Il progetto di distacco da Vibo Valentia rivela una classe dirigente senza visione. Le difficoltà si affrontano con coesione, non con nostalgie amministrative
di Maurizio Bonanno
L’iniziativa di alcuni sindaci dell’area montana della provincia di Vibo Valentia – in particolare di Serra San Bruno, Brognaturo, Simbario e Fabrizia – di valutare il ritorno sotto la Provincia di Catanzaro, rappresenta un segnale politico grave e profondamente sbagliato.
Guidati dal sindaco di Serra, Alfredo Barillari, i promotori dell’iniziativa sostengono che la Provincia di Vibo Valentia non abbia garantito negli anni sufficienti opportunità di sviluppo, lamentando disagi nei collegamenti e nella fruizione dei servizi provinciali. Argomenti che, se da un lato evidenziano un disagio reale, dall’altro finiscono per tradursi in una scelta di retroguardia che penalizza ancora una volta l’intero territorio vibonese.
Parlare di “ritorno” a Catanzaro come rimedio ai problemi delle aree interne appare una scorciatoia illusoria.
Non esiste alcuna garanzia che un cambio di confine amministrativo possa risolvere questioni radicate come la carenza infrastrutturale, la crisi sanitaria o la desertificazione dei servizi.
Attribuire alla Provincia di Vibo Valentia ogni responsabilità per le difficoltà di Serra e delle Serre è un modo comodo per spostare l’attenzione dalle vere cause: anni di isolamento politico, scarsa capacità di fare rete tra i comuni e mancanza di una visione strategica condivisa.
Invece di alimentare una sterile nostalgia per un passato amministrativo ormai superato, servirebbe un’azione coordinata per rivendicare con forza risorse, interventi e progettualità capaci di restituire centralità a un’area che ha pagato più di altre l’abbandono istituzionale.
Così ragionando è naturale concludere che la proposta di distacco non è solo un gesto politico discutibile: è anche un segnale di debolezza istituzionale.
La Provincia di Vibo Valentia, istituita nel 1992 e pienamente operativa dal 1995, è nata da un lungo percorso di rivendicazione territoriale. Tornare indietro significherebbe smentire trent’anni di storia e delegittimare il lavoro di chi, in questi decenni, ha creduto nella costruzione di un’identità autonoma.
È innegabile che l’ente provinciale vibonese abbia attraversato fasi difficili, ma la soluzione non può essere la fuga. Piuttosto, occorre un rilancio serio delle politiche di coesione e un piano di sviluppo mirato alle aree interne, con un impegno condiviso tra istituzioni locali, Regione e Governo centrale. Insomma, serve un progetto per unire, non per dividere.
Intanto, mentre alcuni amministratori invocano il ritorno a Catanzaro, altre voci si levano con proposte di segno opposto e più lungimiranti.
Il presidente provinciale dell’Asi Vibo Valentia, Michele La Rocca, ad esempio, rilancia l’idea di una nuova Provincia Vibo–Lamezia, un progetto che, partendo dalla condivisione di infrastrutture strategiche come porto, aeroporto e rete ferroviaria, mira a costruire un asse economico e istituzionale forte sul Tirreno centrale.
Un’ipotesi ambiziosa, certo, ma che ha il merito di guardare avanti e non indietro, di proporre integrazione invece che frammentazione.
Certo, non si può nascondere la realtà di un malessere. Se ne fa carico il sindacato che con il segretario generale della Cisl Magna Grecia Daniele Gualtieri evidenzia come “Le speranze di crescita e di rafforzamento dei territori, che avrebbero dovuto trovare nell’autonomia provinciale un motore di sviluppo, si sono invece infrante contro una realtà fatta di impoverimento, isolamento e progressiva riduzione dei servizi essenziali”.
Per Gualtieri, “Come sindacato riteniamo necessario avviare un confronto serio e partecipato per rimuovere le criticità strutturali che penalizzano soprattutto le aree interne e montane: dalla viabilità alla sanità, dalla scuola ai servizi pubblici locali. Non si tratta solo di discutere di confini amministrativi, ma di garantire diritti e opportunità di cittadinanza a chi vive in territori oggi marginalizzati. Per questo come CISL Magna Grecia riteniamo importante aprire un tavolo di confronto politico e istituzionale, in una logica di unità d’intenti e di responsabilità condivisa”.
Che tradotto significa: serve una classe dirigente che creda nel territorio.
l’invito ad una riflessione ponderata e seria è necessario. Perché l’idea di abbandonare la Provincia di Vibo Valentia non è solo una scelta amministrativa: è un segnale di sfiducia verso un intero territorio.
Chi oggi propone di tornare sotto Catanzaro sembra ignorare che le difficoltà non si risolvono spostando linee su una mappa, ma investendo su competenze, progettualità e coesione.
Il Vibonese non ha bisogno di nostalgie, ma di coraggio politico. Di sindaci che restino, che lottino, che rivendichino, invece di cedere alla tentazione di voltare le spalle alla propria storia.
La vera sfida, oggi, è restituire forza e dignità a una provincia che può e deve ancora essere protagonista del proprio futuro.











