Che tregua è questa? Che guerra è questa? Ma che pace è questa? E in che mondo vivranno i nostri figli?
di Franco Cimino
Ma che tregua è quella in cui si continua a bombardare?
A sparare. A distruggere. Massacrare vite umane, in particolare bambini.
Che tregua è quella in cui si gettano bombe su obiettivi civili, case, scuole, ospedali, strade?
Quel che restano ancora, evidentemente. Ché altro da distruggere non c’è. Resta solo l’annientamento totale della popolazione.
Un “genocidio”, sì così lo definisco senza indugio o paure di bacchettate sulle mani da parte dei linguisti d’occasione. Un totale annientamento di quella specifica gente, che possa garantire in futuro, dopo che la guerra avrà vinto, che non vi potranno essere uomini e donne di quella popolazione. “Patrioti “, che possano armare la loro reazione. O coltivare, crescendo le nuove generazioni, l’odio contro quel nemico che li ha massacrati. Li ha cancellati dalla faccia della terra.
Nei quaranta giorni di contestuale tregua imposta dal Trump del vecchio bullismo, sui due scenari di Gaza e di Ucraina, Netanyauh e Putin hanno continuato a bombardare, devastando e distruggendo. Ferendo e uccidendo. Un autentico massacro, senza contare le vittime militari, che sono in questi quaranta giorni molte migliaia. Negli ultimi tre giorni, nei raid e negli assalti dei potenti eserciti russo e israeliano, sono stati uccisi un centinaio di persone innocenti, i cosiddetti civili, se colpevoli si possano mai considerare i soldati in divisa.
Nella lunga Striscia di Gaza. Poco più di questi, sempre innocenti, in Ucraina. Dico con precisione dei morti degli ultimi due giorni.
A Gaza e nella lingua di terra stretta, che dalla Città continua, sono stati massacrati l’altro ieri e ieri, di notte, quarantotto persone. Di questi, la metà sono bambini. Le ultime agenzie di stamattina, dicono di un nuovo attacco aereo su una tenda e sul campo che raccoglie un po’ di profughi. Dicono di dieci morti, quasi tutti bambini e donne. Pare sia stato ucciso anche un giornalista. Un altro giornalista del numero incalcolabile di coraggiosi testimoni di questa violenza orribile, caduti per il dovere di difendere la libertà. Di tutti. Nell’intero pianeta. Ché la libertà d’informazione è servizio alla Libertà. La libera circolazione delle notizie vere, ne rappresenta la coscienza. Una parte fondamentale dell’essenza della Libertà.
In Ucraina, i numeri dei civili assassinati sono eguali. Uguale il numero dei bambini. In ambedue gli scenari di guerra sono stati ancora colpiti palazzi, abitazioni. E ancora scuole. Ancora ospedali. E quel che resta delle strutture viarie. Acquedotti e basi energetiche comprese. Addirittura, sono stati impediti, e apertamente con vanto (leggere le ultime dichiarazioni dei due criminali di guerre ricercati dalla Giustizia Internazionale, in particolare, dalla Corte Penale Europea), i passaggi dei convogli umanitari. Quelli più vitali, che portano cibo, vestiario, medicinali.
Ma che guerra è questa, in cui non un solo punto del Diritto internazionale è stato rispettato? Non un solo atto d’umanità è stato compiuto?
Che guerra è, questa, in cui le stesse risoluzioni internazionali, gli stessi documenti dell’ONU, gli stessi appelli del Papa, non vengono neppure letti?
Tutti bruciati come carta al fuoco. E che pace è quella di cui parla il teorico del nuovo pacifismo, quel Trump che ha già incendiato il mondo con una nuova guerra economica, chiamata comunemente dei dazi, ma che è poca cosa rispetto alla vera questione che sta sotto?
La guerra dei dazi cosiddetti, nasconde l’ideologia imperante, che con il potente tycoon americano, ha trovato il nuovo alfiere, il nuovo “ ideologo. Di più, il nuovo governante autoritario e, per sua contraddizione personale, illiberale (ammesso che licenza culturale possa concepire l’autoritarismo con il pensiero liberale) che la applica.
É quasi mai accaduto prima che un presidente dell’America, guida del mondo, si comportasse così. La rinnovata e rafforzata ideologia dell’autoritarismo, marca più duramente la netta divisione del mondo in due parti, chiaramente distinte e distanti, ma oggi non antagoniste nelle due classi che le potrebbero rappresentare. Quella minoritaria, composta da meno del dieci per cento della popolazione mondiale, e l’altra dal novanta per cento della stessa. La prima si arricchisce molto più di quanto già non lo fosse. La seconda, si impoverisce molto più di quanto da tempo non lo sia. Si ripete in questo schema il più antico dei meccanismi. Quello secondo il quale ci si arricchisce incredibilmente sulla povertà. Più povertà si crea e più estesa essa sia, più ricchezza per pochi si costruisce. È un meccanismo infernale, questo, che muove il sistema dell’ingiustizia consolidata, della dittatura dei ricchi elevata a codice morale e della riduzione a macchietta della leadership politica e della democratura ( brutta parola) osannata quale nuovo credo ideologico.
