Ricominciano a fioccare proposte estemporanee, seppur interessanti. Noi riteniamo che la precedenza si debba obbligatoriamente dare alla città: ai suoi figli illustri, alla sua storia, alle sue tradizioni
di Maurizio Bonanno
Il teatro di Reggio Calabria? Intitolato a Cilea. Quello di Cosenza? A Rendano. Lamezia Terme? Grandinetti. Il nuovo teatro di Crotone appena inaugurato? A Scaramuzza. Finanche al Politeama di Catanzaro, nato, appunto, come Politeama è stato aggiunto – meritoriamente – il nome di Mario Foglietti. E poi, il Bellini di Catania, il Petruzzelli di Bari e via elencando…
E se si dovesse optare non per un nome di artista? Ecco altri esempi, il Teatro alla Scala di Milano, il Regio di Parma e il Regio di Torino, il San Carlo di Napoli, La Fenice di Venezia.
Perché queste scelte? Qual è la caratteristica di queste denominazioni, quale la costante?
L’identificazione del nome alla realtà territoriale del luogo. Cosicché tutti ci chiediamo chi era Petruzzelli o Scaramuzza, o Rendano o Foglietti. E con giusto orgoglio i cittadini spiegheranno la storia della loro città, le tradizioni culturali, quei personaggi nati e/o vissuti qui il cui ricordo è motivo di vanto e di racconto al punto da intitolare un importante luogo di arte e di cultura come un teatro.
Beati quei cittadini che hanno la fortuna di vivere in città dall’antico lignaggio, dalla storia plurisecolare, che possono vantare cultura e tradizioni che si perdono nella notte dei tempi! Beati!
Vibo Valentia (lo si capisce già dal suo nome) evidentemente no!
NO.
In tutta evidenza per alcuni che sanno più di altri, Vibo Valentia è una città troppo giovane per avere una sua storia. Troppo banale per poter vantare tradizioni e cultura. Ed allora si ha la necessità di attingere dove si può, quantomeno in qualche città o comune viciniore che può dare in prestito qualche suo personaggio, qualche sua storia, qualche sua tradizione.
Povera Vibo Valentia!
Chi la abita, non la vive. Chi la abita non la conosce. Chi la abita disconosce storia e tradizioni, le rigetta, le sottovaluta… le offende!
Ecco perché accade che – adesso che si riparla del Teatro e di una sua possibile, auspicabile riapertura – si riprende a discutere a chi intitolarlo.
E così accade che un gruppo, un’associazione che si picca di fare cultura in città, lanci una proposta, un’idea, una bella idea: visto che Vibo Valentia non ha la fortuna di avere una sua storia, né tradizioni e personaggi, andiamo a prenderlo in una città a noi vicina, una di quelle che questa fortuna invece ce l’ha.
Ed ecco l’idea: intitoliamo il teatro vibonese al tropeano Raf Vallone. Quale nome più importante, autorevole, famoso, celebrato e conosciuto?
Non c’è dubbio che Raf Vallone sia tra i più grandi attori di teatro conosciuto ed apprezzato a livello internazionale: ha finanche recitato a Vibo Valentia (perché in un recente passato a Vibo Valentia c’era un teatro con una sua stagione teatrale curata da un’encomiabile associazione ed un giovane che fungeva da direttore artistico). Aggiungo, poi (a titolo personale), che Raf Vallone era persona di grande carisma e di sincera disponibilità avendo avuto l’onore di conoscerlo personalmente e frequentarlo quando tornava in Calabria. Quando tornava volentieri nella sua amata Tropea.
Ottima idea, dunque, intitolare il teatro vibonese al tropeano Raf Vallone, ma…
Possibile che Vibo Valentia non abbia nessuno, proprio nessuno che possa richiamare la sua storia, le sue tradizioni, la sua cultura? Possibile?
Faccio una premessa, necessaria perché si sappia quale sia la mia personale opinione. Io ritengo che il nome giusto per questa teatro dalla travagliata vicenda debba ricalcare le scelte fatte a Milano, Torino, Venezia ed altre città: nessuna intitolazione ad un personaggio pur degno e meritevole, ma una denominazione che ne racconti la storia. Vale a dire che personalmente ritengo che il nome più opportuno dovrebbe essere Nuovo Teatro Comunale.
Perché? Perché spiega la storia “teatrale” di Vibo Valentia.
Vibo Valentia aveva il suo bel teatro: ottocentesco, di stile tale da ricordare il San Carlo di Napoli. Ed era chiamato Teatro Comunale. La storia racconta che una sciagurata decisione degli amministratori dei primi anni ’60 del secolo scorso ne decise l’abbattimento; il teatro in città visse ancora suoi momenti di splendore grazie al Valentini, anch’esso però chiuso da almeno un quarto di secolo. Dunque, denominarlo Nuovo Teatro Comunale avrebbe un significato di rivalsa e di recupero di una storia passata. Inoltre, intorno a questa denominazione esiste agli atti uno studio elaborato attraverso una tesi di laurea realizzata presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria nel Corso di Laurea di Laurea in Design – Dipartimento PAU, che ne traccia le strategie di comunicazione con tanto di nuovo logo, sito web e altro ancora.
Ma – come dicevo – è una mia opinione. Non piace? Si preferisce intitolarlo ad un personaggio, ad un artista?
