A proposito dell’ordine del giorno del Consiglio Comunale convocato per martedì 29 ottobre
di Maurizio Bonanno
Attenzione.
Attenzione, perché qui si tratta di una faccenda seria, maledettamente seria.
Non è la boutade del superconsulente superpagato perché superselezionato da un superbando. Non sono le solite questioncine da commissione consiliare, diatribe da fantapolitica locale, no. No.
Ripeto: questa è una faccenda maledettamente seria e non la si può scaricare con un “chissenefrega”: pensiamo alle buche, all’acqua, ai cantieri e le piazze chiuse. No.
Il consiglio comunale di Vibo Valentia si appresta ad approvare, nella prossima seduta del 29 ottobre, un ordine del giorno per il riconoscimento dello Stato di Palestina
Lo annuncia l’amministrazione Romeo, enfatizzando l’iniziativa definita “di alto valore politico”, in quanto ritenuto “il primo fondamentale passo per giungere alla pace in Medioriente”.
Che dire? Casa c’è di più giusto e di più ovvio che chiedere la pace? Cosa c’è di più nobile dell’affermare che due popoli debbono – e possono – convivere nella pace? Sancire che israeliani e palestinesi detengono due diritti parimenti legittimi?
Insomma, c’è da andare orgogliosi che una città della periferia italica si faccia promotrice di una simile iniziativa di spessore internazionale. E invece, no.
Perché dietro questo slancio finto-pacifista si cela un disegno politico, un atteggiamento politico, una strategia politica subdola, che non convince, che non condividiamo.

Si legge infatti che nell’Ordine del giorno per il riconoscimento dello Stato di Palestina – presentato dai consiglieri comunali Mellea Marcella, Colelli Francesco, Cutrullà Angela, Barbuto Sergio, Trapani Maria, Lo Bianco Umberto, Pugliese Laura, Ravenna Antonino, Pisani Silvio, Mercadante Pasquale, De Vita Leoluca, Potenza Filippo, Coloca Anna, Comito Jessica e Iannello Antonio (tutti consiglieri comunali del “campo largo di sinistra” che ha eletto sindaco Enzo Romeo e oggi compongono la sua maggioranza) – si chiede al governo italiano:
- di “riconoscere a tutti gli effetti lo Stato di Palestina come entità sovrana, nei confini precedenti all’occupazione del 1967 e con Gerusalemme capitale condivisa”;
- di “agire in sede ONU per un immediato riconoscimento dello Stato di Palestina come membro a pieno titolo delle Nazioni Unite, per permettere alla Palestina e a Israele di negoziare direttamente in condizioni di pari autorevolezza, legittimità e piena sovranità”;
- di “impiegare tutti gli strumenti politici, diplomatici e di diritto internazionale per fermare la colonizzazione e l’annessione dei territori occupati palestinesi”.
NO, Sindaco Romeo, non in mio nome: non in mia rappresentanza consentirò una simile iniziativa marchiata – macchiata – di una precisa colorazione politica.
NO, Sindaco Romeo: non in mio nome! NO.
Così come costruito, questo ordine del giorno, appiattito sulle posizioni preconcette di Anpi, possiede una visuale di parte, è già schierato: preconcetto.
Manca il presupposto essenziale: ricordare come e perché si sta consumando quel dramma in Medio Oriente. Chi lo ha innescato. Come è partito, cosa lo ha provocato.
Questo ordine del giorno, così come predisposto, trascura, dimentica che i fatti di oggi sono la conseguenza di un giorno di dolore immane, di inquietudini atroci, di paure sconosciute alle giovani generazioni. Uno shock per tutti, noi compresi. Cancella la memoria di quel giorno di un anno fa, di quel 7 ottobre, che proprio per quanto sofferto avrebbe dovuto garantire a Israele ed agli ebrei solidarietà e comprensione anche fra chi storicamente li guarda con sospetto, mentre, al contrario, ha riportato in campo diffusi sentimenti antisemiti, come un incubo che sembra tornare dagli angoli più vergognosi e spaventosi della storia umana, in uno scenario che può intrecciarsi con la crescita e la propaganda delle forze antieuropee e filorusse, un gioco pericoloso innescatosi proprio in quel 7 ottobre dello scorso anno con la strage compiuta dai terroristi di Hamas in Israele.
Siamo anche noi convinti che la strada da percorrere sia quella che porterà alla auspicata soluzione di “due popoli, due stati”, ma non è consentito confondere i fatti, sovvertire l’ordine delle cose dando fiato a parole d’ordine e ad immagini del più puro odio antisemita.
Si può immaginare l’imbarazzo di un uomo come Enzo Romeo, il cui retroterra culturale affonda nei principi dei cattolici in politica di tradizione democristiana ed oggi deve convivere con sinistre che rispolverano un passato antisemita di stampo stalinista ed un presente finto pacifista filoputiniano, però…

