Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 14 aprile
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i,
oggi è domenica, terza domenica di Pasqua. Con la narrazione del brano del Vangelo di Luca, che la liturgia odierna ci propone, siamo nel Cenacolo di Gerusalemme, il luogo della celebrazione dell’ultima Cena, il luogo dell’incontro con il Risorto, il luogo – rifugio fino alla Pentecoste.
“In quel tempo i due discepoli, che erano ritornati da Emmaus, narravano agli Undici e a quelli che erano con loro ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: “Pace a voi”!
Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma, ma egli disse loro: “perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho”. Dicendo questo mostrò loro le mani e piedi” (Luca 24,35-48).
È la sera del giorno della Resurrezione e nel Cenacolo, quando Gesù si presenta, ci sono anche i Due discepoli di Emmaus che, qualche ora prima, lo avevano incontrato sulla strada e riconosciuto in casa nello spezzare il pane.
Nel pieno della narrazione dei Due di Emmaus Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo a loro e disse: “Pace a voi” Di questa luminosa pagina di Luca prendiamo, fra tanti, tre messaggi:
– Gesù sta in mezzo a loro. Non sta in alto, né davanti a loro, ma in mezzo a loro. Gesù, nei tre anni di vita pubblica, è stato sempre tra la gente e sempre ha messo al centro dell’attenzione gli altri. Ricordate?

Quando i discepoli discutono tra loro chi sarebbe il primo nella costituzione del nuovo Regno, Gesù chiama un bambino, lo mette in mezzo e dice: se non diventerete come questo bambino non entrerete nel mio Regno; o, quando nella Sinagoga di Cafarnao, gli presentano un paralitico, Lui lo mette in mezzo, all’attenzione di tutti e poi lo guarisce.
I farisei, al contrario, stavano lontano dalla gente (fariseo significa separato, appartato) non si coinvolgono, né fisicamente, né moralmente con il popolo.
E noi, oggi, alle volte, più che con la pedagogia di Gesù, siamo con lo spirito dei Farisei, soprattutto quando ci preoccupiamo di costruire per noi dei piedistalli per salirvi sopra e, in solitudine, guardare, dall’alto in basso, lo scorrere delle vicende esistenziali della gente.
– Gesù, dopo il saluto di pace nel Cenacolo, vedendo i suoi sconvolti e pieni di paura, dice loro:” perché siete turbati?… guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! toccatemi e guardatemi… e mostrò loro le mani e i piedi”.
Le ferite! sono le ferite i segni della sua carta d’identità. Ha un corpo glorioso, ma con le ferite. Restano visibili le ferite! Restano ancora le ferite nel mondo (guerre, corruzioni, mafie, pestilenze, fame, sopraffazioni).
Tocca a noi – ci dice Gesù – curare le ferite. Come?
Gesù, medico divino, ci lascia la sua ricetta con le prescrizioni per l’uso: l’accoglienza, la fraternità tra i popoli, la compartecipazione dei beni, la vita vissuta come servizio ai fratelli più fragili.
– “Ma, poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse loro: avete qualcosa da mangiare? gli offrirono un po’ di pesce arrostito e lui lo prese e lo mangiò con loro”. Mangiare assieme è il segno d’una comunità che consolida i legami della vita e li sostiene e li fa crescere.
Oggi, i poveri cristi della terra chiedono a chi ha: avete qualcosa da mangiare? i potenti non rispondono, perché “hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non sentono, perché i loro cuori sono induriti” (Isaia 6, 9-10). Tocca a noi, testimoni del Risorto, raccogliere le briciole cadute dalla lauta mensa del ricco Epulone (Luca 16,19-31) e posarle, in umiltà di servizio, sulle mani dei mendicanti della vita.
Buona domenica nella gioia di Cristo Risorto, che si presenta noi, nei luoghi della nostra quotidianità: la strada, la casa, il cenacolo, il giardino, le rive del mare di Genezaret…
Don Giuseppe Fiorillo