Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 16 luglio
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i
con questo brano del Vangelo (Mt.13,1-23) inizia, nella liturgia domenicale, la lettura del terzo discorso, detto “discorso delle parabole del Regno”, dopo quelli denominati “della montagna” e “della missione”.
Il capitolo 13 di Matteo contiene 7 parabole che leggeremo in queste ultime domeniche di Luglio.
Le parabole sono il tratto più bello della predicazione di Gesù: esse vengono dalla sua ricca fantasia e dalla attenta osservazione dei fatti quotidiani.
Le parabole indicano un paragone, una similitudine con la realtà naturale o sociale. Sono, in definitiva, una narrazione simbolica che aiuta a vedere un mondo “oltre”.
Oggi, in questa prima parabola, contempliamo la figura del seminatore, che semina dappertutto, sulla strada, sui rovi, sul terreno sassoso e sul terreno buono.
“Quel giorno Gesù… parlò loro di molte cose con parabole. E disse: ecco il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava una parte cadde lungo la strada… un’altra parte cadde sul terreno sassoso…un’altra parte cadde sui rovi… un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto…”
L’archeologo Bargil Pixner osb, qualche anno fa, ha identificato il luogo dove Gesù “quel giorno” dalla barca racconta alla folla, radunata sulla riva del lago di Genezareth, le 7 parabole del Regno.
Si tratta di una piccola baia, nelle vicinanze di Tabgha, a circa due chilometri da Cafarnao, dotata di una acustica perfetta.
Dalla barca, dondolata dalle acque del lago, Gesù, con le spalle rivolte al lago stesso, ha davanti a sé i campi delle colline circostanti, con al centro un seminatore, che sparge la semente a larghe falde, quasi distratto, senza badare dove questa vada a finire.
Questo seminatore è un sognatore, perché vede vita e futuro, ovunque, nei sassi, tra le spine, sulla strada, sul terreno buono.
Oggi tocca a noi, uomini e donne di buona volontà, sentire il bisogno urgente di essere seminatori di danze, di gioia, di sogni, di progetti di vita, di attese, di albe luminose, nonostante, la notte oscura.
Tocca a noi sentire l’urgente bisogno di recuperare il seme caduto sulla strada, prima che sia divorato dagli “uccelli”.
Tocca a noi dare più spazio alla vita, liberandola dai sassi, dal groviglio delle spine: sete di potere, affari disonesti, profitti illeciti, realtà tutte che soffocano Dio che è dentro di noi.
Tocca noi essere, ancora, terreno fertile che, nei suoi solchi, accoglie il seme della pace, unico antidoto alla follia delle guerre, unica carezza sulle rughe profonde dei visi degli esclusi dal banchetto della vita… e portare sempre sorrisi, musica dell’anima… e seminare solidarietà: “perché la vita è troppo corta per essere egoisti”(Luigi Verdi).
Buona domenica .
Don Giuseppe Fiorillo