Le accuse andavano dal peculato all’abuso d’ufficio, dalla concussione alla violenza sessuale, ma non solo anche corruzione e abuso d’ufficio per la cancellazione di multe, falsità e distruzione di atti pubblici.
Si è concluso con la condanna a 6 anni e 6 mesi di reclusione per l’ex sindaco di Petilia Policastro Amedeo Nicolazzi, a 3 mesi l’ex vicesindaco Vincenzo Ierardi, 6 mesi invece sono stati inflitti al tecnico comunale Sebastiano Rocca , 2 anni al dirigente dell’Asp Domenico Tedesco, 1 anno e 10 mesi all’ ispettore Spisal Francesco Tilelli, 3 anni all’imprenditore edile Palmo Garofalo, 2 anni e 10 mesi all’ex componente dello staff del sindaco Marilena Curcio, 1 anno e 10 mesi ad Antonio Aloe anche lui ispettore Spisal; 8 mesi a Marta Costanzo, 2 anni e 10 mesi all’ex consigliere comunale Antonio Curcio ed infine 8 mesi al vigile urbano Pietro Lucente (per Tedesco, Aloe, Tilelli, Rocca, Ierardi, Lucente e Costanzo pena sospesa), il processo del cosiddetto sistema Petilia dove gli imputati erano indagati a vari titolo per peculato, abuso d’ufficio, concussione e violenza sessuale
L’ex sindaco, nell’aprile del 2021, era stato destinatario di una misura cautelare a seguito di un’indagine della procura della Repubblica di Crotone in relazione ad alcune presunte irregolarità. Le accuse più gravi che gli erano state mosse riguardavano una presunta violenza sessuale e la concussione: avrebbe chiesto ad una donna favori sessuali in cambio della promessa di dare un posto di lavoro al figlio, ma questa accusa in sede processuale è stata riqualificata in atti sessuali di minore entità.
Anche l’iniziale contestazione di concussione in tentata induzione indebita è stata cambiata in sede processuale in quanto i giudici hanno ritenuto che non vi sia stata alcuna costrizione della persona offesa da parte del Nicolazzi.
L’ex sindaco doveva anche rispondere di peculato in concorso con l’ex vicesindaco Francesca Costanzo (che ha patteggiato tre anni di reclusione), Palmo Garofalo, Marilena Curcio e Antonio Curcio. Accuse che derivano dalla gestione della distribuzione dei pacchi del Banco alimentare e destinati alle famiglie in difficoltà, pacchi che, secondo l’accusa, erano stati distribuiti per finalità elettorali a persone che non ne avevano diritto.
Altri capi d’imputazione includevano la corruzione e l’abuso d’ufficio per la cancellazione di multe, con accuse contro Tedesco, Aloe, Tilelli e altri, per falsità e distruzione di atti pubblici.