Amare riflessioni ventuno anni dopo il drammatico crollo delle Torri Gemelle. E una speranza: cultura e integrazione sono le sole armi utilizzabili per uscire da questa situazione
di Maurizio Bonanno
Era un martedì quell’11 settembre del 2001.
Alle ore 7:59 di quel martedì 11 settembre 2001, dall’aeroporto Internazionale Logan di Boston parte il Boeing 767 dell’American Airlines 11 diretto a Los Angeles con a bordo 76 passeggeri. Un quarto d’ora dopo, dallo stesso aeroporto – alle 8:14 – decolla l’United Airlines 175 con 51 persone, anch’esso diretto nella città californiana. Tra quei passeggeri, vi erano i dieci attentatori, cinque ciascuno, che faranno schiantare i due aerei contro il simbolo della potenza americana, le Torri Nord e Sud del World Trade Center, le cosiddette Torri Gemelle, un complesso di edifici situato a sud dell’isola di Manhattan a New York.
Alle 8:46, l’America Airlines 11 si schianta contro la facciata settentrionale della Torre Nord e, poco dopo, alle 9:03, viene colpita dal secondo aereo dirottato la Torre Sud.
Così tragicamente era concretamente nato il XXI secolo. Da questo momento, il mondo e la sua storia cambiarono definitivamente, cambiando inesorabilmente la nostra vita, quella di comuni cittadini non solo quella dei “grandi della terra”; di più, entrando così drammaticamente il nuovo secolo, il nuovo millennio, lanciava un messaggio che solo oggi possiamo cominciare a comprendere: è cambiata la storia ed il nostro modo di vivere, all’opulenza, alla sfacciataggine, al progresso senza freni che ha caratterizzato il cosiddetto “secolo breve”, si sostituisce questo nostro mondo nel quale siamo oggi immersi: di paure, di ritorno alle guerre, di pandemie. Quell’uomo che sul finire del ‘900 appariva spavaldo e sicuro di controllare la natura ed il mondo, si riscopre debole, impaurito, privo di certezze.
Siamo abituati a vivere le nostre vite scandite da precisi calendari. Abbiamo vissuto con enfasi e allegra speranza l’arrivo della data del 1° gennaio 2000 annunciandoci, allo scoccare della mezzanotte, l’inizio del nuovo millennio e del nuovo secolo carico di aspettative. La Storia, invece, ha i suoi tempi, il suo calendario, il suo orologio.
Quando cadde la torre Sud, la seconda ad essere stata colpita, alle 9:59 e la Nord alle 10:28 per le centinaia di persone all’interno non vi fu scampo. Col loro crollo anche gli edifici circostanti cedettero in modo parziale o totale. E con loro cedettero tutte le nostre certezze, le certezze di un mondo, della civiltà occidentale che aveva celebrato la sua vittoria in nome della libertà e della democrazia.
È questa la mezzanotte che pone fine ad un secolo, il XX secolo, ed al millennio che è stato della crescita e dello sviluppo della civiltà occidentale. È questo il giorno – l’11 settembre 2001 – in cui nasce il nuovo mondo, il nuovo secolo, il nuovo millennio. Ancora non lo sappiamo, non lo possiamo sapere nel mentre tutto questo accade, ma oggi, ventuno anni dopo, già lo vediamo rispecchiato nel nostro quotidiano: è un nuovo secolo, nel nuovo millennio, privo di riferimenti certi, di principi assoluti, di promesse di una vita migliore e sicura. Carico di debolezze, di crisi, di incertezze, di preoccupazioni, di incertezze. Ed immersi in questo oggi viviamo,
La cronaca di quei drammatici momenti racconta che in seguito all’impatto la situazione per le migliaia di persone presenti all’interno degli edifici apparve subito drammatica: in molti tenteranno la fuga, possibile solo a chi si trovava ai piani inferiori. Le fiamme si propagheranno, non lasciando purtroppo scampo. Almeno 200 persone per disperazione moriranno saltando dalle Torri e cadendo al suolo o sugli edifici circostanti. Furono 2.977, in tutto, coloro che morirono per la tragedia, tra cui anche i passeggeri dei due aerei che vi si abbatterono e quelli degli altri due, l’United Airlines 77 e 93 che si schiantarono, il primo contro la facciata ovest del Pentagono in Virginia e il secondo, probabilmente diretto al Campidoglio, ma deviato dalla rivolta dei passeggeri, in un campo in Pennsylvania. Non si può non tenere conto anche di coloro che decedettero tempo dopo a causa delle nubi tossiche respirate negli anni e i 441 soccorritori che con coraggio e temerarietà si diressero dentro alle fiamme tentando l’impossibile. I corpi che non è stato possibile identificare furono circa 1.600.
