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Ospedale di Vibo Valentia in tilt, dal Forum del Terzo Settore l’invito ad una collaborazione costruttiva e collaborativa

vibo pronto soccorso

Riceviamo e pubblichiamo questo intervento di Giuseppe Conocchiella, Portavoce del Forum del Terzo Settore

Quanto è accaduto domenica al Pronto Soccorso dell’ospedale Jazzolino di Vibo Valentia rappresenta, purtroppo, una triste conferma che invita soprattutto all’azione, piuttosto che limitarsi alla pur necessaria denuncia, passare ad iniziative che siano realmente incisive, come sollecitato dalla delegata dello SMI Alessia Piperno. Come evidenzia il Portavoce del Terzo Settore Giuseppe Conocchiella, che in proposito ci ha scritto rappresentando una sua analisi che volentieri portiamo all’attenzione dei nostri lettori.

“Le domande che gli addetti ai lavori dovremmo porci sono:

a) chi ha fatto il piano emergenza, urgenza, 118 in Calabria? Chi ha mandato nello stesso frangente temporale sei pazienti a Vibo e non li ha smistati tra Lamezia, Catanzaro, Reggio o Cosenza?

b) perché, nonostante l’organizzazione prevede, per come afferma la Nesci, che i primi accertamenti debbono essere fatti allo Jazzolino, dopo il primo o il secondo arrivo, chi di dovere nell’interesse dei pazienti non ha potuto o saputo intervenire per farli portare altrove dove i posti ci sono?

La sanità calabrese, a mio modesto parere, manca di teste pensanti liberi da condizionamenti politico-massonici-ndranghitisti, da un serio studio per realizzare una rete dei servizi integrata che riesca a garantire le risposte ai bisogni statistici degli ultimi due o tre anni. Continuare a gridare nei momenti eccezionali ha poco senso e crea ulteriore allarmismo che mette in panico il sistema, compresi i commissari burocrati, che non hanno possibilità di dare risposte non pianificate e nella fattispecie pianificabili.

Un’alluvione, un terremoto sono fatti straordinari a cui si risponde con strumenti e uomini straordinari, protezione civile. Nella sanità calabrese non esiste, se esiste manca chi lo faccia funzionare, un piano per l’emergenze sanitarie.

In conclusione, a noi mancano manager aziendali, programmatori capaci di costruire, nei vincoli delle leggi nazionale, un progetto calato su misura e costruito sugli addensamenti abitativi, sui vincoli olografici, sulla disponibilità dei centri ospedalieri, dei servizi sanitari di prossimità; ed ancora, viabilità, servizi di mobilità intercomunale, interprovinciale e regionale.

Senza una collaborazione costruttiva e collaborativa continueremo a solo a lamentarci come facciamo da più di cinque lustri in attesa che si costruiscono nuovi ospedali che non si riusciranno a raggiungere in meno di 40-50 minuti troppo tardi per le acuzie cardiache e cerebrali”.

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