Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 28 gennaio
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i,
oggi con questo brano del vangelo di Marco (Mc. 1, 21-28) celebriamo la 4ª domenica del tempo ordinario. Gesù, dopo il battesimo al Giordano e dopo l’arresto di Giovanni Battista, lascia la Giudea, ritorna in Galilea e si stabilisce a Cafarnao, snodo stradale tra nord e sud della Palestina. Cafarnao, cittadina vivace per idee, commerci e popoli in transito.
Ascoltiamo la parola di Marco.
“In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga a Cafarnao, insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli Scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga, vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: “Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!”. E Gesù gli ordinò severamente: “Taci! esci da lui!”. E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: “Che è mai questo? un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!”. La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea. (Mc 1,21-28).
È sabato, giorno di riposo fisico, dedicato alla parola di Dio. Gesù, da buon israeliti, va in sinagoga, a Cafarnao e, dopo la proclamazione della pericope (non sappiamo quale sia stata), prende la parola.
Al tempo di Gesù, a 12 anni, si era spiritualmente maggiorenni e, quindi, si poteva, in sinagoga, intonare un salmo o commentare il passo proclamato da uno scriba o da un levita.
Gli Scribi, dopo un lungo studio presso una delle scuole riconosciute dal Sinedrio (a Gerusalemme ne esistevano due al tempo di Gesù: Shammai e Hillel) venivano dal Sommo Sacerdote consacrati, ricevendo lo spirito di Mosè. Gli Scribi erano, quindi, la sola autorità legittimata ad interpretare la Torah ed i Profeti. Col tempo gli Scribi erano divenuti dei professionisti del Sacro, freddi e distanti dal popolo.
Quel sabato, quando Gesù, in sinagoga, prende la parola, va al cuore della gente, perché messaggio e messaggero sono un tutt’uno.
Di fatti, Gesù, attraverso la forza viva del suo linguaggio, fatto di cose e di realtà concrete, cattura l’attenzione, arriva al cuore della gente a tal punto che viene spontaneo a tutti esclamare: “Che è mai questo? un insegnamento nuovo, dato con autorità” (Mc 1,27)
Oggi viviamo un grande disagio: c’è crisi di valori nelle istituzioni, sia civili che religiose. Manca la vera autorità e la credibilità. Le parole non sono abitate della vita, perché, spesso, prive di umanità. “Non basta essere credenti, bisogna essere credibili”. (Rosario Livatino)
In Gesù parole e vita vivono una perfetta armonia.
Se ne accorge l’indemoniato (icona del male!) che se ne sta tranquillo in sinagoga. Chi sa da quanto tempo!
Anche nelle nostre chiese, probabilmente, il demonio prende, qualche volta, alloggio! “Noi costruiamo belle Basiliche, ma il demonio, dentro, a nostra insaputa, si costruisce una piccola cappella” (Martin Lutero).
Lo spirito del male, davanti a Gesù, pronuncia la sua professione di fede e la sua sconfitta: “Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? sei venuto a rovinarci? io so che tu sei il Santo di Dio” (Marco 1,24)
Gesù salva e rovina: “Nel tempio di Gerusalemme Simone parlò a Maria, sua madre: Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione, perché siano svelati i pensieri di molti cuori” (Luca 2, 34-35)
Gesù è venuto a rovinare tutti i progetti che sono costruiti per danneggiare l’uomo. È venuto per spezzare catene, per aprire le porte delle carceri agli innocenti, per dare occhi, dare orecchie, dare gambe, braccia, orizzonti di vita sempre più aperti.
È venuto per rovinare tutte le negatività di cui siamo posseduti: successo, ricchezza, lusso sfrenato, dominio sopraffazioni …
E Gesù è, soprattutto, risurrezione, perché salva e libera.
Ci libera dalle guerre, perché vuole che i popoli “forgino le loro spade in vomeri, le loro lance in falci” (Isaia 2,3);
ci libera da una fede, vissuta all’insegna delle paure e delle superstizioni , spesso, chiusa nei recinti dell’egoismo; ci libera dal timore di contaminare la fede portandola nelle strade, nei vicoli della città, nelle case degli uomini, dove si piange e si gioisce ;
ci libera da una fede che non cambia la vita, il modo di gestire le cose e le persone. “La fede senza le opere – dice Giacomo – è morta” (Giacomo 2, 26).
E Gesù ci salva, perché, col suo messaggio di vita autentica, aiuta tutte le persone a pensare ed agire in modo critico nei confronti delle ideologie dominanti.
Ci salva dal potere assoluto dei mezzi di comunicazione, dalla schiavitù delle mode, dal desiderio sfrenato del consumismo, dal narcisismo del potere;
e ci salva ancora con l’opera della Chiesa, mandata da Lui, là, dove si gioca il destino dell’uomo per costruire un mondo più giusto e più umano.
Buona Domenica.
Don Guseppe Fiorillo