Bene, anche qui le proposte vibonesi sono possibili. E si può scegliere e decidere prima di sentirsi costretti a rivolgersi altrove, pur avendo profondo rispetto per uno straordinario artista come il tropeano (e non vibonese) Raf Vallone.
Vogliamo indirizzarci nel mondo della prosa? Vogliamo il nome di un attore da ricordare? Vibo Valentia ce l’ha. Ed è un’attrice che fu famosa al suo tempo ed oggi è dimenticata.
Quanti conoscono Dora Menichelli?
Dora Menichelli, fu attrice e cantante nata a Monteleone Calabro, oggi Vibo Valentia, il 13 febbraio 1892 e morta a Milano, 25 agosto 1993.
La sua storia professionale ricorda che inizia a recitare all’inizio del 1910 come giovane attrice drammatica, dotata di una buona voce, viene scritturata anche in varie compagnie di operette. Dopo la prima guerra mondiale è in compagnia con Armando Falconi e successivamente con Aristide Baghetti, in quel periodo incontra un suo collega di lavoro Armando Migliari che poco dopo sposerà, andando poi a formare con lui una compagnia teatrale, nel 1930 è nella Compagnia del Teatro degli Arcimboldi di Milano diretta da Nera Grossi Carlini, lavora accanto ad Anna Magnani, Rina Franchetti e Cesarina Gheraldi. All’inizio degli anni trenta viene scritturata dall’EIAR (quella che oggi è la Rai), per esibirsi come cantante in alcuni spettacoli, accompagnata dal maestro Tito Petralia; una delle sue canzoni di maggior successo “Cosa hai fatto del mio cuor?, fu incisa anche su disco, sempre nello stesso periodo partecipa a diverse commedie radiofoniche e radiodrammi. Dora Menichelli ha fatto tanto teatro, ma anche cinema: tra i film interpretati, “Apparizione” del 1944, insieme ad Amedeo Nazzari.
Quanto sarebbe bello che la città che le diede i natali la ricordasse?
Non si vuole la prosa, anche perché il teatro è pure, a volte soprattutto, musica?
Bene, anche in questo caso un nome illustre del passato Vibo Valentia lo può vantare.
Quanti conoscono Amedeo Vella?
Amedeo Vella è un vibonese d’adozione, perché nato in Sicilia, a Naro, ma visse per oltre 40 anni a Vibo Valentia, qui lavorando quale direttore dell’orfanotrofio provinciale, dove era giunto quale insegnante di strumenti a fiato. E a Vibo Valentia morì nel 1923.
La sua biografia racconta che, compositore precocissimo, intraprende la carriera militare e diventa capomusica della banda militare del 54° reggimento di fanteria. In questi anni, conosce Giuseppe Verdi e collabora in qualche modo all’opera Ballo in Maschera. A causa di alcuni problemi di vista, si narra infatti che Verdi avrebbe chiesto al giovane Amedeo di trascrivere alcuni passi dell’opera.
Le sue note sono state rese famose da due grandi film: Pane, amore e… di Vittorio De Sica e Amarcord di Federico Fellini, addirittura hanno risuonato al funerale di Vittorio Emanuele II, re d’Italia, il 9 gennaio 1878. La sua composizione più nota, a livello internazionale, è “Una lagrima sulla tomba di mia madre”, una marcia funebre struggente e dolorosa che viene suonata in tutte le processioni dei Misteri, e che a Vibo da sempre accompagna le Vare e l’Addolorata nel venerdì di Pasqua.
Vogliamo scegliere un musicista più recente? Matteo Puzzello, compositore e direttore d’orchestra, anch’egli vibonese d’adozione essendo nato a Monterosso che a Vibo Valentia visse, formò famiglia ed operò insegnando musica a tanti giovani e soprattutto ebbe modo di dirigere più volte in concerti tenutisi proprio all’interno del vecchio ottocentesco Teatro Comunale.
Non si vuole scegliere un musicista? Potrebbe andar bene, allora, uno scrittore, un autore di testi teatrali?
Beh, qui si gioca facile: Vincenzo Ammirà, straordinario poeta vibonese, il più illustre tra i poeti che la Calabria nnoavera, fu anche autore di opere teatrali, alcune delle quali rappresentate (anche al Rendano di Cosenza se la memoria non mi inganna) fino ad una quarantina d’anni fa.
Il tutto avendo volutamente tralasciato il ben noto musicologo vibonese Fausto Acampora di Torrefranca, ma solo perché a lui è opportunamente già intitolato il Conservatorio di Musica della città.
Questa è Vibo Valentia. Questa è parte, una parte, della storia illustre di una città ultra millenaria, che può vantare illustri personaggi da additare con orgoglio alle genti. Purché si sappia. Purché chi qui vive – e propone, suggerisce, pontifica – ne conosca la storia, abbia la doverosa umiltà di informarsi, di conoscere, di sapere quanta bellezza (nel suo significato più completo) possiede nel suo DNA questa gloriosa città, oggi bistrattata, maltrattata, sottovalutata da chi, non conoscendola, no la ama, non può amarla.
Noi ci ribelliamo a questo ignorare e, da vibonesi che tali si sentono nel profondo, che la amano pretendiamo rispetto per la sua storia… per i suoi figli illustri (e quanti altri si possono e debbono ricordare, ma non è questo il momento né l’argomento)!