L’opinione di uno storico militante vibonese della Destra a proposito della vicenda giudiziaria legata al leader nazionale della Destra Sociale
“Perché Gianni Alemanno resta in carcere nonostante non abbia fatto niente?
Me lo chiedo nella convinzione che la decisione di non concedergli la condizionale sia una prepotenza, che levargli la libertà sia una sopraffazione e una persecuzione. Un accanimento. Eppure, nessuno si indigna!”.
Inizia così una riflessione di Francesco Stinà. Storico militante vibonese della Destra. Stinà ha fatto pervenire in redazione queste sue personali considerazioni relative alla vicenda giudiziaria che coinvolge lo storico leader della Destra Sociale, Gianni Alemanno, oggi fondatore del movimento politico “Indipendenza”.
“Ha fatto il ministro, il sindaco, è stato uno dei più importanti capi politici della destra italiana, che oggi impazza al governo del paese – scrive Stinà – Ha allevato e promosso molti degli uomini e delle donne che oggi sono al potere. Ha combattuto decine di battaglie, politiche e sociali. In gran parte battaglie reazionarie, sovraniste, ma anche umanitarie e pacifiste. E comunque poco importa quali: le sue battaglie, battaglie che molti hanno condiviso, che io ho condiviso… e condivido ancora riconoscendolo come uno degli esponenti maggiori dell’estrema destra italiana, quella Destra Sociale della quale è stato il leader assoluto.
Adesso il giudice lo ha condannato a 22 mesi in cella, con un piccolo sconto, per avere violato alcune regole della condanna ai servizi sociali. Ventidue mesi comunque darebbero diritto alla condizionale. Perché non è stata concessa? Perché – è la risposta – è a discrezione del giudice. Ed allora, io penso, io dico che sì: c’è accanimento contro Gianni Alemanno”.
Dopo aver ricostruito la vicenda, Francesco Stinà propone le sue impressioni su quanto sta accadendo denunciando il silenzio che aleggia sul “caso Alemanno”, anche e soprattutto tra coloro che si dichiarano “garantisti”.
“Alemanno non ha fatto niente. Il reato per il quale è stato condannato non esiste. Ha subito calunnie processuali per un lustro. La decisione di non concedergli la condizionale è stata una prepotenza. Dove sono i garantisti? Quelli che, intanto, non hanno dubbi sul fatto che la Santanchè resti ministro?
Alemanno non ha ucciso, non ha ferito, non ha rubato, non ha stuprato. Era stato accusato di essere mafioso: assolto. Di avere truffato: assolto. Si è limitato, quando era sindaco, a chiedere agli uffici come mai un pagamento a un collaboratore, perfettamente legittimo, non era ancora stato effettuato. Lo hanno condannato per il reato di traffico di influenze. Un reato che nessuno sa cosa vuol dire. Il reato più inconsistente e indimostrabile, il reato più sfuggente del codice penale, quello voluto dalla sciagurata Legge Severino: traffico di influenze, ovvero le raccomandazioni.
E, quindi, giusto nella notte di Capodanno, l’arresto di Alemanno con un blitz buono per le prime pagine dei giornali, da presentare quasi come un gesto di antifascismo militante, piuttosto che di giustizia”.
“Non c’è accanimento? Io non sono sicuro: Alemanno aveva già scontato quasi tutta la pena, ma siccome ha violato le regole ora deve ricominciare da capo, e non più ai servizi sociali ma in cella. Paga per un peccato meno che veniale, lui già vittima di un processo che ha subito ingiustamente, visto come sono cadute le accuse a lui mosse, e vittima di una condanna ingiusta per un reato che non dovrebbe neppure esistere”.
Francesco Stinà conclude ponendo una serie di interrogativi.
“Non è questo accanimento? Nessun giudice di sorveglianza ha pensato che un peccato così veniale potesse essere perdonato, almeno la notte di Capodanno? Nessuno, nessuno soprattutto tra i garantisti dichiarati ha avuto un solo dubbio che, alla fine di questa assurda vicenda, Gianni Alemanno andrebbe risarcito per quello che ha subito, prima che punito?”.