Infernale lo è sul piano umano e su quello dell’Etica politica e della morale. É assurdo dal punto di vista economico, perché si nega attraverso questo meccanismo, il valore profondo del Progresso, come le più antiche democrazie concepiscono.
Aldo Moro avrebbe detto Progresso nella Libertà. Quel processo cioè inarrestabile della costruzione della ricchezza generale nel principio, non riducibile, che essa sia distribuita proporzionalmente secondo meriti e bisogni. Prevalendo quest’ultimi quando le povertà siano talmente “emarginative” da contrastare con i diritti e la Libertà.
Si potrebbe dire ancora molto su questo tema e su come oggi sia letteralmente soppiantato da sovranismi ed egoismi di ogni genere, come dall’ignoranza feroce, che li genera. E li diffonde tra la gente ormai deprivata della coscienza di sé e della sensibilità politica dei cittadini.
Che pace è, allora, quella in cui il più forte vince sempre e chi ha aggredito per rubare territori, quei territori ottiene?
Che pace è quella che lascia le posizioni attuali così come sono state determinate dai massacri e dalle distruzioni?
Che pace è quella in cui non vengono pagati i danni causati e non ci si scusi, per non dire ci si penta, per le decine di migliaia di morti provocati?
Che pace è quella in cui i cosiddetti nuovi pacifisti dei poteri forti fingono di operare per la pace nel mentre chiedono per sé e per il proprio paese il compenso volgare di terre rare e risorse preziose, quali restituzioni del “prestito” di guerra, inizialmente motivato come sostegno al popolo aggredito da un paese violento e aggressore?
Ma che pace è quella in cui i pacifisti europei manifestano con forza per chiedere il disarmo totale mentre mantengono il silenzio nei confronti degli aggressori, che continuano a sparare, a colpire, a uccidere, a distruggere?
Ma che pace è quella nella quale il mediatore bullo diventa arbitro e poi si fa arbitro di parte che salva chi sta andando al tappeto e cambia le regole del gioco durante l’incontro ?
Ma torniamo alla guerra.
Che guerra è questa che si sta svolgendo nel silenzio generale del mondo intero? Un silenzio che va oltre la debolezza delle istituzioni umanitarie e democratiche. Va oltre la semplice logica della mediazione diplomatica.
Oggi questo silenzio è complicità, correità, da parte di tutti i governi occidentali. In particolare, di quelli dei singoli stati europei.
Un silenzio più colpevole é quello dell’Europa, totalmente assente sugli scenari di guerra. Guerra minacciosa per chiunque, per i tanti pazzi che la “ promettono” a destra e a manca, ma dalla quale l’Europa pensa di difendersi solo attivando la politica del riarmo, con costi stratosferici per i cittadini costretti a subire per altri decenni nuovi pesanti sacrifici.
Ma che pace è quella che viene proposta oggi, quale breve sospensione tra due guerre? E mantello sporco sui momenti di sospensione degli attacchi militari? Che pace è quella che vuol far riposare l’odio solo per il tempo che esso si riarmi più ferocemente?
Che pace è quella in cui non compare la parola dolore, pentimento, senso di colpa, volontà di riparare, per quel che è possibile, al danno prodotto a Stati, nazioni, popolazioni, famiglie, persone?
Che pace é quella in cui la stessa guerra, gli stessi anni di guerra, gli stessi morti e le stesse distruzioni, non siano contate nulla se i motivi per cui i barbari conflitti sono stati agiti restano e le volontà di occupare suoli e territori vengono mantenute?
E che che pace è quella in cui l’aggressore vince sempre, il potente prende tutto, e non intende pagare i danni che ha arrecato?
Che pace è quella in cui i cosiddetti pacifisti, o sedicenti tali, trattano la resa dei deboli e in questa pretendono che essi paghino in contanti, cedendo terre preziose e risorse importanti, ai paesi già ricchi che governano?
Che pace è quella che si vuol costruire senza il riconoscimento dei diritti dei popoli e delle nazioni? Senza il riconoscimento della libertà dei popoli di vivere nel proprio paese integro all’interno del territorio che gli spetta, integro e sicuro?
A tutte queste domande occorre dare subito le risposte giuste, che, in vero, sono già in esse. Ma prima occorre il coraggio di porle queste domande. Ma soprattutto quello di porle alla propria coscienza individuale. Perché i bugiardi e gli ipocriti, che tutto questo hanno prodotto, risponderanno ancora una volta mentendo. Con l’arroganza e la spudoratezza di imporci le loro bugie e le loro ipocrisie, come verità.
Ma che tregua è questa? Che guerra è questa?
Ma che pace è questa?
E in che mondo vivranno i nostri figli?