Il Parlamento Europeo al momento è l’unico che sia corso ai ripari. Più registriamo, meno ricordiamo. Un mondo senza passato non ha futuro
di Maurizio Bonanno
Secondo un recente sondaggio del Pew Research Center condotto su oltre undicimila adulti negli Stati Uniti, la maggioranza degli americani afferma che l’apprensione dovuta alla presenza dell’intelligenza artificiale nella vita quotidiana è maggiore rispetto all’entusiasmo nei confronti della tecnologia. Il Pew Research Center ha già condotto questo sondaggio due volte in passato e riferisce che il numero di individui che si dicono più timorosi che entusiasti rispetto alla tecnologia è passato dal 37% del 2021 al 52% registrato negli ultimi mesi.
Malgrado questi risultati, il mondo si mostra ancora impreparato ad affrontare queste paure. Una prima significativa risposta è arrivata dal Parlamento europeo che recentemente ha approvato con larghissima maggioranza (523 voti favorevoli, 46 contrari e 49 astensioni) la prima normativa che regola l’uso dell’intelligenza artificiale al fine di garantire una maggiore sicurezza ai consumatori e promuovere l’innovazione.
L’obiettivo è di proteggere i diritti fondamentali, la democrazia, lo Stato di diritto e la sostenibilità ambientale dai sistemi di IA ad alto rischio, promuovendo nel contempo l’innovazione ed assicurando all’Europa un ruolo guida nel settore. Il regolamento stabilisce obblighi per l’IA sulla base dei possibili rischi e del livello d’impatto.
Se, attraverso questa iniziativa, l’Europa ha dato prova di tempestività quantomeno a livello legislativo, lo stesso non si può dire stia accadendo a livello socio-culturale, in una società – quella cosiddetta occidentale ed a più alto sviluppo tecnologico, quale noi siamo – dove ormai si ha la sensazione di vivere sempre più imprigionati nel presente, con uno scarso senso della storia e senza visione del futuro.
Accade così che oggi al desiderio si è sostituita la voglia, alle passioni le emozioni, al progetto l’annuncio, per cui in un mondo dominato dalle emozioni, conta solo quello che si prova nel presente, non la tensione che porta a guardare lontano.
Ed infatti, se vi è una caratteristica delle nuove generazioni, essa è il superamento dell’elemento “romantico”; con il ritorno all’elemento epico. Non interessano più parole, complicazioni psicologistiche e intellettualistiche, quanto azioni. Le nostre nuove generazioni tendono a superare il lato puramente materiale dell’azione e tendono, più o meno consciamente, ad un agire, che è un liberarsi, un prendere contatto non estetistico e sentimentale, con le grandi potenze delle cose e degli elementi. La lotta contro le difficoltà e contro i pericoli materiali si trasfigura e trova soluzioni immediate e tranquillizzanti attraverso l’utilizzo della tecnologia, che si sviluppa a ritmi vorticosi e coinvolgenti.
Blake Lemoine, ingegnere di Google, ha fatto sapere di recente che uno dei sistemi di intelligenza artificiale più avanzati dell’azienda, The Language Model for Dialogue Applications (LAMDA), potrebbe avere dei sentimenti suoi: “Dietro le impressionanti capacità verbali della tecnologia – ha spiegato – potrebbe nascondersi una mente senziente”.
Google ha negato questa eventualità e l’ingegnere è stato messo in congedo retribuito. Ma il mondo dell’intelligenza artificiale è ormai sempre più vicino a quello delle emozioni umane. I ricercatori che si occupano di intelligenza artificiale e gli esperti di neuroscienze concordano sul fatto che, per quanto le attuali forme di intelligenza artificiale non possano avere emozioni proprie, di sicuro possono imitare le emozioni grazie ai sistemi di machine learning. A enfatizzare questo effetto, c’è anche il linguaggio sintetico di molti assistenti che aiuta a enfatizzare il tono umano con cui molti di questi servizi operano ed emettono emozioni più realistiche.
Essendo in grado di masticare e processare infiniti dati, infatti, i Big Data e l’Intelligenza Artificiale rendono alcuni dispositivi di supporto incredibilmente simili all’essere umano. Ne sono una dimostrazione gli assistenti vocali casalinghi e quelli presenti negli smartphone o anche i robot che si prendono cura degli anziani, in grado di offrire un’interazione estremamente efficace e di anticipare anche alcune richieste degli utenti.
