<p><strong><em>Che dolore constatare che i potenti si fanno una legge propria, modificabile a piacimento, oltre il diritto internazionale</em></strong></p>



<p>di Franco Cimino</p>



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<p>Dramma e farsa sono due facce della stessa medaglia.<br>Ovvero, due lati della stessa faccia umana. O, ancora, due parti del cuore dell’uomo. O meglio: due zone del cervello umano non ancora ben studiate.</p>



<p>Sono elementi che si affiancano. Non hanno vere divisioni, né confini, per la facilità con cui spesso si scambiano di posto, si confondono, si fondono.</p>



<p>Li abbiamo visti agire insieme, in Alaska, attraverso due uomini che si sono mossi insieme. Sul grande scenario chiamato Ucraina, lasciata sola e lontana, i due attori hanno portato avanti tanto il dramma quanto la farsa.</p>



<p>Il primo l’ha creato. Il secondo l’ha inventata. La farsa.</p>



<p>L’antropologia ci insegna che, tra questi due elementi, ne esiste un terzo: l’ipocrisia.<br>Quello spettatore che vorrebbe salire sul palco e farsi attore, ma per pigrizia, convenienza, soggezione o incapacità, resta seduto in platea.<br>Sbadigliando.</p>



<p>I primi due protagonisti sono un potente della Terra e un altro che aspira a tornare ad esserlo:<br>Donald Trump e Vladimir Putin. Il terzo protagonista è l’Europa.</p>



<p>Trump e Putin sono andati in scena insieme, in quella che è sembrata una brutta farsa, trasformata dalla propaganda del “sistema” in un imbarazzante spettacolo da cabaret.</p>



<figure class="wp-block-image size-large"><img src="https://vivipress.com/wp-content/uploads/2025/08/trump-putin-1024x736.jpg" alt="" class="wp-image-41951"/></figure>



<p>Due aerei presidenziali atterrati sulla stessa pista, a pochi minuti e pochi metri di distanza. Il cerimoniale delle grandi occasioni, tappeti rossi stesi dalle scalette dell’uno a quelle dell’altro.<br>I due presidenti che scendono simultaneamente, l’uno con passo atletico, l’altro con passo stanco, incontrandosi a metà del breve tragitto.</p>



<p>Che brutta scena: il potente americano che applaude il collega russo.<br>Che immagine sgradevole: la stretta di mano tra i due, con sorrisi larghi, quasi fosse una festa di compleanno.</p>



<p>Che visione inquietante: entrano nella stessa auto, come vecchi compagni di liceo che si rincontrano dopo anni. Dai finestrini oscurati li si vede ridere.<br>Divertiti.</p>



<p>Che dolore constatare che i potenti si fanno una legge propria, modificabile a piacimento, oltre il diritto internazionale.<br>Un diritto che ha dichiarato Vladimir Putin criminale di guerra, colpevole di crimini contro l’umanità.</p>



<figure class="wp-block-image size-full"><img src="https://vivipress.com/wp-content/uploads/2025/08/trump-e-putin.jpg" alt="" class="wp-image-41952"/></figure>



<p>E mentre i due ridevano e stringevano mani, gli aerei e i missili russi continuavano a bombardare l’Ucraina.<br>Edifici abbattuti. Strutture distrutte. Persone uccise. Non soldati. Civili. Innocenti.</p>



<p>Uno spettacolo dolente, celebrato con il cerimoniale solenne che si dedica alle grandi occasioni: alla giustizia, alla vita, alla libertà.<br>Alla dignità della persona. Dei popoli. Delle nazioni. Dei territori.</p>



<p>Io sono rimasto incollato alla televisione dalle 19 di ieri sera fino alle prime ore del mattino.<br>Anch’io, in attesa. Trepidante.<br>Di una risoluzione. Di una conferenza stampa che fosse vera.</p>



<p>Ma è arrivata solo altra propaganda. Ancora retorica consumata. Facce di marmo, ben allenate nella mimica autoritaria.<br>Ancora una stretta di mano. Ancora larghi sorrisi. Ancora, la dichiarazione di una “profonda amicizia personale” tra quei due.</p>



<p>Cosa si siano detti davvero, in quella stanza chiusa, non ci è dato sapere. Ma lo si può immaginare.</p>



<p>Dell’Ucraina, del suo destino, della sua lotta per l’integrità e l’indipendenza, non si è parlato.<br>O meglio: l’Ucraina è stata trattata come merce di scambio su uno scacchiere molto più grande, fatto di interessi americani, russi e forse personali.</p>



<p>Il documento finale lo conferma: vuoto, sterile, impalpabile.</p>



<p>L’Europa, o almeno quella parte “volenterosa” di essa, ha stilato un proprio documento.<br>Più leggero, certo, ma in linea con le minime condizioni richieste dall’Ucraina.</p>



<p>Quelle di Putin, invece, le conosciamo a memoria.</p>



<p>Cosa potrebbe venire da un improbabile vertice a tre (Trump, Putin e Zelens’kyj), con l’Europa naturalmente esclusa?</p>



<p>È difficile immaginarlo. Ma facile prevederlo: le posizioni resteranno ferme. Non negoziabili.</p>



<p>Il massimo che si potrà ottenere è una tregua. Una tregua più lunga, forse.</p>



<p>Ma le tregue, lo sappiamo, servono solo ai forti: per riposare le truppe, ricaricarsi, e armarsi di nuovo.</p>



<p>E così, di tregua in battaglia, di protocollo in bomba, questa guerra continuerà finché l’Ucraina non sarà ridotta al suolo, come i suoi palazzi.<br>Come le sue scuole. Come i suoi morti, che non smetteranno di essere contati.</p>



<p>E io, che sogno la pace e la bellezza, mi batto, lotto, spero, piango.</p>



<p>Disarmato.</p>



<p>Anche qui, su questo teatro di morte. Di sangue. Di prepotenza.<br>E di viltà.</p>

Il doloroso spettacolo dell’Alaska

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- Tags: alaskadiritto internazionaledoloreeuropaputinrussiatrumpucrainaUSAzelensky
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