Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 11 giugno, Corpus Domini
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i.
la Chiesa celebra, oggi, la Solennità del Corpus Domini, istituita nel tredicesimo secolo (dopo fatti prodigiosi accaduti a Bolsena ed altre località italiane e straniere) da Papa Urbano IV nel 1264 d.C. ed estesa a tutta la Cristianità con la bolla “Transiturus”. Lo stesso papa incarica il grande teologo Tommaso d’Aquino per comporre l’ufficio della Solennità della Messa del Corpus Domini, a tutt’oggi in vigore.
Il brano del vangelo di questa festività ci viene da Giovanni (Gv.6,51-58), tratto dal capitolo VI, dedicato alla moltiplicazione dei pani ed al lungo discorso nella Sinagoga di Cafarnao, interrotto da chiarimenti e dure contestazioni da parte dei presenti all’evento.
La pericope del vangelo di oggi è breve (appena 8 versetti), ma molto intensa, come risulta dalle parole che ricorrono a più riprese: mangiare (8 volte), bere/ bevande (4 volte), carne (6 volte), sangue( 4 volte), vita/ vivere (9 volte). Un vangelo questo incarnato nelle nostre storie ed assai lontano da sofismi e fantasie!
Ma ascoltiamo Gesù nella Sinagoga di Cafarnao:
“Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno ed il pane che io darò è la vita del mondo”.
Parole che dobbiamo contemplare più che spiegare, perché non riusciamo a comprendere in pienezza, se non alla luce di quel che accadrà la sera del Giovedì santo, quando realizzerà le promesse fatte, con l’istituzione del Sacerdozio e dell’Eucarestia.
I presenti nella Sinagoga sono rimandati, non a cose straordinarie, ma all’umile realtà del pane, che ognuno mangia, ogni giorno.
Gesù si dona a noi servendosi di due elementi poveri: il pane ed il vino, segni di unità e comunione.
Due realtà vissute intensamente dai primi cristiani, come testimonia la Didaché (dottrina dei 12 Apostoli di autore sconosciuto del II secolo d.C.).
Questo testo, scrivendo circa l’Eucaristia, in maniera simbolica, afferma che, come le spighe, maturate e raccolte sulle colline, ci danno milioni di chicchi che, stritolati dalla macina, divengono farina (unità) e pane sulle nostre tavole ( comunione)… così i cristiani, attraverso persecuzioni e sofferenze divengono unità e comunione.
In tutte le religioni antiche è l’uomo che dà a Dio, con offerte, sacrifici, pellegrinaggi, preghiere, nella nostra religione, invece, è Gesù stesso che si dà a noi. “Prendete e mangiate questo è il mio corpo; prendete e bevete questo è il mio sangue. Fate questo ed io sarò con voi”.
Gesto talmente sublime che, soltanto, l’uomo Dio, Gesù Cristo, poteva concepire per, così, restare per sempre con noi.
Fare comunione è nutrirsi di questo pane, il corpo santissimo di Gesù che diviene una cosa sola con il nostro corpo.
Con l’Eucarestia Gesù si dona a noi e si perde dentro di noi “come lievito dentro il pane, come pane dentro il corpo” (Ermes Ronchi).
Nella celebrazione eucaristica Cristo, con la comunione, si fa dono per noi. E noi, terminata la celebrazione, se vogliamo vivere l’Eucaristia, è necessario essere dono per coloro con i quali condividiamo tratti di strade esistenziali:
-essere dono nel portare un po’ di luce nelle storie più complesse e dare volto a chi è considerato un numero nella società,
-essere dono di condivisione per chi, afflitto da angosce mortali, non riesce, da solo, a trovare un senso alla vita;
-essere dono di accoglienza per chi, superato il mare bello e crudele, vaga per le nostre terre in cerca di un po’ di pane, un po’ di affetto e di sentirsi a casa, da qualche parte.
Buona domenica del Corpus Domini.
Don Giuseppe Fiorillo