La conseguenza è vivere una fase di tedio, nella quale null’altro c’è da chiedere con la conseguente mancanza di prospettive future che spegne la fantasia. Tutto è catalogato e conservato: attraverso backup costanti, cloud e via elencando, la memorizzazione di ogni qualsivoglia atto, situazione, fatto e/o accadimento è conservato in qualche parte di una grande memoria che, se consultata, lo riporta all’attenzione dell’utente e, attraverso l’IA può essere elaborato secondo le singole necessità addirittura spingendosi fino alla falsificazione della verità storica accolta senza verifica alcuna,
L’oblio, la dimenticanza sono le caratteristiche dei tempi, con il rischio costante che “originali” revisioni storiche prendano il sopravvento utilizzando la via semplificata dell’assenza di memoria.
È il paradosso dei nostri tempi. Sebbene le possibilità di incamerare e registrare dati siano aumentate – ed aumentano – in maniera esponenziale, la nostra capacità, come individui e come collettività, di ricordare sembra al contrario ridursi proporzionalmente. Più archiviamo, meno ricordiamo. Abbiamo a disposizione, in misura superiore a qualsiasi altra epoca nella storia umana, strumenti di archiviazione e banche dati in cui abbiamo inserito persino gli aspetti più minuti e frivoli del nostro passato, eppure sembra che viviamo in un eterno presente.
Semplicemente, non ricordiamo.
Sia chiaro, si tratta di una situazione paradossale alla luce delle possibilità tecnologiche a nostra disposizione, ma non è un problema in sé nuovo.
Di questo fenomeno della dimenticanza, se ne occupò, ad esempio, Platone nella sua opera “Fedro” discutendo dei vizi e delle virtù del nuovo medium che aveva fatto irruzione nella Grecia di quei tempi: la scrittura.
Platone racconta la leggenda del dio egizio Toth che si presenta al faraone per illustrargli la sua nuova invenzione: la scrittura appunto.
“Questa scienza, o re, renderà gli egiziani più sapienti – gli raccontava – e arricchirà la loro memoria, perché questa scoperta è una medicina per la sapienza e per la memoria”.
Ma il faraone obiettò: “Ti sbagli. Perché la scrittura genererà oblio nelle anime di chi l’imparerà, in quanto tutti cesseranno di esercitarsi nella memoria, perché richiameranno alla memoria le cose semplicemente leggendole”.
Insomma, già a quel tempo si ragionava sui pericoli insiti nel fatto che la possibilità di registrare idee ed eventi non è un aiuto alla memoria, ma un incentivo a dimenticare.
Si vive come criceti in gabbia che continuano a girare la ruota convinti di correre mentre restano praticamente immobili: senza voler lasciare la casa paterna, senza partire e andare preferendo lanciarsi in avventure virtuali che danno l’illusione di poter conoscere il mondo senza alzarsi dalla poltrona di casa.
Un mondo, una società che così vive, non ha futuro, chiuso in confini stretti quanto quelli di una stanza. Eppure il progresso incalza con soluzioni tecnologiche che si rinnovano a ritmo crescente!
Cosa fare?
Innanzitutto, bisogna ritrovare il gusto della sfida, bisogna riacquistare il coraggio di abbandonare sentieri già tracciati iniziando un proprio personale viaggio che abbia una sola meta precisa: superare le Colonne d’Ercole delle proprie conoscenze e scoprire un “Nuovo Mondo”, attraversare i mari senza paure delle tempeste alla ricerca di nuovi approdi: mentali, visionari.
In questo caso l’IA sarà utile, purché sia dagli umani governata e non viceversa, attraverso un processo di umanizzazione della tecnologia che da un lato sia finalizzato a renderla simile all’umano e dall’altro che possa interagire meglio con essa, affinché sia l’essere umano direttamente coinvolto ad attribuire umanità al robot tramite l’interazione e la comunicazione che avvia con la macchina, e non la macchina ad avere sentimenti propri.
Perché desiderio e passione sono carburanti per progettare – e realizzare – una vita degna di essere vissuta.
Perché un mondo senza memoria non ha futuro!