Rimossa dalla sala giunta del Municipio (che porta il nome di Palazzo Luigi Razza) l’opera di Saverio Di Francia raffigurante l’illustre cittadino vibonese, nonché Ministro dei Lavori Pubblici
Dura presa di posizione del presidente cittadino del movimento Indipendenza, l’ex consigliere comunale e già assessore Pietro Comito, che punta il dito contro l’attuale amministrazione comunale di Vibo Valentia colpevole di aver riservato un trattamento indegno su Luigi Razza illustre cittadino storico vibonese nonché ministro ai lavori pubblici.
“Assisto quotidianamente, incredulo ed attonito, alle vicende che contraddistinguono l’amministrazione comunale in carica, vicende quest’ultime di tutt’altra natura tranne che politica: non si tira di scherma né di fioretto, comunque si gioca ed ancor peggio ci si gioca della Città e del territorio, laddove le tanto declamate promesse elettorali, inutile illudersi ancora, non saranno mantenute, mentre un vecchio dinosauro, ieri sindacalista ed oggi tra le stelle, non ancora estinto, vaga nei corridoi del Palazzo alla ricerca di esperto biomedico che estragga il DNA funzionale all’avvicendarsi di un clone. Il reclutamento dell’elettorato, dunque del consenso, confortato dal cambiamento e dalla svolta epocale che Rocco e suoi fratelli avrebbero impresso all’Urbe si è sciolto come neve al sole: i problemi che la Giunta precedente non ha saputo o potuto risolvere si sono amplificati e diventati enormi, posto che Rocco e suoi fratelli hanno lavorato alacremente e commentato del peluzzo altrui, promettendo l’avvio della scala mobile, l’apertura del sottopasso e compagnia bella, omettendo volutamente di valutare la trave propria. Tuttavia il cambiamento c’è stato e ne prendo atto, anche se, il particolare che andrò ad esplicitare è sfuggito agli osservatori più attenti…”.
Esordisce così Pietro Comito nel denunciare quanto accaduto nella sede del Municipio di Vibo Valentia, che – sarà utile ricordarlo – porta ufficialmente il nome di Palazzo Luigi Razza (perché, dopotutto, fu lui a farlo costruire!).

“Rimango sempre sensibile alle esigenze dei miei compaesani Piscopisani e, frequentemente – ricorda Pietro Comito – mi reco in Comune per il disbrigo della qualsiasi, compiacendomi del saluto e della vicinanza incondizionata di dipendenti di prim’ordine ed amici affettuosi. Giusto appunto, passando nel corridoio della Sala Giunta, realizzo la mancanza da una parete di essa, dell’opera del Maestro Saverio Di Francia raffigurante l’illustre cittadino vibonese, nonché Ministro dei Lavori Pubblici, Luigi Razza. Ho sempre pensato e sostenuto che la Sala Giunta non fosse del tutto adatta ad ospitare questo ritratto che secondo il mio modesto parere avrebbe dovuto giganteggiare nella Sala del Consiglio Comunale del Palazzo di Città, tant’è che, fiducioso ciò fosse già accaduto per mano di mente illuminata, mi sono recato in Sala Consiglio, convinto di trovarlo in detto sito Nulla di tutto questo, mi son guardato in giro, ho sbirciato in qualche ufficio senza successo; una bianca colomba mi sussurra che Il quadro di Luigi Razza trovasi allocato nella stanza di un vecchio nostalgico, guardandosi bene dal rivelarmene il nome… ma non era quello che cercavo né quello che mi aspettavo”.

Da qui la denuncia: “Ecco, tutto è compiuto, cambiamento compreso, a scapito della Città e di Luigi Razza, a cui sono a questo punto tributate le colpe di essere vibonese, di aver lasciato traccia nella Città in luogo del suo ruolo di Ministro, di aver generato l’embrione della Provincia, peccato per Lui che tutto ciò sia accaduto durante l’epopea fascista. La genialata rimozione del quadro da parte del genio pioniere avrebbe dovuto contestualmente dar seguito ad altre azioni, posto che chi ben comincia è a metà dell’opera; l’azione va completata con il cambio del nome ad una delle più importanti strade vibonesi, allo Stadio, all’Aeroporto Militare, al Palazzo Municipale, all’abbattimento del busto che nel suo androne campeggia e, dulcis in fundo, alla distruzione dell’obelisco in Piazza San Leoluca, da radere al suolo senza colpo ferire”.
“Concludo la riflessione – afferma Pietro Comito – ricordando al genio pioniere rottamatore che una figura, la qualsiasi, anche degna del peggior Che Guevara, qualora avesse dato lustro alla sua Città natale, sempre e dico sempre, ad imperituro ricordo, avrebbe dovuto trovare degna collocazione anziché indegna rimozione. Non è nostalgia, né ricordo, né frustrazione, solamente condanna al gesto; onore e riconoscenza a colui che fece vivere alla Città di Vibo Valentia un periodo storico tutt’altro che infausto, giammai nostro malgrado, meglio rivissuto”.