Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 17 novembre
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i,
questa pagina del vangelo di Marco della 33.ma domenica del tempo ordinario fa parte del discorso escatologico, cioè delle ultime realtà, che gli evangelisti Matteo, Marco e Luca raccolgono dagli insegnamenti di Gesù, il quale non tanto presenta la fine del mondo, quanto piuttosto il senso, l’approdo ultimo di tutta la realtà della vicenda umana.
Andiamo al testo. “Gesù disse ai suoi discepoli: In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo, né il Figlio, eccetto il Padre”.
Marco, a Roma, scrive il suo vangelo ascoltando Pietro e, quale conforto per la comunità sconvolta dalla persecuzione di Nerone (64 – 68 d.C.), annunzia una speranza.
In questo brano del vangelo di Marco,difatti, leggiamo tra le righe, fra tanti messaggi, due in particolare: un mondo che muore e un mondo che nasce.
Un mondo che muore: “Dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte”. Per il mondo antico siro-babilonese, egizio, romano le realtà celesti sono divinità, create dai potenti della terra per giustificare le loro malefatte, quali guerre, schiavitù, mercificazione delle vite umane, dominio assoluto su tutto e tutti. Questo mondo, posto nel peccato (San Paolo), cadrà con la forza dell’annunzio del Vangelo. E cadranno ancora tutte le strutture di morte, tutti i linguaggi, tutti i comportamenti di dominio dell’uomo su un altro uomo.
Un mondo nasce: “Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina”.
Il fico è la pianta più presente nel Nuovo Testamento, più del grano, più della vite.
Difatti il fico veniva sempre piantato davanti alle case delle famiglie ebraiche, perché con le sue larghe foglie, in estate, dava ristoro alle persone stanche ed affaticate, e, con i suoi dolci frutti, richiamava la dolcezza della Torah, la parola di Dio. Ricordate! Uno dei Dodici, Natanaele, viene chiamato da Gesù mentre era sotto il fico, sotto la legge.
Gesù ,oggi, come maestro, ci dà un fico: “dal fico imparate”. Un invito a leggere, attraverso la sapienza degli alberi, i segni del cambiamento. Dopo i rigori dell’inverno, al tepore della primavera, i rami del fico si fanno più teneri e mettono le prime foglioline, annunziando così che l’estate è vicina.
Oggi, nell’oscurità di questo mondo, violentato da circa 50 guerre, percorso da dolorose carovane umane alla ricerca di una terra dove piantare la propria tenda, intossicato da mille veleni, Gesù ci invita alla speranza, a vedere germogli di vita, perché “il mondo tutto è una realtà germinante” (Romano Guardini).
Ogni germoglio è la vita che vince sulla morte. E sono tanti, oggi, i germogli che illuminano l’oscurità delle nostre notti esistenziali. Germogli di: ragazze e ragazzi che su tutte le piazze del mondo predicano, con voce alta, che il tempo è scaduto, la terra è malata e chiede aiuto. Aiutiamola subito! I potenti della terra (G20) invece rispondono che bisogna continuare a consumare energia e rinviare tutto al lontano 2050-2060; germogli di volontari che puliscono il mondo dalle brutture, leniscono le ferite convertendole in feritoie di luce, accompagnano la solitudine di vecchi e malati, accolgono carovane umane che migrano attraverso mari e deserti, in cerca di una vita più dignitosa; germogli di profeti, poeti, innamorati della bellezza, che salva il mondo: che essi siano sempre e in ogni luogo ben accolti e benedetti da Dio!
Buona. Domenica con il conforto della parola di Marco: “Sappiate che Dio è vicino, alle porte”. Il Dio vicino. Vicino da “vicus” che tradotto suona: vico, borgo, villaggio. Dio è nelle nostre viuzze, nei nostri vichi, cammina con noi, siede con noi nelle nostre case. Sappiamolo riconoscere!
Don Giuseppe Fiorillo.