15 persone sono finite in carcere, 7 gli arresti domiciliari e 9 hanno avuto l’obbligo di dimora
I Carabinieri del Comando Provinciale di Crotone, con il supporto dei colleghi di Catanzaro, Vibo Valentia, Cosenza e dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria, hanno dato esecuzione a un provvedimento cautelare, emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Catanzaro, su richiesta della DDA, nei confronti di 31 persone (15 delle quali in carcere, 7 gli arresti domiciliari e 9 con l’obbligo di dimora), indagate, a vario titolo, per “associazione per delinquere di tipo mafioso”, “estorsione”, “usura”, “danneggiamento”, “associazione per delinquere, finalizzata alla commissione di reati in materia di stupefacenti”, nonché per numerosi “reati in materia d’armi, di sostanze esplodenti e di stupefacenti”.
Le indagini sono state avviate nell’ottobre del 2020 dalla Sezione Operativa del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Crotone, a seguito di un episodio estorsivo ai danni di un imprenditore cutrese, attuato da tre persone.
Le indagini hanno presto però preso una piega ben superiore a quella che si aspettavano gli inquirenti, fotografando le dinamiche del Locale di ‘Ndrangheta di Cutro dopo l’arresto del Boss egemone Nicolino GRANDE ARACRI, e il suo successivo tentativo di collaborazione, poi venuto meno per la sua inattendibilità.
In tutto questo però si fa sempre più incisiva la presenza della famiglia MARTINO, già collegata a GRANDE ARACRI, facente capo a Vito MARTINO che è detenuto, composta principalmente dalla moglie e dai due figli, che hanno cercato di affermarsi sempre più come famiglia di ‘ndrangheta autonoma sul territorio di Cutro in contrapposizione ai CIAMPÀ- DRAGONE.
Sono stati raccolti gravi indizi di colpevolezza in ordine a reati commessi con le modalità tipiche dell’associazione di tipo mafioso, ed in particolare all’esistenza di una “bacinella”, finanziata anche tramite lo spaccio e lo smercio, in forma associativa, d’ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, sulla direttrice Cutro – Cosenza – Catanzaro – e per il sostegno economico di affiliati e famiglie dei detenuti.
Il reato che incideva più sul territorio erano le intimidazioni che poi si trasformavano in estorsioni ai danni di titolari di attività commerciali e nell’usura (un episodio usurario, commesso ai danni di un imprenditore, è sfociato in un autonomo procedimento penale con l’arresto di due persone e il deferimento di una terza).
È emerso, anche, l’episodio di danneggiamento delle auto di componenti di spicco della famiglia MARTINO, avvenuto con l’avallo del boss Domenico Mico MEGNA, significativo per interpretare i rapporti tra le varie cosche della provincia e l’evoluzione dei rapporti di forza tra le stesse.
Non sono mancati poi episodi in cui si palesava la disponibilità di armi di parte degli indagati, che hanno portato anche a due sequestri, uno nel 2021 e l’altro nel 2022, che si sono potuti ottenere grazie alle intercettazioni telefoniche e ambientali corroborate da riscontri connessi allo sviluppo di attività di osservazione e pedinamento.