Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 18 giugno
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i,
il brano di questo vangelo di Matteo (Mt 9,36-10,8), come luogo, ci conduce in Galilea (la Galilea delle genti!), come tempo, ci colloca nei primi mesi della Missione di Gesù.
Gesù percorre città e villaggi, portando ovunque novità, entusiasmo e grande speranza di vita nuova:
“In quel tempo, Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore.
Allora disse ai suoi discepoli: la messe è abbondante, ma sono pochi gli operai!
Pregate dunque il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe! (Mt 9,36-38).
Gesù ha compassione (soffrire con) per la folla, oppressa dell’impero romano che imponeva pesanti tributi, violentata dalle scorrerie della soldataglia, dimenticata dal Sinedrio di Gerusalemme “a tutt’altre faccende affaccendato”… tuttavia la folla da massa è matura per diventare popolo. Mancano gli operai!
Gesù, quale sostegno alla sua opera di salvezza, individua, tra la folla, dodici uomini (dodici erano le tribù d’Israele!), costituendoli Apostoli, cioè, inviati.
Da’ loro il potere sugli spiriti impuri per scocciarli e guarire ogni malattia ed ogni infermità.
Gesù, partecipando il suo potere ai Dodici, crea una comunità di Vita.
Ed ecco la sua squadra, pronta per la missione!
Una squadra di uomini comuni, umili e poveri. Nessuna competenza speciale. Nessun laureato, uscito dalle due famose scuole di Shamnai o di Hillel, con sede in Gerusalemme.
Tra i Dodici abbiamo dei pescatori, degli agricoltori, un pubblicano (Matteo), un ex terrorista (Simone lo zelota), Giacomo d’Alfeo, tradizionalista, Filippo, un greco, Bartolomeo, un puro ebreo, Giuda Iscariota il traditore.
Nessun motivo umano per stare assieme! Unico motivo l’amore incondizionato verso il giovane rabbi di Nazareth che li ha caricati di bei sogni.
Questa squadra, così sconclusionata, con forti depressioni e sublimi slanci, seguirà Gesù per le polverose e strette strade di Palestina e, dopo la Resurrezione, percorrerà le grandi strade consolari dell’impero per proclamare, fino allo spargimento del proprio sangue, che Gesù è morto, risorto e vive nelle storie umane.
“Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei Cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt. 10,7-8)
Il cristianesimo è movimento, è “strada facendo”.
È Dio che si presenta con gesti di pietà e di compassione (guarite, curate, risuscitate …). Il cristianesimo è acqua che scorre, è strada, è periferia, è umanità.
La missione dei seguaci di Cristo ha, così, due dimensioni: predicare e guarire la vita o, almeno, prendersi cura.
Uomini fragili, chiamati a curare le fragilità di altri uomini.
“Dio salva sempre attraverso altri uomini” (Romano Guardini)
Anche oggi, duemila anni dopo, abbiamo una sterminata messe che necessita di essere raccolta. Mancano, anche oggi, gli operai!
Invochiamo il Padrone della messe che mandi operai nella sua messe:
Operai-educatori che spezzino, con competenza, il pane del sapere e mostrino ai viandanti sentieri e traccino viottoli nella “selva oscura” del consorzio umano.
Operai-genitori di carne e sangue che sappiano dare ai figli un supplemento di spirito e, così, con radici ed ali, possano volare alto, come aquile.
Operai-profeti che, in povertà di spirito ed umiltà di cuore, gridino, con la forza della ragione, contro il Nuovo Ordine mondiale, che vuole gregge e non persone, vuole pance da riempire e non teste pensanti, vuole spade e lance (guerra) che uccidono e non aratri e falci (pace) che portano vita nella bella compagnia degli uomini.
Operai- consolatori con mani che accarezzano visi, con parole che aprano cuori alla speranza, con pane di pianto con chi piange, con calice di lacrime con chi soffre.
Buona domenica.
Don Giuseppe Fiorillo