Alessia Piperno, medico dell’emergenza-urgenza territoriale, si appella al Presidente della Repubblica come “ultima spiaggia” affinché non vada disperso il potenziale sanitario di un territorio che sembra correre verso il baratro
Possiede una grinta, che saranno sicuramente il frutto delle sue esperienze di vita. Testarda come sa essere una calabrese non si rassegna alla deriva di un territorio che, soprattutto in ambito sanitario – ma non solo! – sembra lanciata in una corsa suicida verso il baratro. Innamorata di una professione, quella del medico, che è innanzitutto una missione al servizio di chi soffre. Ancora carica di speranza, come deve essere una giovane professionista che non vuole abbandonare la sua terra.
Alessia Piperno è tutto questo. soprattutto è una donna che non cede, non fa passi indietro e, malgrado tutto, imperterrita, continua la sua battaglia, insiste, non si rassegna avendo nel frattempo assunto pure un ruolo sindacale nella sua categoria, quale referente del Sindacato Medici SMI.
Le sta provando tutte. Adesso, come “ultima spiaggia, ha preso carta e penna e si è rivolta al Presidente della Repubblica indirizzando a Sergio Mattarella questa lettera che abbiamo scelto di proporre alla lettura senza ulteriori commenti. Basta leggerla… per apprezzarla. Per ammirare la forza e la costante di questa donna, di questo medico, di questa nostra conterranea: Alessia Piperno.

Presidente,
Le scrivo, e mentre lo faccio mi chiedo dove stia trovando il coraggio per farlo. E poi capisco che non si tratta nemmeno di coraggio, bensì di speranza e fiducia in uno Stato che fin dai tempi dei banchi di scuola ho visto come detentore di giustizia, legalità, democrazia. Qualità che ad oggi purtroppo sembrano non interessare la mia splendida terra.
Mi chiamo Alessia Piperno, ho 38 anni e sono un medico dell’emergenza-urgenza territoriale (SUEM118). Lavoro a Tropea, nella mia straordinaria Calabria. Ma sono anche una donna nata e cresciuta in questa terra che per me ha sempre rappresentato, e sempre rappresenterà, “casa”. Sono un medico per scelta, Presidente; sì, perché prima di essere medico sono stata una paziente incastrata in una diagnosi difficile arrivata dopo 18 anni di dolore. Ed è stato proprio questo a spingermi tra le braccia di Ippocrate, perché potessi io essere capace di aiutare gli altri, perché nessuno merita, come purtroppo a me è successo, di rimanere solo nel proprio dolore, inascoltato. Oggi indosso la mia divisa con grande orgoglio e con altrettanto orgoglio la indosso nella mia Calabria.
Abito a Vibo Valentia, lavoro per un’ASP commissariata da 10 anni che invece di “riprendersi” sta lentamente scivolando verso la chiusura, nella totale apatia di chi invece dovrebbe riportarla alla luce. Abbiamo avuto persino commissari “che non sapevano di esserlo” ed arrivo a chiedermi cosa possano pensare di noi calabresi il resto degli italiani… e non solo…
La verità è che chiunque venga in Calabria respira aria di mare, di sole, di montagne innevate d’inverno ed inondate di fiori d’estate, di sorrisi offerti insieme ad un caffè perché “che fai scherzi? A casa mia il caffè lo offro io, piuttosto il cornetto come lo preferisci?”, di genuinità Presidente, ma quella vera che trova tra la gente comune che incontra per strada e che, purtroppo, spesso non appartiene a chi ha la possibilità di rendere ogni comune di ogni provincia di questa Calabria “straordinaria”.
Sono cresciuta in una città che poteva vantare 4 presidi ospedalieri di tutto rispetto, Vibo Valentia, Tropea, Soriano Calabro e Serra San Bruno. Avevamo tutto, compreso il centro grandi ustionati, un reparto di chirurgia generale ed uno di chirurgia d’urgenza, ortopedia, medicina generale, ginecologia, anche il reparto di otorinolaringoiatria e tanti altri. Avevamo tutti i servizi, Presidente, avevamo tutto, ora non è rimasto molto. Oggi in Calabria regna il caos, leggo articoli di testate giornalistiche completamente surreali. Reparti che chiudono, personale che manca, presidi inesistenti e la gente comune costretta ad emigrare al nord o a rivolgersi alla sanità privata per potersi curare, per poter fare diagnosi o peggio ancora per “tenere a bada qualche brutto male”. In questi mesi ho provato a chiedere aiuto, prima alla politica locale, poi regionale, ma nessuno ha voluto ascoltare. Troppe cose qui meritano chiarezza, troppe domande meritano una risposta.
La sanità pubblica è un bene prezioso ed insurrogabile Presidente, un diritto fondamentale che non conosce differenze di genere né colore politico o orientamento religioso. Oggi Le chiedo aiuto, a tutela dei pazienti e di noi sanitari tutti che, consapevoli che davanti a Dio niente possiamo, chiediamo solo le condizioni idonee per poter ben lavorare e lasciare a Lui e solo a Lui la scelta tra la vita e la morte.
Le chiedo scusa se in qualche modo Le ho fatto perdere tempo leggendo queste mie parole. Abbiamo bisogno che qualcuno ci ascolti oltre ogni notizia riportata su qualsiasi testata giornalistica. Abbiamo bisogno di qualcuno che veda la realtà per quella che davvero è!
Abbiamo bisogno di Lei Presidente, almeno Lei ci ascolti!