È morto questa mattina all’ospedale di Palermo dove era ricoverato
di Maurizio Bonanno
Quegli occhi: spiritati, invasati, magnetici, che quasi uscivano dalle orbite.
E quella corsa impazzita braccia alzate per andare incontro alla gloria ed alla magia.
Non li dimenticheremo mai quegli occhi e quella corsa: rappresentava tutti noi, quella voglia matta di vincere e divertirsi, di vivere in un mondo che ci sembrava magico ed a nostra disposizione, nel senso che potevamo disporne per realizzare le nostre magie.
Ed erano le notti magiche dell’estate del 90.
I mondiali in casa, l’Italia che era il mondo, un mondo bello e vincente.
L’anno prima era stato l’anno della caduta del Muro di Berlino, della vittoria del mondo occidentale che abbatteva barriere e muri ed univa tutti in un sogno di libertà che sapeva di magia.
L’Italia bella e vincente che accoglieva il mondo promettendo Notti Magiche.
E l’emblema era il volto di Totò Schillaci.
Proprio lui rappresentava la realizzazione, la conferma che i sogni si possono realizzare. Veniva dal profondo Sud, da una lunga gavetta nelle serie inferiori. In Nazionale non partiva da titolare, subentrato si ergeva a protagonista a suon di gol raccontando a noi tutti che con il lavoro, il sacrificio, la passione e l’entusiasmo si arriva. Si arriva in alto portando in alto tutti, tutta la squadra. E la Nazionale – bella, giovane, allegra – avanzava, vinceva con i suoi gol. E la sua corsa felice, i suoi occhi che esplodevano, mentre noi esplodevamo con lui.
Era l’entusiasmo delle Notti Magiche. Di un periodo magico per l’Italia, che si pasceva nell’opulenza, nella Milano da bere, del mondo ai nostri piedi, di un entusiasmo travolgente come gli opulenti anni ’80 che stavamo lasciando carichi di entusiasmo e sogni, sogni di magia.
Totò Schillaci era l‘uomo capace di fare innamorare l’Italia intera nei Mondiali del ‘90 con i suoi gol e quel suo sguardo di una potenza travolgente.
Ci rispecchiavamo in lui.
Ma… è proprio vero che il calcio è metafora della vita.
È proprio vero che il fascino di questo sport è legato alla forza rappresentativa di ciò che siamo e viviamo nel quotidiano.
Quel Mondiale, quelle Notti Magiche, furono un’incompiuta.
Non vincemmo il Campionato del Mondo. Ci fermammo sulla soglia.
Perché la metafora della vita si stava compiendo, rappresentando, mostrandoci il futuro prossimo venturo.
Era finito il tempo dell’opulenza, della magia, dell’entusiasmo.
Nel ’92 partiva tangentopoli e la fine della “prima repubblica”; l’entusiasmo si trasformava in rabbia, la sensazione di avere il mondo ai propri piedi in una profonda delusione, mentre le “notti magiche” si trasformavano in incubi che nella notte non ci facevano più dormire.
Totò Schillaci rimane legato a quel simbolo, alla prestigiosa parentesi azzurra (7 gol in 16 presenze: oltre al titolo di re dei bomber del Mondiale anche un terzo posto con la Nazionale e un secondo al Pallone d’Oro 1990, dietro al tedesco Lothar Matthäus), prima della ricca esperienza vissuta in Giappone (58 reti in tre anni) dove ha concluso la carriera, in una discesa che lo ha portato alla malattia ed a questa triste fine prematura.
Piangiamo la morte di un campione che in qualche modo è anche lui un incompiuto, come noi che le notti magiche le abbiamo vissute attraverso i suoi gol ed alla sua speciale esultanza. Ammantati tra ricordi nostalgici e malinconici, ripensando a ciò che siamo stati, che volevamo essere ma forse non siamo diventati, non del tutto…
Totò Schillaci se ne va portando con sé questa malinconia, questa nostalgia di ciò che sarebbe potuto essere ma che non è stato per intero fermandosi sulla soglia. Come quella Nazionale bella ed allegra fermatasi in semifinale. come il suo secondo posto al Pallone d’Oro.
Ecco, come Totò siamo la generazione che non si è compiuta fino in fondo, ma…
Quegli occhi: spiritati, invasati, magnetici, che quasi uscivano dalle orbite.
E quella corsa impazzita braccia alzate per andare incontro alla gloria ed alla magia.
Non li dimenticheremo mai… perché eravamo noi, come lui ci rappresentava!