Tra il serio ed il faceto, alcune riflessioni spontaneamente emerse nel leggere le notizie delle espulsioni dei “consiglieri dissidenti”, frazionisti di area alecciana
di Maurizio Bonanno
La grande epurazione iniziata in Russia continua. Oggi il Praesidium del Soviet Supremo dell’URSS ha esonerato dalle cariche che occupavano in seno al Governo Molotov, Kaganovic e Malenkov. A sostituire Malenkov a capo del Ministero delle Centrali Elettriche è stato nominato Alexis Pavlenko. Molotov e Kaganovic perdono entrambi la Carica di Primo vice Primo Ministro; Malenkov, oltre a quella di Ministro delle Centrali Elettriche, la carica di vice Primo Ministro; Molotov a sua volta perde la carica di Ministro del Controllo di Stato.
Quello che abbiamo appena letto è un resoconto ufficiale che la Pravda diffuse, a suo tempo, nell’ambito di una campagna per «spiegare gli avvenimenti» che stavano accadendo in tutta la Russia: già parecchie riunioni di attivisti del PCUS si erano tenute per esaminare la risoluzione del Plenum del partito sull’attività del gruppo Malenkov, Molotov, Kaganovic; le riunioni si erano svolte a Mosca, Leningrado, Kiev, Tash Lent, Alma-Ata. Boku, Sverdiovsk, Riga «ed altre città dell’unione». A Mosca la riunione era stata presieduta da Ivan Kapitonov, segretario del comitato della regione della capitale sovietica, e un discorso era stato pronunciato da Nikita Kruscev, Primo Segretario del partito comunista dell’Unione Sovietica. Secondo un comunicato, gli attivisti del partito avevano, ovviamente e ovunque, sostenuto le decisioni prese.
È tornato alla mente questo passaggio della storia recente che ricostruisce, sia pure sommariamente, quanto accadde a partire dal 1935 nell’URSS dove si era riversata una formidabile ondata di terrore, che toccò il proprio culmine negli anni 1937-1938. La repressione – che la storia ricorda anche come le “purghe di Stalin” – colpì anche moltissimi cittadini sovietici che si consideravano veri comunisti fedeli a Stalin, ma che ugualmente vennero condannati ai lavori forzati in lager: solo nel 1937, furono internati nei Gulag 700.000 prigionieri.
Quelle “purghe” si rivelarono uno strumento formidabile per chiudere i conti con la correnti “frazioniste”, ponendo fine a una rivalità risalente all’epoca della guerra con la Polonia (1919-21). Premessa indispensabile per capire come era nata l’operazione delle “purghe” è da collegare all’aggravamento delle tendenze paranoiche di Stalin, così crescenti che le vittime del regime non si limitarono ai soli “purgati”, dal momento che molteplici figure vennero allontanate perché ritenute politicamente inaffidabili.

Ma, perché questa “inattesa ricostruzione storica”?
È tornata alla mente nel momento in cui è giunta notizia di un provvedimento notificato ieri in tarda serata dal Presidium del Soviet Supremo del PD di Vibo Valentia. La notizia riferiva che la commissione provinciale di garanzia si è determinata, assumendo la decisione di procedere alla espulsione dal partito di quei consiglieri comunali ribelli, stessa decisione assunta nei confronti del vicepresidente della Provincia, Nicola La Sorba, e del consigliere provinciale Vincenzo Lentini, che nei mesi scorsi avevano formalizzato il loro sostegno nei confronti del presidente della Provincia, in quota Forza Italia, Corrado L’Andolina. Il provvedimento di espulsione è stato notificato anche ai consiglieri di Vibo Valentia Alessandra Grimaldi (Malenkov), Marcella Mellea (Molotov) e Dina Satriani (Kaganovic), che nei giorni scorsi hanno contribuito a formare in consiglio comunale il gruppo degli alecciani “Democratici e Progressisti” (i frazionisti). Contestualmente, l’organo di garanzia provinciale ha rigettato la richiesta di iscrizione al Pd del consigliere Domenico Console, che – omen-nomen – è l’ormai palese “console” di Alecci nel Vibonese.
Rimane solo da capire chi ha assunto i rispettivi panni di Stalin (Romeo?), Krusciov (Colelli?) e Kapitonov (Insardà?) e conoscere il luogo dove è stato allestito l’eventuale “Gulag”.
Fatto sta che, al di là di ogni riferimento storico, il dato certo è che con queste premesse, Romeo mantiene l’onere di continuare a governare la città ed il PD vibonese a gestire l’organizzazione dell’imminente congresso di partito.