19 luglio 1992 – 19 luglio 2025: tra il dolore e il ricordo, ci sono anche i dubbi. Tante domande ancora senza risposta
di Andrea Infantino
Sono passati 33 anni da quel giorno che ha cambiato Palermo, l’Italia e tutti noi. Il 19 luglio 1992, il cuore di una città intera si fermò sotto il fragore di un’esplosione che non si può dimenticare. La strada di via D’Amelio, quella stessa strada che Paolo Borsellino percorreva ogni giorno con il suo sorriso gentile e il suo sguardo deciso, si trasformò in un inferno in pochi attimi.
Paolo, il magistrato che aveva dedicato la vita a combattere la mafia, aveva appena 52 anni quando la sua vita si spense in un’esplosione che ancora oggi fa rabbrividire. Con lui, persero la vita cinque uomini della sua scorta: Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina e Emanuela Loi, la prima donna poliziotto a perdere la vita in servizio.
Ricordo ancora il silenzio che seguì, il dolore che si diffuse come un’onda travolgente, e il senso di ingiustizia che ancora ci attanaglia.
L’esplosione fu così potente che si sentì in tutta Palermo, e i resti umani e i pezzi di automobili sparsi dietro il palazzo di via D’Amelio sono un’immagine che nessuno di noi potrà mai dimenticare. È come se il dolore si fosse impresso nella memoria collettiva, un ricordo che si ripresenta ogni anno, più forte di prima.

Ma tra il dolore e il ricordo, ci sono anche i dubbi. Tante domande senza risposta.
Come è stato possibile che, a soli 57 giorni dall’attentato a Falcone, nessuno avesse preso misure più serie per proteggere Borsellino? Perché quella strada, così frequentata e così importante, non fu messa in sicurezza? E cosa si nasconde dietro le ombre di un’indagine che, a distanza di decenni, sembra ancora avvolta da misteri e sospetti?
Le verità ufficiali ci sono state raccontate, ma molte cose restano oscure. Testimonianze, voci di chi ha vissuto quegli anni, e le ombre di un sistema che troppo spesso ha taciuto o nascosto, alimentano dubbi e interrogativi che non vogliono morire. La verità, quella vera, sembra ancora lontana.
Eppure, nonostante tutto, il nostro cuore si stringe ogni volta che ricordiamo Paolo Borsellino e i suoi uomini. Perché il loro sacrificio non sia stato vano. Perché il loro esempio ci spinga a non dimenticare, a continuare a cercare risposte, a lottare contro l’ingiustizia.
La memoria di via D’Amelio deve essere un monito, un richiamo a non abbassare mai la guardia, a mantenere viva la speranza di un’Italia più giusta e più libera.
Oggi, più che mai, dobbiamo sentire forte il loro richiamo: non dimenticare, non arrendersi, continuare a credere nella giustizia. Ricordare con emozione e rispetto perché il dolore di allora possa trasformarsi in un impegno per un domani migliore.
E, nel ricordo di Paolo Borsellino e dei suoi uomini, non possiamo che rinnovare il nostro impegno a cercare la verità. Perché il loro sacrificio non sia stato vano, e perché le ombre che ancora avvolgono quella tragica giornata possano un giorno essere dissipate, restituendo giustizia e pace a chi ha dato tutto per la legalità.
La memoria di via D’Amelio deve essere un monito e un faro per le future generazioni, affinché la giustizia prevalga sempre.