Twitter e Facebook non esistevano ancora, ma l’attentato dell’11 settembre fu uno dei primi drammi mondiali a consumarsi in diretta tv con un impatto emotivo planetario che rappresenta la prima sperimentazione di un’informazione che, già in via di trasformazione per lo sviluppo delle nuove tecnologie, anch’essa cambierà per sempre.

Questo 11 settembre, l’11 settembre del 2001 sconvolse, davvero, il mondo. Il nostro mondo. E il Terzo Millennio fece irruzione nel cuore dell’Occidente, in quell’America che faceva da bandiera per tutto “il mondo libero” colpita nel suo cuore politico e militare (il Pentagono) e soprattutto nel suo scintillante simbolo (New York) presentandosi quale simbolo di una trasformazione epocale.
Ci scoprimmo una civiltà sotto attacco. Ci scoprimmo insicuri, odiati. Da questo momento, le nostre convinzioni su globalizzazione e multiculturalismo iniziarono a vacillare. Avevamo scoperto di avere dei nemici. E avevamo paura.
Niente è stato più come prima. Ancora è così, ventuno anni dopo.
Abbiamo inesorabilmente cambiato, per ansia e per necessità, abitudini (chi si ricorda com’era “facile” viaggiare prima del 2001?), modo di essere, mentre nuovi, altrettanto drammatici, eventi continuano a consumare i nostri limiti che abbiamo imparato a nascondere dietro mascherine e distanziamenti definiti “sociali”, per reagire all’attacco di un virus.
Intanto, quei terroristi – e chi li armò ed organizzò quegli attentati – avevano raggiunto il più profondo degli obiettivi: incidere sull’evoluzione della società, da loro considerata ‘nemica’, provocando profondi cambiamenti nei concetti di democrazia e di comunità. Il risultato, che ancora stiamo subendo, è quello di ritornare ad un evidente egoismo socio-politico, rinunciando – almeno in parte, si spera – ad essere una società aperta, tollerante, includente, cadendo nell’errore di iniziare a considerare, da parte di una certa politica, scontato che per garantire la sicurezza si debbano comprimere alcuni diritti civili fondamentali, come se il concetto di sicurezza e quello di libertà, declinato nelle sue forme più varie, a partire dalla possibilità di muoversi liberamente, fossero – e siano ancora – in contraddizione, secondo l’equazione più sicurezza uguale meno libertà.
Populismi e sovranismi sono ritornati prepotentemente a farsi largo nei programmi di una certa politica, di destra quanto di sinistra. Considerandoci “soli contro tutti”, facendoci scudo con una nostra presunta superiorità socio-culturale rispetto alle altre società, ci rintaniamo dentro i nostri stretti confini provando a costruire muri che invece non possono essere più invalicabili, mentre, invece, dobbiamo convincerci che cultura e integrazione sono le sole armi utilizzabili per uscire da questa situazione, da questo assedio preoccupante.
E dare luce a questo secolo altrimenti nato nel buio. Nell’oscurità della paura
È questa la lezione dell’11 settembre.