Non in mio nome, Sindaco Romeo, potrai trasferire questo compromesso ideologico, per te politicamente necessario, nella città in cui sono nato e vivo. NO.
Israele non deve restare sola. Si possono avere le idee più diverse ed esprimere i più diversi giudizi sulla sua politica interna – e, del resto, essendo una democrazia i dissensi certo non mancano anche al suo interno – ma in questo momento, non possiamo non considerare che è in gioco anche il nostro mondo e le conquiste di civiltà e di diritto che hanno reso questo presente. malgrado tutto, migliore rispetto ad un passato colmo di guerre, un passato coltivato nell’odio e nel razzismo, contro i quali oggi abbiamo il dovere di ribellarci tenendo presente le radici comuni di una cultura che ci unisce, ci accomuna.
Gli israeliani sono parte del nostro mondo, che si contrappone a chi non ha digerito la cultura democratica dell’occidente. Abbandonarli, anche solo attenuare la nostra solidarietà, non significa solo tradire loro, ma tradire noi stessi. In quel lembo di terra a noi vicino, in Medio Oriente, Israele è l’unica democrazia che galleggia avendo finora vissuto, e oggi vivendo, sotto la continua ed inarrestata minaccia di essere spazzata via, perché il suo nemico non è il popolo palestinese, ma chi utilizza un dramma, vissuto dal popolo palestinese, per mettere a repentaglio la sicurezza e la sopravvivenza stessa di uno Stato, Israele, che vive legittimamente in quel territorio. Sostenere Israele è necessario perché in quel pezzo di terra si oppone, anche per conto nostro, al cinismo di teocrazie ed ai dispotismi arabi che sentono il problema palestinese solo come scusa per alimentare la guerra ad Israele; perché nel difendere la causa dello Stato israeliano, difendiamo anche la causa degli uomini liberi e fra questi anche di quei palestinesi che non si sono addormentati nell’incubo del settarismo e del razzismo, non sono rimasti intrappolati in una cultura che diffonde testi che vengono recitati da giovani accecati dall’ignoranza del fanatismo, alimentato da un linguaggio proprio dell’antisemitismo nazista, mentre noi vogliamo che anche loro possano essere sottratti alla vergogna di quel linguaggio e di quelle idee.
Ma perché non si ha l’umiltà, per una volta almeno, di prendere in mano un qualunque libro di storia?
Ci si ricorda, così, che i palestinesi si affacciarono prepotentemente, e per la prima volta, sulla scena politica europea grazie ad Amin al-Hussayni, gran mufti di Gerusalemme. Era il 1938 quando si gettarono le basi ideologiche e militari per un’alleanza islamico-nazista che fu sancita in una dichiarazione di al-Hussayni nella quale disse senza mezzi termini che con il Führer “abbiamo un nemico comune: gli inglesi, gli ebrei e i bolscevichi”. E così, in nome dell’alleanza con Hitler e dell’antisemitismo, reclutò a quel tempo oltre 300.000 musulmani nelle fila dell’esercito nazista tra i quali oltre 30.000 palestinesi che vennero tutti addestrati e indottrinati in caserme appositamente costruite non lontano da Amburgo. Ed ancora, Hamas è stata fondata nel 1987 dallo sceicco Ahmad Yassin, carismatico leader paraplegico dei Fratelli musulmani palestinesi, in opposizione all’Olp, per offrire un’alternativa islamica alla lotta contro Israele. Le sue idee si ricollegano all’ideologia di al-Hussayni: non fa alcuna differenza tra antisionismo e antisemitismo, sostiene che gli ebrei, nel VII secolo al tempo di Maometto, rifiutarono di convertirsi all’islam e pertanto sono nemici da sterminare. Hamas è nata per attuare lo sterminio del popolo ebraico: la carta costitutiva di Hamās, scritta nel 1988 dichiara che il suo obiettivo è di “sollevare la bandiera di Allah sopra ogni pollice della Palestina”, cioè di eliminare lo Stato di Israele e sostituirlo con una Repubblica islamica.
Ecco perché No. Non in mio nome.

Perché il contenuto di questo ordine del giorno, così come concepito dagli esponenti del “campo largo di sinistra” che è maggioranza in Consiglio comunale, trasuda di preconcetti che diventano elementi provocatori, atti ad impedire un reale dialogo tra le diplomazie, oltretutto non avendo chiarito chi e cosa è individuato a rappresentare il popolo palestinese (i filonazisti di Hamas? i terroristi di Hezbollah? Da quanto tempo e per colpa di chi non si svolgono regolari consultazioni per eleggere democraticamente i rappresentati del popolo palestinese?). Noi siamo per la democratica Israele. Noi siamo per una Palestina democratica.
E poi, la secolare storia della città di Vibo Valentia, dove da sempre vive un popolo ospitale e tollerante, che sempre ha combattuto per la libertà; lo storico secolare legame con il popolo ebraico che in questa città ha vissuto, lavorato, portato economia fiorente. Chi non ricorda il fascino di Vico Sole (tempo fa qualcuno costituì un’associazione con questo nome), considerato porta d’ingresso ad uno dei quartieri ebraici della città? Ed ancora, la straordinaria comunità ebraica di Piscopio finora non sufficientemente rivalutata sul piano storico per come meriterebbe.
No, Sindaco Romeo, quell’ordine del giorno non mi rappresenta, perché noi rinneghiamo ogni estremismo, di destra e di sinistra; perché ci definiamo antifascisti e anticomunisti, contro ogni tipo di dittatura, lontani dal nazismo e dallo stalinismo così come dal putinismo, ci ribelliamo alle tirannie; infinitamente distanti dagli estremismi che finiscono per unire estrema destra ed estrema sinistra nel comune denominatore dell’antisemitismo. Siamo per il popolo palestinese, affinché sia liberato dal giogo degli estremismi e della cultura dell’odio inculcata loro sin dalla più tenera età.
Perché ci professiamo liberi e liberi vogliamo essere e restare, in nome della libertà, sentendoci eredi di Michele Morelli, di Saverio Papandrea, di Vinicio Cortese e per questo, volendo essere degni di questa eredità, schierati sempre in difesa, fino all’estremo sacrificio, dell’uomo e di quei Diritti Universali che, dalla Rivoluzione Francese in poi, sono valori, beni assoluti e non negoziabili; in nome della democrazia, contro ogni oligarchia, contro ogni teocrazia.
No, Sindaco Romeo, il 29 ottobre non in mio nome.
NO.