Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 7 aprile
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i,
Gesù, dopo la Risurrezione, resta ancora 40 giorni sulla terra. Incontra, come narrano i Vangeli, più volte Discepoli ed Apostoli. Oggi, seconda domenica di Pasqua e domenica voluta da San Giovanni Paolo Secondo quale domenica della Divina Misericordia, la liturgia presenta, otto giorno dopo la Resurrezione, l’incontro di Gesù con Tommaso, detto Didimo (Giovanni 20,19- 31).
“Otto giorni dopo la Resurrezione i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: “Pace a voi!”. Poi disse a Tommaso:” Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!”.
Gli rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!” Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto”.
Tommaso a chi affermava, nei giorni subito dopo la Resurrezione, che Gesù era risorto rispondeva: “se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo”.

Gesù, a conforto di Tommaso e nostro, accetta la sfida, viene nel Cenacolo, a porte chiuse, (le porte chiuse non fermano il Signore, come le nostre chiusure non fermano il suo Amore) sta in mezzo a loro e dice rivolto proprio a Tommaso: “Metti il tuo dito nei fori delle mie mani e la tua stessa mano nel mio fianco e sii credente”. Tommaso (anche se i pittori, nei secoli, lo dipingono con il dito dentro i fori aperti delle mani!) non avrà messo né dito, né mano dentro i fori e dentro il costato di Gesù ma, caduto in ginocchio davanti all’evidenza, proclama la sua semplice ma commossa professione di Fede: “Mio Signore e mio Dio”. Nelle apparizioni del tempo di Pasqua, come ci raccontano gli Evangelisti, Gesù si presenta con le sue piaghe, quasi a ricordarci che Lui è sempre presente nei dolori dell’umanità, perché “su di sé ha preso tutte le scelleratezze” (Isaia).
La Resurrezione e, quindi, non ha chiuso i fori aperti dai chiodi, non ha rimarginato le ferite del costato, come ci saremmo tutti aspettato…
Oggi ci chiediamo perché Gesù, pur avendo un corpo glorioso, nel presentarsi ai Suoi, mostra le ferite quale testimonianza della sua Risurrezione?
Perché le sue ferite sono icona di tutte le sofferenze provocate da una umanità violenta verso un’umanità fragile e povera. Gesù invita Tommaso, ed in Tommaso tutti noi, a toccare, a prendere in cura i corpi, guarire con la nostra vicinanza e condividere gioie e dolori.
Oggi il “creato geme e soffre le doglie del parto” (Romani 8,22) nell’attesa della nascita di un mondo nuovo.
A noi, illuminati dal messaggio di Cristo Risorto, tocca il compito di ascoltare i gemiti che vengono dai bassifondi esistenziali e lenirli col balsamo del nostro impegno. Ecco alcune di queste ferite che attendono qualche nostra cura:
– 100 milioni circa (stime O.N.U) di uomini, donne, bambini, vecchi che, cacciati da loro territori, a motivo di guerre, povertà, alterazioni climatiche, errano per il mondo in cerca d’un pezzo di pane da condividere, un affetto da partecipare, un luogo dove sentirsi a casa.
– Milioni di ragazze e ragazzi del mondo chiedono pane, scuola, socialità, lavoro, futuro, ma nessuno spezza loro il pane, pur essendocene in gran quantità.
-Troppe brutture sulla terra: rapimento di bambini, uccisioni di bambini, sfruttamento di bambini; campi di sterminio in Siria, in Libia, Yemen, Sud Sudan, Ucraina; stupri di donne; mare, cieli, terre avvelenate per sempre.
– Pochi e spietati sono gli oppressori che dominano su un numero sterminato di oppressi, senza voce e privi di dignità. Troppe, troppe ferite… e Lui “resta in agonia, nel Getsemani, con le sue ferite, fino alla consumazione dei secoli” (Blaise Pascal)
Buona Domenica nella gioia del Signore risorto.
don Giuseppe Fiorillo