Paolo Borsellino così come Giovanni Falcone e l’intero pool antimafia di Palermo (Caponnetto, Borsellino, Falcone, Guarnotta, Di Lello), sapeva bene i rischi che correva
di Alberto Capria
“La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le nostre giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”
Queste parole di Paolo Borsellino ignobilmente assassinato assieme agli uomini della sua scorta – Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Cosina, Claudio Traina – il 19 luglio del 1992 in via D’Amelio a Palermo, continuano ad alimentare dibattiti e riflessioni; a testimonianza della forza dirompente che quella stagione continua a esercitare sulla società civile.
Paolo Borsellino così come Giovanni Falcone e l’intero pool antimafia di Palermo (Caponnetto, Borsellino, Falcone, Guarnotta, Di Lello), sapeva bene i rischi che correva.
Ne aveva ben chiara la cornice, conosceva la disparità delle forze in gioco e delle motivazioni; e sapeva bene qual era il prezzo che avrebbe pagato in prima persona per aver condotto una lotta senza quartiere contro Cosa Nostra.
Ed aveva le idee chiare anche su risvolti ai più sconosciuti. “(…)Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, diceva, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri”.
“Altri”, ecco l’urlo che si alza in un silenzio che dura da trentatré anni.
“Altri”, come i mandanti che armarono il braccio dei killer e ne consentirono l’impunità.
“Altri”, come quelli che sottrassero dal luogo della strage l’agenda rossa che probabilmente contenenva nomi eccellenti che testimoniavano collusioni con la mafia.
“Altri” come quella piccola parte infedele delle forze dell’ordine e della politica degenerata; “altri” come i perenni servizi segreti deviati e l’eversione di destra, presenti nella maggior parte delle 61 stragi di mafia, partendo da Portella della Ginestra.
“Altri” come quelli che imbeccarono Vincenzo Scarantino facendolo assurgere, da evanescente trafficante di sigarette e di schedine del totonero, a collaboratore di giustizia pronto a svelare “segreti inconfessabili” proprio sulla strage di Via D’Amelio ed a fautore di uno dei piu gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana.
Le legittime aspettative di verità e giustizia dei parenti delle vittime e dei cittadini onesti, da pretendere senza tentennamento alcuno, è ciò che impedirà ai trascorsi e futuri 23 maggio e 19 luglio di essere ridotti a ricorrenze, discorsi, manifestazioni, fiaccolate, dichiarazioni e …conferenze stampa.