Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 4 febbraio
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i,
questa pagina del Vangelo di Marco è la prosecuzione del brano di domenica scorsa e ci documenta una giornata detta “la giornata di Cafarnao” che va dalla conclusione della liturgia sinagogale del sabato al mattino del giorno dopo. Ascoltiamo questa pagina:
“In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti la porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demoni, ma non permetteva ai demoni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono gli dissero:” Tutti ti cercano!”. Egli disse loro:” Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!” E andò per tutta la Galilea predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demoni. (Marco 1, 29- 39).
In questo testo abbiamo l’elenco delle tre azioni preferite da Gesù: guarire, pregare annunziare.
GUARIRE.
Siamo a Cafarnao, nelle prime settimane di evangelizzazione. Gesù ha già scelto i primi quattro Apostoli: Simone e Andrea, Filippo e Giacomo. Dopo la liturgia del sabato che, generalmente, si concludeva sul mezzogiorno, Gesù con i quattro si dirige verso la casa di Simone per il pranzo. Lungo il cammino gli riferiscono che la suocera di Pietro è a letto con la febbre. Gesù entra in casa e resta in silenzio, poi, si avvicina al letto dell’ammalata, la prende per mano e la guarisce.
Dinnanzi al dolore del mondo c’è bisogno, oggi, più che di parole, di azioni. L’ammalato deve essere avvicinato, preso per mano ed accompagnato verso la piena guarigione. Questo fatto avviene nell’intimità di una casa ed in silenzio. Gesù, come risulta dal vangelo di Marco, non vuole pubblicità, sfugge il devoluzionismo verso la sua persona ed allontana il miracolismo. Per Lui importante è la parola e la cura.
Quante volte nei vangeli ritorna il verbo “curare” più che il verbo “guarire”. Curare e preoccuparsi della gente, stare vicino, frequentare le strade e le piazze e “mangiare e bere con i peccatori”. È spendere la vita per gli altri fino – come scrive Paolo – alla morte.” Umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce” (Filippesi 2,8).
Oggi all’essere si preferisce la visibilità. Si lotta, con mille espedienti, per conquistare un podio sul quale salire e cantare vittoria… pur convivendo con l’angoscia che “un altro, prima o poi, ti butterà giù” (Michel Foucault). Non così per Gesù! Per Gesù resta fermo il suo Vangelo: “se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti” (Marco 9,35).
Queste parole di Gesù vengono vissute dalla suocera di Pietro che, guarita, si mette a servire gli ospiti.
La suocera di Pietro, nella lettura dei Padri della Chiesa, è icona di una chiesa che accoglie, che guarisce le piaghe con il balsamo della vicinanza e col servizio, donato a tutti, in maniera particolare ai più emarginati.
PREGARE.
“Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito si ritirò in un luogo deserto, e là pregava”.
Al calar del sole finisce il sabato. Tutta la città di Cafarnao si presenta alla casa di Pietro e Gesù accoglie, conforta, guarisce, ma soprattutto, cura con l’annuncio del Vangelo fino a notte inoltrata. In Gesù abbiamo azione e contemplazione: agisce e poi si ritira, al mattino, in un luogo deserto, luogo non abitato da voci umane, ma dalla silenziosa presenza del Padre.
Oggi viviamo preferendo il fare, la visibilità alla contemplazione. Non sostiamo dinnanzi ad un fiore che si apre per dare profumo, non leggiamo un viso scavato dalla sofferenza, non partecipiamo al sorriso di un bimbo che si affaccia alla vita e non apriamo lo scrigno di saperi e di memorie di vecchi che, andandosene, ci lasciano più poveri e più soli.
ANNUNZIARE.
” Lo trovarono e gli dissero: “Tutti ti cercano!” Egli disse loro: “Andiamocene altrove nei villaggi vicini, perché io predichi anche là”… Gesù non cerca applausi, non si culla sulle glorie conquistate, non cerca consensi… c’è nella sua vita sempre un “altrove”. C’è un cammino sempre aperto. C’è un andare sempre verso gli altri, perché tutti hanno diritto all’ascolto della sua parola.
Gesù è acqua che scorre! Noi, spesso, siamo acqua da stagno! Gesù ha l’ansia di raggiungere tutti! Noi ci fermiamo ai nostri!
Gesù per Verità e Giustizia rompe con Scribi e Farisei, Noi preferiamo il quieto vivere e non turbiamo le subdole manovre dei sempre attuali e sempre nuovi Scribi e Farisei!
Buona domenica ricordandoci che “è camminando che s’apre cammino”.
Don Giuseppe Fiorillo