Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 10 dicembre
dì Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i,
con questo brano del Vangelo di Marco (Mc 1, 1- 8 ) celebriamo la seconda domenica di Avvento, tempo di Grazia per una presa di coscienza sul dono prezioso della vita da spendere con impegno e responsabilità nella compagnia degli uomini.
Mettiamoci, ora, in ascolto dell’Evangelista delle meraviglie:
“Inizio del Vangelo di Gesù, Cristo, figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaia”: Ecco dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”, vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme…”. (Marco 1, 1- 8 )
È questa una pagina densa di messaggi. Ne vogliamo raccogliere qualcuno, quale buon viatico per il cammino che ci porta alla mezzanotte santa, al Santo Natale di Gesù.
“Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, figlio di Dio”.
Marco salta la narrazione poetica della nascita di Gesù, accompagnata da angeli che augurano agli uomini la pace, da pastori che condividono la povertà di Gesù, con semplici doni ,offerti alla famiglia, ricoverata nella grotta di Betlemme. Marco non segue la via cronologica di Matteo e Luca, partendo dalla nascita di Gesù, né la via Teologica di Giovanni col suo incipit: “in principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”, che viene ad abitare in mezzo a noi per condividere gioie e dolori, attese e speranze.
No! Marco sceglie una via diversa, una via biblica e va a mettere radici nel deserto, con l’appassionata voce di Giovanni Battista e con la dolcezza di Isaia: due profeti, lontani nel tempo, ma contemporanei nell’usare lo stesso verbo “viene” al presente, perché veramente Lui viene sempre e bussa alle nostre porte.
“Voce di uno che grida nel deserto”.
La voce che annunzia la venuta del Messia non viene dal palazzo del potere del Sinedrio, né dal sommo sacerdote del Tempio, ma dalle sabbie del deserto.
È nel deserto che il popolo di Dio ha le radici.
È nel deserto che Mosè vede il roveto che brucia e non consuma e riceve la rivelazione del nome di Dio, Jahve’, io sono colui che sono (Esodo, 3,6).
È nel deserto che Dio dona la legge al popolo (Esodo 19, 24 ) che vaga per anni e anni.
È nel deserto che si fa presente ad Elia “con voce di un silenzio sottile”.
È nel deserto che Osea profeta redime la propria moglie fedifraga: “la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore” (Osea 2,16).
Ecco dove per Marco nasce la parola (dabar in ebraico) e dove pone la sua cattedra (midbar in ebraico): nel deserto!
Le radici dell’Antico testamento danno linfa vitale all’albero del Nuovo Testamento.
Ed è così che la voce potente di Giovanni “un fiore nel nostro deserto” (Davide Maria Turoldo) raggiunge la Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme… e il deserto si popola di gente che si converte e si battezza immergendosi nel Giordano… E intanto le autorità civili e religiose, a Gerusalemme, tessono progetti di morte per Giovanni, il guastafeste.
“Voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”.
Giovanni non fa sconti a nessuno. Non ad Erode Antipa del quale pubblicamente condanna le malefatte:” dite a quella volpe di Erode che non è lecito tenere con sé la moglie del proprio fratello (Marco 6,18).
Non a Farisei e Sadducei che venivano per curiosare al battesimo di Giovanni presso il Giordano: “Razza di vipere! chi vi ha suggerito di sottrarvi all’ira imminente” (Matteo 3, 7).
E non fa sconti neppure a noi!
Ma …ci aiuta ad aprire un cantiere ed alzare un cartello con la scritta: lavori in corso. I lavori sono tanti ed urgenti:
– mettere olio alla lampada della vita per ravvivare lo stoppino che traballa, perché il cuore si è indurito;
– portare sale nuovo per dare sapore ai nostri gesti, perché un gesto può chiudere o aprire un cuore;
– riparare subito la barca della nostra vita, che fa acqua da tutte le parti, se non vogliamo finire nei profondi gorghi dell’abisso;
– fuggire dai compromessi col maligno (mafie, intrallazzi, corruzioni), se non vogliamo perire “divorati dalle fauci del leone”;
– raddrizzare le tortuosità della vita e, con cuore pulito e riconciliato, andare incontro al Signore che viene …e viene sempre il Signore!
Buona domenica di Avvento.
Don Giuseppe Fiorillo