma 01, come dire, prima si programmano queste spese e poi tutte le altre.
La maggioranza che governa la città si è data come obiettivo la riduzione dei costi della politica ed in particolare il programma del Sindaco a pagina trenta, capitolo quarto, al paragrafo riduzione dei costi ed efficienza della politica prevede una riduzione dei compensi nell’ordine “… di almeno il 20%.”. Aggiunge anche che “…bisogna ridurre i costi della politica perché in un contesto particolarmente grave nel quale si registra un aumento esponenziale della povertà, l’aumento dei costi della politica è un pessimo segnale e non possono essere i cittadini a dover sostenere il dissesto finanziario dell’Ente comunale”.
Registriamo, in via preliminare che l’affermazione dell’aumento esponenziale della povertà in citta è del tutto gratuita e non suffragata da alcun elemento statistico e fattuale. Anzi, i dati relativi al primo trimestre dell’anno in corso, diffusi sia dall’ISTAT, che da riviste e quotidiani specializzati come Il Sole 24 Ore, registrano significativi parametri di espansione sia dell’occupazione nel settore privato, più 3%, sia nel settore del lavoro autonomo che, sulla sola città capoluogo segnala un saldo positivo di partite iva nell’ordine di 83 unità. Non solo “…l’aumento dei depositi banca e postali, accompagnato da maggiori investimenti in titoli di stato, a breve e medio termine, denota la capacità di risparmio delle famiglie che non si accompagna ad una riduzione dei consumi…” Rapporto ISTAT del 30.04.2024.
Che poi l’aumento dei costi della politica sia un pessimo segnale ci trova particolarmente d’accordo, con la precisazione che tale aumento non è orfano di responsabilità precise che risalgono ai tempi del Governo Draghi ed alle forze politiche che quel Governo appoggiavano.
Preme anche precisare che il Comune di Vibo Valentia non si trova in alcuna condizione di dissesto finanziario o predissesto , per come previsto dal testo unico degli enti locali ,e che la situazione di disavanzo pregresso è ampiamente rientrata attraverso l’opera del sindaco pro tempore Maria Limardo e dell’assessore al Bilancio Teresa Nardo e si è chiusa definitivamente grazie al decreto del ministero dell’interno del 21 dicembre 2023, che porta la firma del sottosegretario all’Interno Wanda Ferro, coordinatrice regionale del mio partito e che assicura 30,8 milioni di risorse finanziarie che il ministero trasferirà annualmente al comune di Vibo per i prossimi 15 anni.
Ciò premesso, se il Sindaco ritiene di diminuire i costi della politica attraverso “…la necessità di una riorganizzazione delle commissioni per renderle efficienti…” si sbaglia di grosso. Il regolamento che norma l’attività delle commissioni risale all’anno 1998 ed è stato approvato quell’anno dal Consiglio comunale con delibera numero 10. Più volte rimaneggiato, ha trovato stesura definitiva, da ultimo, con delibera del consiglio comunale numero 39 del 08.07.2020 che, se non andiamo errati, è stato approvato ad unanimità.
Esso, all’articolo 5, nei commi 1,2,3,4, ne detta le competenze che spaziano nell’universo mondo e, quindi, consentono di discutere di un amplissimo ventaglio di argomenti. Inoltre non pone limiti al numero di riunioni che possono essere tenute in qualsiasi momento. Da ciò discende la facilità di raggiungere il tetto massimo di presenze e maturare il massimo della indennità.
In teoria esistono diversi strumenti per ridurre la frequenza delle riunioni. La prima attiene alla sensibilità istituzionale di consiglieri e presidenti i quali dovrebbero convocarle solo per motivi strettamente necessari, quali, ad esempio la richiesta di parere sulle pratiche da discutere in Consiglio. Potrebbero essere convocate solo di pomeriggio e non di mattina. Ciò consentirebbe all’Ente di risparmiare la cospicua spesa di rimborso delle ore lavorative, con relativi contributi, al datore di lavoro il cui costo spesso, e di gran lunga superiore al valore del gettone di presenza. Potrebbero essere convocate sole nei giorni di rientro pomeridiano dei dipendenti i quali, se fungono da segretari delle commissioni, non percepirebbero gli straordinari. Potrebbero essere ridotte di numero con accorpamento di competenze. L’esperienza sia di Consigliere comunale, di consigliere provinciale e di revisore degli enti locali, ci insegna, al contrario, che di regola si agisce esattamente al contrario , cioè si organizzano i lavori delle commissione, in modo tale che i componenti, sedendo anche in più commissioni possono maturare il numero necessario di sedute al fine di conseguire il massimo della indennità anche attraverso lo strumento del calendario fisso settimanale e, in caso di mancanza di argomenti da trattare, con il sistematico rinvio delle pratiche in itinere, in riunioni da tenersi possibilmente di mattina e godere, così anche del vantaggio dei permessi e allontanarsi dal posto di lavoro.
Di fronte a tali atteggiamenti diffusi, tollerati, consentiti, ogni tentativo di modifica del regolamento di funzionamento delle commissioni sarebbe vano e non sortirebbe effetti concreti. La regola aurea per ridurre drasticamente i costi di tutti gli organi istituzionali risiede esclusivamente in quella enunciata pubblicamente dal presidente del consiglio comunale protempore Giuseppe Muratore e che gli addetti ai lavori conosciamo perfettamente e cioè la drastica riduzione dell’indennità del sindaco, e, a cascata, tutta quella degli altri organi che da essa dipendono, per come previsto dal Tuel.
Bene, invitiamo il Sindaco a tenere fede agli impegni assunti in campagna elettorale, gli chiediamo uno scatto di orgoglio, dia un segnale ancora più forte rispetto a quanto annunciato, alzi la percentuale della riduzione. Il 40% di riduzione consentirebbe un risparmio di circa 240.000,00 euro annui, una somma, questa si, cospicua che riporterebbe l’entità della spesa all’anno 2020, cioè anteriore all’aumento disposto dal Governo Draghi.
Tra l’altro dalla lettura degli atti parlamentari propedeutici sottesi alla proposta dell’aumento delle indennità si evince che la stessa era incardinata sulla necessità di riconoscere agli amministratori locali, ed in particolare ai sindaci, un maggiore compenso economico a fronte del rischio intrinseco nell’espletamento del mandato di incorrere, spesso, nel reato di abuso d’ufficio. Alla luce della novella legislativa apportata ultimamente dal Parlamento che, su proposta del Ministro Nordio ha sostanzialmente abolito tale fattispecie di reato, viene a mancare il presupposto fondamentale giustificativo dell’aumento e quindi, a maggior ragione, si appalesa necessario il decurtamento di tutti i compensi.
Il Sindaco lo faccia, subito, con un atto monocratico seguito da una delibera di Giunta e una di Consiglio, ben sapendo che iniziative di tale portata o maturano subito, ad inizio consiliatura, o svaniscono nel porto delle nebbie. Siamo pronti a dargliene pubblicamente atto e siamo sicuri che all’interno della sua maggioranza non può che trovare ampio consenso, dando per scontato anche l’assenso delle minoranze che, a livello nazionale, a suo tempo, hanno votato contro il provvedimento di aumento delle indennità ed oggi, coerentemente, non avrebbero alcuna difficoltà ad appoggiare provvedimenti tesi a decurtare il famigerato “gettone di presenza”.
*Franco Tigani, Dirigente provinciale Fratelli d’Italia, revisore legale Enti locali