Per il segretario generale Carlo Parisi, si tratta di «una vicenda che, se confermata, apre inquietanti interrogativi sulla libertà dei giornalisti in redazione e sull’uso degli ammortizzatori sociali»
Giornalisti spiati!
Da quando si è sparsa la notizia dell’operazione conclusa dalla Questura di Vibo Valentia guidata da Rodolfo Ruperti che ha portato la Procura della Repubblica ad emettere la misura cautelare del sequestro preventivo, al di là di ogni altro aspetto dell’inchiesta, è proprio questo particolare che ha creato sconcerto. L’idea che possa esistere un editore che tiene sotto controllo i propri giornalisti spiandoli quando sono a lavoro, in redazione, mentre elaborano il loro servizio che dovrebbe avere nella libertà la caratteristica irrinunciabile.
Possibile? Possibile che in un Paese democratico come l’Italia accada che nel 2024 vi siano giornalisti che in servizio sono spiati dal proprio editore?
La libertà di stampa è un diritto imprescindibile, perché consiste nella libertà di espressione e di comunicazione attraverso i mezzi di informazione.
Si tratta di un diritto sancito anche dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, che ogni Stato di diritto dovrebbe garantire ai cittadini ed alle loro associazioni, per assicurare la conseguente esistenza della libertà di parola e della libertà di opinione.
Il diritto di libera stampa comprende tutti i canali di informazione (giornali, radio, televisioni, provider internet, agenzie di stampa), e si estende al diritto all’accesso ed alla raccolta di informazioni (nonché alle procedure volte ad ottenere informazioni da comunicare al pubblico), aspetto questo fondamentale per tutelare le proprie fonti che, non a caso, il giornalista ha la facoltà di non rilevare, proprio in difesa di una libertà che, se posta sotto controllo, non è più libertà.
La libertà di stampa è una necessità per ogni società democratica. Non a caso, così non è in paesi nei quali il governo “filtra” l’informazione, lasciando passare solo ciò che sembra conforme alla propria ideologia. Non lo è, ad esempio, in Cina, dove il Partito Comunista controlla tout court l’informazione all’interno del paese e quel Partito Comunista si serve della tecnologia per controllare la comunicazione. E adesso sembrerebbe (il condizionale, più che un obbligo rappresenta un ultimo barlume di speranza), che così non è nemmeno presso una società vibonese di editoria multimediale, che lascia immaginare vi siano giornalisti che mentre lavorano sono spiati, come in un ambiente distopico che riporta agli scenari inquietanti descritti da Orwell.
È necessario che ciò si chiarisca e di questa necessità si fa portavoce il segretario generale del sindacato dei giornalisti Figec Cisal, Carlo Parisi.
Pur Concordando con la Questura di Vibo Valentia sul «pieno rispetto del diritto della persona sottoposta ad indagini e dell’imputato da non considerare colpevole sino alla condanna definitiva, come sancito dalla Costituzione», Carlo Parisi, esprime «forte sconcerto per i fatti emersi dalle indagini e piena solidarietà ai giornalisti coinvolti» auspicando che «sia fatta al più presto piena luce su una vicenda che, se confermata, apre inquietanti interrogativi sulla libertà dei giornalisti in redazione e sull’uso degli ammortizzatori sociali».
La libertà di stampa, e con essa la libertà del giornalista, è un bene, oltre che un diritto, intoccabile: ovunque, in ogni parte del mondo. Ed anche a Vibo Valentia