Piccole riflessioni amare… rileggendo Pirandello
di Maurizio Bonanno
Luci, addobbi, regali? È una corsa ad esibire l’allestimento più bello in un esibirsi opulento quanto vuoto tralasciando che il Natale è molto di più: è la festa più attesa dell’anno.
Ma cos’è oggi il Natale, oltre ai regali, alle laute cene e pranzi da organizzare, alle stanze da decorare?
Se, in questi giorni di festa, capiterà di trovare un po’ di tempo da dedicare a se stessi, il suggerimento è quello di prendersi una pausa e dedicarsi alla lettura di un libro: il consiglio è dedicarsi ad uno dei racconti più belli di Luigi Pirandello: “Sogno di Natale”.
Sarà un modo per ritrovare il senso della festa più attesa dell’anno nelle piccole cose, nell’umiltà. Perché ci ricorda che è festa ovunque: nelle chiese, nelle case, intorno alle tavole imbandite, nell’aria che risuona dei sacri canti natalizi. E perché ci pone dinanzi ad interrogativi fatalmente attuali.

La sentiamo davvero quella gioia collettiva del clima natalizio? O la viviamo di riflesso, per tradizione, per cultura, per semplicismo religioso?
Pirandello per riuscire a viverla anche da adulto, questa gioia del Natale, dovette immergersi nei suoi sogni di infanzia. Quando era festa dovunque e per davvero: in ogni chiesa, in ogni casa: intorno al ceppo, lassù; innanzi a un Presepe, laggiù; volti noti riuniti in lieta cena; quando erano canti sacri, suoni di zampogne, grida di fanciulli esultanti, contese di giocatori di tombola o di 7 e mezzo. E le vie delle città grandi e piccole, dei villaggi, dei borghi alpestri o marini, erano deserte nella rigida notte della vigilia perché tutti raccolti nella case a consumare cenoni ricchi, soprattutto ricchi di affetto, gentile e sincero. Di amore familiare.

Ma ecco che nella fredda notte della vigilia, lungo le vie del paese ormai deserte, improvvisamente appare Gesù. Come un fantasma bianco splendente, simile a una piuma sospinta dal vento, tende l’orecchio alle porte delle dimore più umili: cerca un’anima in cui rivivere. Riuscirà a trovarla nel corso del suo viaggio?
Perché è questa la domanda che oggi, in questa nostra epoca, dobbiamo porci. Con il rischio concreto di non saper dare la risposta.
Perché, in questo periodo della nostra storia, la verità è che il Natale nasconde anche tante ipocrisie. Vissuto, com’è oggi, in questo nostro tempo veloce, restano a galla queste ipocrisie in cui troppo spesso stritoliamo i nostri desideri.
E, come il Pirandello del “Sogno di Natale”, si è in cerca di sincerità, di un atto vero di carezza e di protezione. Di un sentimento che possa bastare al bisogno di rivivere, fors’anche per un minuto appena, la vita come era un tempo, in quel tempo privo dell’odierna ipocrisia di una gioia inventata e non reale, non vittime dei morsi dalle fauci dell’arrivismo, della prevaricazione, della prepotenza, dell’arroganza. Prodighi di sorrisi falsi, amari, buoni per un selfie da social. Sorrisi forzati per la necessità di apparire: non importa essere veri, professare sincerità; importa mostrarsi, esibirsi… per la necessità di apparire.
Che Natale è, un Natale così?!