Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 25 febbraio
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i,
domenica scorsa siamo stati con Gesù nel deserto, oggi, seconda domenica di Quaresima, siamo sul monte Tabor, il monte della Trasfigurazione.
Il deserto è il luogo simbolico in cui ogni persona deve passare per scoprire i propri limiti, bisognosi di Dio.
Il monte, poi, è il luogo simbolico dell’incontro con Dio, con la sua bellezza che illumina e conforta la nostra fragile umanità.
Veniamo al testo odierno di Marco:
“In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe rendere così bianche. Pietro disse a Gesù: “Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per Te, una per Mosè e una per Elia”. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo”… (Marco 9,2-10).
Questo brano ci presenta Gesù in cammino verso Gerusalemme per celebrare la sua ultima Pasqua. Per tre volte, lungo il viaggio, annunzia la sua morte in croce e la sua resurrezione, dopo tre giorni.
A questo annunzio un grande scoramento prende i Dodici.
Tre, i più sensibili, Pietro, Giacomo e Giovanni, cadono in una profonda depressione, chiudendosi in un muto silenzio. Allora Gesù interrompe il viaggio, lascia la folla e gli altri discepoli ai piedi del monte e con i tre sale sul Tabor per stare con loro soli ed in disparte. Ed è qui che, sotto i loro occhi attoniti, avviene la Trasfigurazione (rivelazioni al di là dell’immagine), quale sostegno morale e psicologico e quale conoscenza di un “oltre” di Gesù.
Di questo “oltre” i tre faranno memoria, fra qualche settimana, quando, a Gerusalemme, Gesù sarà preso, spogliato, flagellato, crocefisso… allora faranno memoria di quel luminoso “oltre” del Tabor che ha fatto esclamare a Pietro: “Rabbì, è bello per noi essere qui, facciamo tre capanne una per Te, una per Mosè ed una per Elia. È bello stare con Mosè, l’autore della Torah e con Elia profeta, evocati l’uno e l’altro dal Vangelo con l’espressione “la legge e i profeti” per indicare tutta la parola di Dio.
Quel giorno sul Tabor ai tre viene dato il dono di percepire l’intima identità di Gesù, proclamata dal Padre: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!” I tre ora comprendono bene che, “oltre” quel corpo che si vede e si tocca, c’è la dimensione divina.

Ma questi momenti di pienezza di luce di Dio durano poco, perché Gesù richiama i tre alla realtà, invitandoli a scendere dal monte per vivere la ferialitá e vedere un “oltre” nelle persone che attendono a valle.
Anche per noi, oggi, è necessario, nel nostro vivere quotidiano, scoprire un “oltre”, vedere, cioè, tracce di luce nei fratelli e sorelle che incontriamo sulle strade della vita: -tracce di luce sui visi tristi di immigrati, fuggiti da guerre, carestie, naufragi; -tracce di luce nella vita dei nostri giovani che, delusi dalle istituzioni, si perdono, spesso, nei bassifondi della disperazione -tracce di luce nelle persone, fatte ad immagine di Dio e deturpate da mafie, guerre e corruzioni e derubate ed abbandonate, cariche di ferite, sulla strada che da Gerusalemme scende a Gerico; -tracce di luce per scoprire con Pietro la bellezza del vivere assieme, il senso delle cose che facciamo, il calore degli abbracci, la dolcezza degli sguardi, la compassione dei bastonati della vita.
E che il Signore ci dia sempre la grazia di vedere e sentire un “oltre” in ogni persona che incontriamo e… ricordiamoci che “anche nel più nero dei criminali c’è una fioca fiammella, bisognosa del nostro olio” (Jan Baptiste Lacordaire).
Buona domenica di Quaresima.
Don Giuseppe Fiorillo