Nato a Catanzaro da una famiglia ebraica originaria di Piscopio, paese che ha frequentato costantemente. Mente brillante, dotato di grande carisma, Franco Piperno è stato uno dei leader studenteschi del ’68 dirigente dell’Autonomia operaia
di Maurizio Bonanno
Non può passare senza una riflessione la morte a Cosenza di Franco Piperno, esponente storico della sinistra extraparlamentare e tra i fondatori di Potere operaio. Malato da tempo, era originario di una storica famiglia che a Piscopio ha le sue radici secolari, sebbene fosse nato a Catanzaro, città dove il padre si era trasferito per svolgere l’incarico di Direttore didattico. Aveva 82 anni ed era ricoverato in una struttura sanitaria di Cosenza, città dove ha vissuto l’ultima parte ella sua vita, avendo insegnato all’Università della Calabria ed essendo stato anche assessore comunale all’epoca in cui era sindaco Giacomo Mancini, ex segretario nazionale del Psi.

Non può passare senza una riflessione perché il nome di Piperno è legato ad alcune tra le vicende più note e controverse che hanno visto al centro la sinistra extraparlamentare.
La mia generazione lo sa bene. È la generazione che ha vissuto gli ultimi anni del Liceo e poi i primi dell’Università mentre imperversava in Italia quella che lui per primo, Franco Piperno, definì una “guerra. E, d’altronde, l’etichetta di “cattivo maestro” gli è rimasta appiccicata per tutta la vita con quella frase sulla «geometrica potenza» dispiegata dalle Brigate Rosse in via Fani, che fa il paio con quella sulla «terribile bellezza» del 12 marzo 1977, quando il centro di Roma venne messo a ferro e fuoco dagli autonomi, momento che di fatto diede l’avvio alla “svolta militare” della lotta della sinistra extraparlamentare.
Dopo gli studi superiori a Catanzaro, ancora liceale, si iscrisse al Partito Comunista Italiano, per venirne espulso nel 1967 prima dei moti studenteschi del Sessantotto. Frequentò il gruppo che pubblicava Classe operaia, rivista che si formò intorno alla figura di Mario Tronti (autore di “Operai e capitale”). Ben presto finì con l’essere uno dei più famosi leader del movimento del Sessantotto romano, partecipando da protagonista alla contestazione universitaria. Piperno si laurea a Pisa, iniziando la carriera universitaria come ricercatore nella facoltà di Ingegneria dell’università La Sapienza di Roma per poi insegnare al Politecnico di Milano e all’Università dell’Aquila.
È stato uno dei leader studenteschi del ’68 dirigente dell’Autonomia operaia e animatore della rivista Metropoli, fino a diventare esponente di spicco della sinistra extraparlamentare durante gli anni di piombo, fra i fondatori e ideologi del gruppo della sinistra extraparlamentare Potere Operaio, collocabile ideologicamente nell’alveo del marxismo operaista, del quale fu uno degli esponenti di spicco, al pari di personalità quali Toni Negri, Oreste Scalzone, Paolo Virno, Alberto Asor Rosa, Massimo Cacciari, Lanfranco Pace ed Emilio Vesce. Fu coinvolto, al pari di altri importanti esponenti operaisti, nel discusso e controverso Processo 7 aprile, nel quale fu condannato a due anni di reclusione per partecipazione ad associazione sovversiva, con pena prescritta.
Fu anche uno dei fondatori di Radio Ciroma alla fine degli anni ottanta.
Dicevamo che era nato e cresciuto a Catanzaro da una benestante famiglia ebraica, che ha ancora oggi le sue radici a Piscopio, la popolosa frazione di Vibo Valentia che custodisce la più significativa presenza di famiglie di origine ebraiche. E queste sue origini, Franco Piperno ha sempre ricordato e rispettato venendo spesso a Piscopio fino a tarda età e mantenendo contatti con figure importanti della comunità ebraica. Significative, in questo senso, appaio no le foto che lo ritraggono con il Rabbino Capo per l’Italia Meridionale Umberto Piperno e con la Presidente della Ucei (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane), Noemi Di Segni. Sono foto che lo ritraggono durante un’occasione davvero speciale, quando Franco Piperno, insieme alla moglie Marta Petrusevicz (anche lei ebrea e docente all’Unical) a Bova Marina, per la prima volta dopo 1.500 anni fu celebrato un “matrimonio ebraico”.


Figura complessa, uomo ed intellettuale profondo e sempre pungente, visse in maniera perigliosa gli anni più caldi con la condanna e la fuga all’estero, passando proprio dalla sua Piscopio, dove si nascose alcuni giorni in attesa di ricevere quei documenti utili per raggiungere e rifugiarsi in Francia grazie alla dottrina Mitterand. Fu un periodo complicato, indotto a riparare all’estero dai problemi giudiziari, pur insegnando all’ateneo “Pierre e Marie.Curie” di Parigi e poi all’Università del Québec a Montreal (UQAM) e POI alla Università dell’Alberta a Edmonton. Tornato in Italia dopo che la sua pena di due anni di reclusione venne prescritto, fu accolto da Giacomo Mancini, che da segretario nazionale del PSI ebe sempre un atteggiamento “comprensivo” verso quei “compagni che stavano sbagliando” per divenire professore di Fisica della materia all’Università della Calabria. Mancini lo tenne sotto la sua ala protettrice al punto da nominarlo anche assessore alla Cultura al Comune di Cosenza all’epoca in cui il primo cittadino era lui, ma continuando a fare politica anche sotto l’amministrazione del sindaco Eva Catizone. Negli ultimi anni il suo nome è stato legato al rilancio del progetto del Planetario a Cosenza.

Mente brillante, dotato di grande carisma. Franco Piperno non venne mai meno al suo modo di essere. Nella ricostruzione data davanti alla Commissione Moro, Piperno sostenne che in quegli anni si visse una piccola guerra civile, dove le parti contendenti erano, per usare il gergo marxista, il valore d’uso e il valore di scambio. Alcune sue dichiarazioni nel 20 marzo 2008 hanno suscitato perplessità, riguardo ad una, da lui sostenuta, “moralità dei brigatisti” e in un sotteso giudizio sul loro operato, affermando nel corso della trasmissione “Controcorrente” su Sky Tg24:«È una morale di guerra, non esiste solo una sua o una mia morale. La morale è multipla – ci sono persone che vanno a bombardare una città, e sono considerate degli eroi, e persone che sparano su un bersaglio determinato, che sono considerate dei criminali. Nel secondo caso, solo perché sconfitte»
Controverso è anche l’editoriale da lui scritto sul Il Quotidiano del Sud in occasione del decimo anniversario degli attentati terroristici a New York, definendoli «un evento dalla bellezza sublime», e i terroristi «un pugno audace di intellettuali».

La morte di Franco Piperno diventa comunque un’occasione per riflettere, per ripensare a quei momenti che caratterizzarono intere generazioni. C’ero, a quel tempo: ero un liceale in quella Vibo Valentia che vedeva i giovani confrontarsi, ragionare: c’ero in quegli anni a Vibo Valentia tra Radio Calabria e Radio Popolare, degli scontri anche duri, violenti, in piazza Municipio. C’ero anche a Roma tra il ’78 e l’80, tra il rapimento Moro ed i cortei per riaprire Radio Città Futura. C’ero, c’eravamo quando si ascoltavano e si analizzavano, si discuteva e ci si scontrava su quanto dicevano quelli che poi furono definiti i “cattivi maestri” e tra questi c’era lui, Franco Piperno.