In un’epoca di autoritarismi e populismi, il Premio Nobel per la Pace 2025 celebra una donna che ha trasformato il pensiero liberale in resistenza civile e speranza democratica
di Maurizio Bonanno
Il conferimento del Premio Nobel per la Pace 2025 a Maria Corina Machado rappresenta non solo il riconoscimento del coraggio personale di una donna che ha osato sfidare uno dei regimi più autoritari dell’America Latina, ma segna anche una vittoria simbolica per la cultura politica liberale classica in un’epoca in cui questa visione rischia di essere marginalizzata o fraintesa. È un segnale importante: la difesa della libertà individuale, della democrazia costituzionale e dei diritti naturali non è appannaggio esclusivo né della sinistra progressista né della destra ultraconservatrice, ma può trovare nella tradizione liberale autentica il suo fondamento più coerente e duraturo.
In un Venezuela segnato da decenni di populismo rivoluzionario, prima con Hugo Chávez e poi con Nicolás Maduro, Maria Corina Machado si è distinta per una coerenza ideologica rara: contraria sia al socialismo autoritario di Stato che al nazionalismo clientelare, Machado ha offerto al Paese un’alternativa basata sul liberalismo politico ed economico, ancorato ai diritti individuali e alla separazione dei poteri.
Il riconoscimento ricevuto ad Oslo non è soltanto un premio per la resistenza personale, ma un’investitura per una visione politica troppo spesso vilipesa o caricaturizzata: quella liberale classica, fondata sulla convinzione che il potere deve essere limitato, l’economia deve essere libera e la persona deve restare al centro della società civile e dello Stato.

Maria Corina Machado ha sempre rivendicato il suo debito verso pensatori come Ludwig von Mises, il padre della scuola austriaca di economia, che con opere come “L’azione umana” ha posto le basi teoriche per una società fondata sulla cooperazione volontaria, sulla proprietà privata e sulla libertà economica come strumento per la pace sociale. Ma è anche figlia del pensiero latinoamericano critico del populismo rivoluzionario: Carlos Rangel, con il suo pamphlet “Dal buon selvaggio al buon rivoluzionario”, ha decostruito i miti dell’indigenismo e del rivoluzionarismo come chiavi d’interpretazione univoca della storia latinoamericana, rivendicando invece una modernità fondata sulla responsabilità individuale, sulla meritocrazia e sull’apertura internazionale. E poi, l’economista peruviano Hernando de Soto, con la sua idea di “rivoluzione informale” e di democratizzazione della proprietà come fondamento della prosperità. Un trittico politico-culturale che ha completato il pantheon intellettuale di una leader che ha saputo coniugare teoria e prassi, idee forti e azione concreta.
In un momento storico in cui l’autoritarismo sta tornando di moda sotto forme nuove — dal populismo economico alla tecnocrazia illiberale — il Nobel a Maria Corina Machado è un atto politico e culturale potente. È il segnale che i valori liberali non solo sono ancora attuali, ma che possono tornare ad essere bussola morale e strategica per i popoli oppressi e disillusi.
La sua frase “Sono una difenditrice della democrazia, della libertà, della giustizia e dell’eguaglianza” va letta nel contesto di una visione liberale profonda, che non si limita alla critica del socialismo o del populismo, ma che propone un progetto di società aperta, basato su istituzioni forti, cittadini liberi e mercati funzionanti.
Che sia proprio una figura liberale a ricevere il Nobel per la Pace in questo 2025, in un mondo frammentato tra autocrazie digitali, democrazie in crisi e populismi dilaganti, è un fatto carico di significato. María Corina Machado rappresenta quella terza via spesso ignorata: né autoritarismo statalista, né caos neoliberista, ma un ordine basato su leggi giuste, su mercati accessibili a tutti, su una società civile vibrante.

Non è un caso che Machado venga da una famiglia di imprenditori socialmente impegnati, che abbia costruito un partito – Vente Venezuela – che si colloca nell’Internazionale Liberale, anche se lei è tacciata spesso di essere di estrema destra, ma Vente Venezuela, indica un approccio non conservatore o sovranista, ma piuttosto di impostazione liberale: “Per i marxisti se non sei di sinistra sei di estrema destra –spiega – ma Vente è un partito di liberali di centro”. Così ha saputo parlare tanto ai giovani quanto alle élite imprenditoriali, ai lavoratori quanto agli intellettuali. La sua cultura liberale, lontana dal cinismo e dal tecnicismo, è umana, morale, fondata sul rispetto della dignità di ciascuno. Apertamente anticomunista, antipopulista, Machado è stata anche descritta come una politica di destra, le cui opinioni sono difese dalla destra nazionale che si definisce come “MAGAzuelani”
Il Premio Nobel a Maria Corina Machado è una vittoria della libertà individuale sulla coercizione, della ragione sull’ideologia, dell’iniziativa personale sulla pianificazione centralizzata. Ma soprattutto, è un invito a riscoprire il liberalismo come cultura politica viva, capace di ispirare nuove generazioni a costruire società più giuste, libere e prosperose.
In un mondo che sembra dimenticare il valore della libertà, la voce di Machado suona come un richiamo alla responsabilità, al coraggio, alla speranza. Ed è proprio questo che il Nobel 2025 celebra: la forza delle idee quando sono radicate nella verità, nella coerenza e nell’amore per la libertà.











